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Bcc, tutte le tensioni sul Fondo di garanzia temporaneo

iccrea, bcc

Acque agitate nel credito cooperativo in vista delle aggregazioni tra le Bcc, imposte dalla riforma del settore. Stavolta però le tensioni non riguardano le differenti vedute su quanti gruppi costituire (uno per la Federcasse, due o tre per le Bcc del Nord Est). Bensì la gestione del Fondo temporaneo di garanzia, l’organismo nato nella primavera del 2016 e pensato per intervenire a sostegno delle Bcc in difficoltà, in attesa che finiscano sotto il cappello di Iccrea o Cassa centrale. Alcuni istituti lamentano una gestione opaca e una scarsa trasparenza nella selezione dei salvataggi, che peraltro avvengono con le risorse delle stesse banche consorziate che, a questo punto, vogliono capire con quali criteri vengono impiegati i loro soldi.

IL FONDO TEMPORANEO

Il Fondo è stato costituito a maggio con una dotazione iniziale di 400 milioni con lo scopo “fino alla data di adesione della banca di credito cooperativo ad un gruppo bancario” di promuovere “anche attraverso interventi di sostegno, processi di consolidamento e di concentrazione tra le banche consorziate, al fine di razionalizzare la struttura del credito cooperativo e di migliorarne l’efficienza”. Insomma, in attesa della creazione dei gruppi l’idea era dare la possibilità alle Bcc in difficoltà di trovare un aiuto finanziario e industriale nel fondo, finanziato con le risorse delle Bcc, la cui adesione al veicolo è obbligatoria. Ma essendo obbligate a metterci i soldi, le Bcc pretendono massima trasparenza nella gestione dei salvataggi. Trasparenza che, a giudicare dalla lettera spedita nei giorni scorsi da una quindicina di banche al comitato di gestione, non sembra soddisfare alcune Bcc, che a questo punto chiedono di essere costantemente informate sui movimenti del Fondo, pena il ricorso ad azioni legali.

TRASPARENZA CERCASI

La prima questione riguarda proprio la selezione dei salvataggi, cioè le modalità di scelta degli istituti su cui intervenire. Molte Bcc lamentano di non aver mai ricevuto “alcuna informazione sui criteri per l’accesso agli interventi del Fondo, né sulle modalità e condizioni adottate per l’erogazione, come invece espressamente previsto dall’art. 3, quarto comma, dello statuto del Fondo stesso”, si legge nei documenti spediti all’organismo di gestione. “Si rammenta che il consorzio ed i suoi rappresentanti sono tenuti ad operare con criteri di trasparenza e di pari trattamento verso tutti i consorziati e nel rispetto delle norme”, chiariscono gli istituti, elencando precise richieste.

COSA CHIEDONO (E SUBITO) LE BCC

“In ragione di quanto sopra esposto, si intima al Fondo temporaneo di garantire la corretta e tempestiva informazione a tutti i consorziati e a tal scopo si chiede di predisporre un’informativa periodica, almeno trimestrale, che riporti un aggiornamento dei fabbisogni attesi almeno a 12 mesi futuri, con analitica motivazione delle previsioni”, si legge nel documento. Ancora, “si chiede che il Comitato di gestione comunichi ai consorziati i criteri per l’accesso agli interventi, le modalità e le condizioni per l’erogazione. Si chiede inoltre di conoscere i criteri attraverso i quali si giungerebbe alla valutazione di convenienza nel rispetto del principio del minor onere a carico dei consorziati nell’adottare le decisioni già intraprese o in corso di determinazione”. In altre parole, come e in che modo il Fondo individua gli istituti da salvare. E infatti, tra le richieste, se ne indica una piuttosto perentoria, ovvero “specificare, per ogni intervento già assunto o in corso di assunzione, le motivazioni adottate, sia in riferimento agli importi complessivi che al tipo di strumenti offerti a sostegno”. Il Fondo, dicono le banche che protestano, farà  poi bene ad adeguarsi alle rimostranze. Pena “ogni più opportuna azione, anche in sede giudiziale, per tutelare i propri diritti, ove venissero riscontrati la violazione dei criteri di trasparenza e pari trattamento o il mancato rispetto delle previsioni statutarie o di legge”.

LE BANCHE CHE PROTESTANO COL FONDO

Le banche che hanno contestato l’operato del Fondo sono una quindicina, sparse da Nord a Sud. La Bcc Antonello da Messina, Bcc di Aquara, Banca di Bologna – Credito Cooperativo CRA di Borgo San Giacomo, BCC di Buonabitacolo BCC di Castagneto Carducci, BCC di Civitanova M. e Montecosaro , BCC Credito Etneo – Catania, BCC La Riscossa di Regalbuto, BCC Marcon – Venezia, BCC dei Castelli e degli Iblei, BCC Monte Pruno – Credito Cooperativo di Roscigno e di Laurino, BCC di Pisa e Fornacette , BCC di San Marzano di Taranto e la BCC di Viterbo.

MASERA, ADDIO CON GIALLO

Un’altra avvisaglia che all’interno del credito cooperativo le tensioni siano tutt’altro che sopite, è arrivata con le dimissioni a sorpresa di Rainer Masera, fino a poco tempo fa presidente del comitato di gestione Fondo. Un addio coloratosi di giallo e che aumenta il disorientamento intorno all’operato del Fondo. Nella missiva inviata ai componenti lo scorso settembre del comitato Masera parlava di “differenze di vedute rispetto a talune posizioni espresse nell’ambito del comitato di gestione”. La risposta comune degli altri membri del board evidenzia tutto il mistero attorno all’addio. Nel prendere atto del suo addio, i componenti del comitato sottolineano nel documento congiunto di “non conoscere le reali motivazioni sottostanti a detta eventuale decisione a pochissimi mesi dall’assunzione del mandato come componente indipendente. Tuttavia qualora vi fossero logiche politiche o comunque in contrasto con le norme istitutive e di funzionamento del Fondo, ci permettiamo di chiederle di poterne venire a conoscenza affinché coloro che credono ancora nel sistema del credito cooperativo possano correttamente e tempestivamente agire a tutela propria e dell’intero movimento”. Pronta la replica del presidente del Fondo Augusto dell’Erba che ha difeso in un’intervista l’azione del board e fatto quadrato: “Abbiamo operato secondo il nostro statuto e seguito il legislatore, le modalità di intervento sono già note in quanto previste dallo statuto”.



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