Una delle più grandi “bufale” della Prima Repubblica riguardò il tentativo di colpo di Stato predisposto, nel 1964, dal generale dell’Arma dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo, allora capo del Sifar, i servizi segreti di quei tempi. Il Piano Solo (così era chiamato il piano segreto, preparato – si disse – su richiesta del presidente della Repubblica Antonio Segni, molto preoccupato per la situazione del Paese in seguito alla crisi del primo Governo di centro sinistra, quello vero, presieduto da Aldo Moro) prevedeva l’occupazione manu militari di tutti i centri istituzionali, dei partiti, dei sindacati e dei mezzi d’informazione, da parte dei carabinieri, nonché la presa in custodia e la deportazione in Sardegna di 731 persone indicate in una lista di “sovversivi”. Questo elenco non fu mai pubblicato ufficialmente (neanche quando si seppe della vicenda). In tanti dichiararono, però, di esservi compresi, vantando l’inclusione come un titolo di merito ed un riconoscimento della propria fede democratica. Il colpo di Stato venne sventato mediante la costituzione di un nuovo esecutivo, nel cui programma furono espunte alcune misure di carattere radicale (soprattutto in materia urbanistica) che i socialisti avevano preteso entrando a far parte, per la prima volta in modo organico, della precedente compagine. Pietro Nenni, il grande leader socialista, reagì alle critiche provenienti dalla sinistra evocando un “tintinnio di sciabole” a giustificazione delle rinunce attribuite al suo partito. Pare anche che l’ictus che colpì il presidente Segni, rendendolo inabile, sia stato provocato da un violento litigio tra lui, Aldo Moro e Giuseppe Saragat, proprio sul caso De Lorenzo. La storia venne a galla nel 1967, grazie allo scoop del settimanale L’Espresso, allora diretto da Eugenio Scalfari. La cosa suscitò un gran putiferio tanto da dar luogo – more solito – alla costituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare la quale, alla fine dei suoi lavori, ritenne illegittimo il Piano (perché approntato all’insaputa dei responsabili governativi e delle altre forze dell’ordine e affidato unicamente ai carabinieri) ma lo considerò irrealizzabile e fantasticante, bollandolo come “una deviazione deprecabile”, non come un tentativo di colpo di Stato. Giovanni Del Lorenzo ebbe persino l’opportunità di essere eletto alla Camera in formazioni della destra filo monarchica, prima, neofascista, poi.
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Quale è il motivo che mi ha indotto a ricordare quella vecchia storia, ormai sepolta nella memoria collettiva del Paese? E’ presto detto: mi sentirei più tranquillo se il presidente della Repubblica avesse incaricato l’attuale Comandante dell’Arma dei Carabinieri di preparare un Piano Solo 2.0 da rendere operativo nel caso di vittoria elettorale del M5S.
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La più grande democrazia del mondo – gli Usa – elegge il suo 45° Presidente. Se anche vincesse (come mi auguro) Hillary Clinton sembra assodato che la Camera dei rappresentanti sarà a maggioranza repubblicana, mentre, per avere il controllo del Senato (loro il bicameralismo lo hanno sul serio, anche se il presidente non ha bisogno del voto di fiducia perché è eletto direttamente dal popolo), i democratici dovrebbero recuperare quattro seggi. Ma una maggioranza risicata sarebbe a rischio di filibustering (e quindi di paralisi) da parte dell’opposizione (neutralizzabile soltanto con il voto di 60 senatori su 100). Eppure nessuno, colà, pensa di riformare la Costituzione.
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Nella Commissione, parzialmente bipartisan (nel senso che vi è coinvolto solo un settore della sinistra dem) istituita nell’ambito della direzione del Pd, si è raggiunto un accordo per apportare significative modifiche alla legge elettorale. Agli esultanti sostenitori del Sì nel referendum va rivolta una considerazione liberatoria e maligna: allora il “combinato disposto” non era, poi, un falso problema.
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In un tempo non troppo lontano, il 7 novembre, si celebrava l’anniversario della Rivoluzione d’ottobre del 1917 (il calendario russo non era stato ancora riformato ed era indietro di un paio di settimane rispetto a quello vigente nel resto del mondo). Oggi di quell’evento (“i giorni che sconvolsero il mondo”) non si ricorda nessuno.
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Da fucina del pensiero renziano, la Leopolda si è trasformata in una fortezza assediata. Prima, chi partecipava a quegli incontri sentiva di esser parte del “nuovo che avanza”. Oggi deve essere scortato dalla Polizia in tenuta antisommossa.