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Alitalia verso Lufthansa? Parla Andrea Giuricin

alitalia

Il nodo costi. Ma anche i ricavi che languono. Troppo concentrata sul corto-medio raggio. E la cura Etihad non si è fatta sentire. E ora? “Per Alitalia la soluzione stand-alone è impossibile e sarà necessario entrare dentro un grande gruppo europeo. E probabilmente questo grande gruppo è Lufthansa”. Chi parla è Andrea Giuricin, esperto di economia e trasporti, docente all’Università Bicocca di Milano, mentre Alitalia decide lo stop ai voli Roma-Malpensa e agli scatti dei salari.

Si discute in questi giorni del nuovo piano industriale di Alitalia che dovrebbe prevedere tagli al personale e un rilancio dell’attività. Quale futuro per la compagnia?

Il nuovo piano industriale dovrà passare tramite un forte ridimensionamento dell’azienda. Probabilmente Alitalia alla fine di questo processo avrà 2000 lavoratori in meno e metterà a terra una ventina di aerei. Questi tagli derivano dal fatto che la compagnia perde oltre un milione di euro al giorno, circa 400 milioni di euro nel 2016.

Facciamo due conti sulle perdite di Alitalia?

Nel complesso le perdite dal rilancio ad oggi sono state di 2,6 miliardi di euro, tenendo in considerazione che nel 2015 la compagnia ha avuto anche un beneficio straordinario che ha alleviato le perdite di circa 200 milioni di euro.

Perdite Alitalia

Partendo da questi dati si capisce come la situazione sia disperata e il fallimento un’opzione molto possibile.

Perché è pessimista? Non sono sufficienti le riduzioni dei costi?

La compagnia ha bisogno di ridurre i costi, ma il rischio è che ormai sia troppo piccola con i suoi 22 milioni di passeggeri per competere a livello europeo e globale. Solo per fare un raffronto, Ryanair, primo vettore in Italia trasporta oltre 110 milioni di passeggeri l’anno. Il futuro dunque è estremamente incerto e le vie d’uscita a questa ennesima crisi sono molto ristrette.

Sono necessari i tagli del personale? Quali altre strategie sono possibili?

I tagli vanno nella riduzione dei costi. Alitalia ha dei costi operativi che sono circa doppi a quelli di Ryanair e superiori a quelli di Easyjet e Vueling.

Si possono fare confronti?

C’è da ricordare che Ryanair opera con un costo operativo per posto chilometro di circa 3,5 centesimi (vale a dire che un posto che vola mille chilometri costa 35 euro alla compagnia irlandese) e che circa il 25 per cento dei ricavi del vettore low cost arrivano dai cosiddetti ancillary.

Quindi Alitalia ha anche un problema sul fronte dei ricavi?

Certo, il problema per Alitalia è forse soprattutto nella parte dei ricavi. Essendosi concentrata nel 2009 sul corto e medio raggio, il vettore fece un errore strategico. Proprio in questo segmento le compagnie low cost hanno messo una pressione concorrenziale fortissima, che ha portato Alitalia nella situazione attuale. Lo yield di Alitalia è troppo basso cosi come il load factor. Aerei abbastanza vuoti rispetto ai diretti concorrenti con un prezzo medio del biglietto non sufficientemente elevato.

Oltre ad avere puntato sul corto-medio raggio, quali errori del passato hanno portato Alitalia nella situazione attuale? E perché nel 2017 non si raggiungerà l’utile come immaginato nel precedente piano industriale?

Non avere puntato sul lungo raggio fin dal principio è stato l’errore strategico di base dovuto all’incapacità dei soci in termini di risorse. Il settore aereo è estremamente capital intensive, comprare un aereo a lungo raggio costa anche 300 milioni di euro, e gli azionisti italiani hanno investito meno di un miliardo di euro alla ripartenza della compagnia. L’altro grave errore è stato il rapporto con Aeroporti di Roma. Il fatto di avere investito poco nella flotta a lungo raggio, ha portato il gestore dello scalo romano alla necessità di trovare nuovi “partner” per sviluppare l’aeroporto. Non è un caso che proprio dalla stagione estiva del 2015, Roma Fiumicino abbia avuto la più grande aggiunta di voli low cost in Europa – circa 200 voli settimanali in più – seconda solo alla somma di tutti gli aeroporti londinesi. L’incapacità di fare comprendere allo scalo romano l’importanza di Alitalia per l’aeroporto stesso è stato alla base del licenziamento dell’ex amministratore delegato Cassano ed è stato un altro errore gravissimo da parte della compagnia.

Etihad indubbiamente ha portato risorse fresche alla compagnia, ma perché non è stata la soluzione definitiva?

Etihad è stata l’unica soluzione possibile per evitare il fallimento nel 2014. Tuttavia si può dire che sia arrivata troppo tardi. Un partner come il vettore di Abu Dhabi era necessario già nel 2008-9, ma in quel periodo c’era l’italianità che si anteponeva a una qualunque soluzione di mercato. Purtroppo l’italianità dell’azienda è servita ben poco, come era prevedibile, e anzi è stata dannosa perché non ha permesso di avere le risorse necessarie per sviluppare Alitalia. Non si può continuare a commettere degli errori di visione strategica da parte dei governi italiani, pensando di essere in mercati autarchici.

Lei scriveva in un focus dell’Istituto Bruno Leoni “Se Etihad starnutisce, Alitalia è in coma”. I problemi di Etihad, nei giorni scorsi c’è stato un rumors tedesco sull’uscita dell’amministratore delegato, Cramer Ball (nella foto), come potrebbero impattare su Alitalia?

Etihad è in difficoltà a causa delle perdite accumulate nelle avventure europee. Non solo Alitalia con i soldi persi dal 2014 ad oggi, ma anche quelli bruciati in Air Berlin. Per la compagnia tedesca, dove il vettore di Abu Dhabi ha il 29 per cento delle azioni è stata trovata una via d’uscita con un avvicinamento a Lufthansa. Non è detto che una soluzione simile venga trovata anche per Alitalia. I 200 milioni di euro messi dalle banche servono ad arrivare a fine dell’inverno per Alitalia, ma l’azienda è davvero in coma e i soci devono trovare una soluzione velocemente.

È ancora possibile immaginare una soluzione stand-alone per il vettore, visto anche il prestito ponte appena deliberato dalle banche?
La soluzione stand-alone è praticamente impossibile. È troppo tardi e la compagnia troppo piccola per competere sul mercato aereo, tanto più che il feederaggio è ormai distrutto dai vettori low cost su Fiumicino. Anche incrementando i voli a lungo raggio, Alitalia perderà soldi anche su queste tratte perché non riuscirà a riempirli senza il feederaggio. Inoltre bisogna ricordare che per “costruire” una rotta a lungo raggio ci vogliono due anni di perdite prima che diventi profittevole. Quindi la soluzione stand-alone è impossibile e sarà necessario entrare dentro un grande gruppo europeo. E probabilmente questo grande gruppo è Lufthansa.


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