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Barack Obama ha perso la guerra contro il Congresso sull’Iran Sanctions Extension Act?

Con 99 voti favorevoli e nessuno contrario, giovedì scorso il Senato degli Stati Uniti ha votato all’unanimità il rinnovo dell’Iran Sanction Extension Act, una legge quadro che regola le sanzioni imposte dagli Stati Uniti nei confronti dell’Iran dal 1996. Il giorno successivo, il presidente eletto Donald Trump ha annunciato la nomina del generale in pensione James Mattis, ex capo delle operazioni in Medio-Oriente, come nuovo segretario della Difesa. Soprannominato “mad dog”, Mattis è considerato un militare dal pugno duro noto, tra le altre cose, per l’intransigenza adottata nei confronti dell’Iran (qui il pezzo di Formiche.net).

IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO

Dopo essere stato approvato dalla Camera dei rappresentanti, lo scorso 15 novembre, con 419 voti favorevoli e solo uno contrario, anche il Senato si è espresso in favore dell’Iran Sanctions Extension Act. Per portare a termine il procedimento legislativo è previsto che l’atto sia firmato dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama.

L’Isa, l’Iran Sanctions Extension Act, è una legge quadro in materia di sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro l’Iran. Approvata in origine nel 1996, e rinnovato più volte nel corso degli anni, l’Isa colpisce per lo più il settore energetico iraniano, principale pilastro dell’economia della Repubblica islamica. La scadenza dell’atto è prevista per il 31 dicembre di quest’anno, a meno che il presidente Obama apponga la sua firma.

Il Congresso, a maggioranza repubblicana, si aspetta che il procedimento legislativo sia portato a termine senza intoppi e che il presidente Obama firmi. Nelle scorse settimane, infatti, l’organo legislativo degli Stati Uniti aveva esercitato non poche pressioni nei confronti dell’amministrazione democratica affinché questa non facesse naufragare l’iter. “Chiediamo con rispetto che la vostra amministrazione non agisca più per favorire gli investimenti internazionali in Iran […] ll presidente eletto Trump merita l’opportunità di decidere la politica degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran senza che la vostra amministrazione imponga o implementi delle misure che glielo impediscano”, si legge nella lettera inviata da Paul Ryan, del leader della maggioranza alla Camera Kevin McCarthy e dal presidente della commissione Affari esteri (della Camera) Ed Royce.

LE RAGIONI DI OBAMA

Scomoda la posizione in cui si è ritrovato Barack Obama a poche settimane di distanza dalla fine del suo mandato. Promotore principale del Joint Comprehensive Plan of Action – l’accordo sul nucleare iraniano – è difficile immaginare cosa potrebbe fare il presidente uscente per contrastare un Congresso a maggioranza repubblicana, che di fare accordi con il nemico giurato, l’Iran, non vuole saperne, ed evitare di vanificare quello che può essere definito uno de maggiori successi della sua amministrazione.

“La legislazione non si riferisce direttamente all’accordo sul nucleare, ma qualcuno ha affermato che le restrizioni contenuto nel testo sono contrarie allo spirito del patto in nome del quale Teheran ha posto un freno al suo programma nucleare, in cambio dell’alleggerimento delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti o da altri Stati”, riporta il quotidiano libanese The Daily Star.

L’amministrazione Obama ci ha tenuto a precisare che il disegno di legge, che garantirebbe all’Isa di restare in vigore per altri dieci anni, “è ancora in fase di revisione”. Dalla Casa Bianca, inoltre, fanno sapere che l’approvazione definitiva dell’atto non costituirebbe una negazione dell’accordo internazionale, riporta The Times of Israel. Al contempo, però, l’amministrazione democratica ha aggiunto che il rinnovo dell’atto non è necessario, dati i poteri detenuti dal presidente degli Stati Uniti per sanzionare l’Iran.

I giuristi guardano all’Isa come a uno strumento deterrente, necessario per garantire l’accountability dell’Iran ed evitare che la Repubblica islamica violi l’accordo sul nucleare o, più genericamente, adotti una politica aggressiva nella regione.

LA VOLONTÀ DEL CONGRESSO

Il senatore Mitch McConnell ha sottolineato l’importanza di preservare l’atto al fine di “mitigare i continui sforzi fatti dall’Iran per espandere la sua sfera di influenza nel Medio Oriente”, si legge sull’israeliano The Times of Israel.

Anche i democratici Dianne Feinstein e Tim Kaine, sebbene in passato si siano schierati a sostegno dell’accordo con l’Iran, hanno sostenuto la necessità di mantenere in vita l’Isa, in quanto strumento immediato a cui ricorrere in caso di violazione dell’accordo da parte della Repubblica degli Ayatollah.

LA RISPOSTA DELL’IRAN

Il ministro degli Affari esteri iraniano Javad Zarif ha affermato che la votazione del Senato degli Stati Uniti costituisce una violazione dello storico accordo sul nucleare raggiunto la scorsa estate. “La decisione del Congresso degli Stati Uniti di estendere la durata delle sanzioni è una violazione dell’accordo. lo riferiremo alla commissione istituita per monitorare la sua implementazione”, ha riferito il portavoce dello stesso Zarif, Bahram Ghasemi.

Su quanto avvenuto si è pronunciato anche il grande ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, il quale ha ammonito lo storico nemico che un’estensione delle sanzioni infrangerebbe l’accordo e causerebbe ritorsioni.


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