La chiameranno la settimana delle resurrezioni. Sono risorti, infatti, il Senato della Repubblica, il CNEL, le Province, le competenze delle Regioni, Al Bano. Poteva non risorgere anche Giuliano Poletti?
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Il 64° Governo della Repubblica passerà alla storia come l’esecutivo del…. Conte.
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Chi scrive ha assistito al crollo della Prima Repubblica. Posso testimoniare che quella classe dirigente – benché qualcuno di loro fosse inseguito dai passanti per le strade – uscì di scena con maggiore dignità dei ‘’rottamatori’’. Ai suoi accoliti Matteo Renzi ha voluto garantire comunque un posto e uno stipendio. Si badi bene, non in ente pubblico o in una società partecipata, ma addirittura da ministro. E’ il caso di Luca Lotti. Quando ha letto il suo nome e ha aggiunto “con delega allo sport’’ il presidente Gentiloni ha avuto una pausa, come a dire a se stesso “ma non è un po’ poco?’’. Poi ha proseguito lasciando trasparire a fior di labbra un “vedremo in seguito’’. Certo di sport Lotti se ne intende. Pare fosse un grande organizzatore di tornei di calcetto.
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L’impudenza del giovane caudillo ha toccato il suo apice con altre due nomine: quella di Maria Elena Boschi promossa sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e quella di Anna Finocchiaro a ministro per i Rapporti con il Parlamento.
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Che la stampa d’opposizione spari a palle incatenate, a volte anche in modo eccessivamente volgare, è nell’ordine delle cose. Ma troviamo più scandaloso il tono compassato e doroteo dei grandi quotidiani indipendenti. Se Silvio Berlusconi, ai suoi tempi, avesse osato mettere in campo un esecutivo – mutatis mutandis – della stessa foggia di questo si sarebbero mobilitate le ‘’grandi firme’’, intingendo la penna nei più mortali dei veleni.
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Di positivo c’è la nomina di Valeria Fedeli all’Istruzione. Non che se ne intenda. Ma Valeria è stata a lungo dirigente sindacale dei tessili e dell’abbigliamento, settori nei quali è molto elevata la presenza di donne abituate ad un lavoro duro e malpagato (e con famiglia a carico). Potrà mandare a dire, con orgoglio, agli insegnanti italiani di vergognarsi. Chi ha vinto una cattedra, nel cuore dello Stato, non ha il diritto di definirsi “deportato’’.
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“Provaci ancora, Marianna’’.