Dalle 5 di domattina sarà aperto un lasciapassare per combattenti ribelli e loro famiglie che vorranno lasciare Aleppo, lo ha comunicato l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite. Tutti i principali gruppi armati hanno accettato, ed è previsto che oltre 40 mila persone lascino la città, creando la più grossa evacuazione di massa dall’inizio del conflitto siriano. Sarà lasciata scelta se andare verso Idlib, città controllata dai gruppi armati dell’opposizione o verso le aree nord di Aleppo, anche quelle sotto il controllo dell’opposizione a cui si aggiunge la presenza dei gruppi alleati alla Turchia nell’ambito dell’operazione Scudo dell’Eufrate: molti, secondo il ricercatore Charles Lister, potrebbero dirigersi verso queste aree. Anche nelle settimane passate si era arrivati ad accordi del genere, ma sia i ribelli che i lealisti non li avevano rispettati.
Un funzionario americano ha detto alla BBC che all’interno dell’area in cui si sta combattendo in queste ore si troverebbero ancora 50 mila persone. Il centro stampa della grande base aerea russa di Hmeimim dice che già 8000 mila persone sono fuggite da Aleppo martedì. I media center intanto fanno uscire comunicati su come lasciare l’area in modo sicuro: c’è gente ammassata in pochi edifici, ha scritto il New York Times, che non può più difendersi dai bombardamenti russi e siriani.
La Russia, che coordina le attività dei governativi, nei giorni scorsi ha applicato ad Aleppo gli step finali del “metodo Grozny”, riprendendo il nome della capitale cecena ridotta un cumulo di corpi e macerie ai tempi della guerra contro i separatisti. Da mesi Aleppo Est è senza elettricità e senza carburante, gli ospedali sono stati bombardati settimane fa, il cibo scarseggia. Damasco e Mosca ha fatto terra bruciata: e stanno per raccogliere i drammatici risultati. La popolazione sfinita lascerà il fronte e consegnerà la vittoria al regime – una vittoria molto importante.
Martedi l’ufficio per le emergenze umanitarie dell’Onu ha ufficializzato una voce circolata nella serata di lunedì: le forze governative siriane sono entrate nell’ultimo fazzoletto di territorio che non controllavano ad Aleppo Est e hanno fucilato per vendetta almeno 82 persone, civili compresi (11 donne e 13 bambini). Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha dichiarato di essere preoccupato “per le notizie di atrocità nei confronti di un gran numero di civili”. L’Unicef ha detto che almeno 100 bambini senza genitori si trovano all’interno di un edificio al centro dei combattimenti. Di atrocità si sono macchiate queste ultime ore che hanno chiuso un’assedio lungo anni. Il regime di Bashar el Assad sta drammaticamente tuonando il proprio rancore contro la popolazione che vive ancora nella parte orientale della seconda più grande città della Siria. E le accuse di crimini di guerra arrivano direttamente dalle Nazioni Unite, l’organizzazione sopra le parti di cui la Russia, alleata di Assad e guida diplomatica e militare sulle operazioni di riconquista, è membro permanente al CdS.
Russia e Siria però spingono la propria ricostruzione revisionista della situazione: contrariamente ai media indipendenti, alle testimonianze dei presenti che lanciano accorati appelli, preghiere, addii, sui social network, e contrariamente alle valutazioni delle ong o dell’Onu appunto, i megafoni della propaganda di Damasco negano, dicono che l’esercito arabo siriano non sarebbe mai capace di gesti del genere, ma forse si dimenticano le torture carcerarie e soprattutto le disgustose abitudini di combattimento delle shabiha e dei miliziani sciiti che sono il forte delle truppe assadiste. I russi rilanciano con accuse ai ribelli: sarebbero stati loro ad eseguire le fucilazioni, è tutta una montatura dicono da Mosca. Ci si è abituati a questo genere di due chiarazioni: due giorni fa il portavoce capo del Ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, raccontava che la caduta di Palmira (persa dai governativi per un’offensiva dell’IS) era conseguenza della sospensione dei raid americani su Raqqa: circostanza che non trova nessuna verifica, anzi, la Coalizione a guida statunitense sta martellando dall’alto tutta l’area per coprire l’avanzata dei miliziani curdo-arabi che si stanno dirigendo proprio verso la roccaforte siriana del Califfato. D’altronde, è dai media del regime e da quelli del Cremlino che escono le foto e i video di una popolazione festante “per essere stata liberata dai terroristi”, ma sono immagini che non riguardano la parte orientale dove si combatte: da lì le foto sono difficilmente pubblicabili per la loro disumanità.