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David Friedman, chi è e cosa pensa il prossimo ambasciatore Usa in Israele voluto da Trump

Il transition team del presidente eletto americano ha annunciato che Donald Trump ha nominato David Friedman come ambasciatore statunitense in Israele.

LA LINEA DURA

La nomina fa discutere perché Friedman, figlio di un rabbino dalla linea dura di Long Island, è un sostenitore delle policy dell’ultradestra israeliana, con posizioni intransigenti sui rapporti Israele-Palestina, sbilanciate a favore dei primi, delle colonie, della necessità che il West Bank entri tutto sotto il controllo israeliano. In passato ha ostacolato verbalmente la soluzione a due Stati dell’annoso conflitto e proposto Gerusalemme come capitale unica, indivisa dello stato ebraico. Friedman vorrebbe spostare a Gerusalemme la sede dell’ambasciata, che adesso si trova (come tutte le altre) a Tel Aviv – una decisione “esplosiva” l’ha definita il GuardianHa chiamato il presidente Barack Obama “un antisemita” e, ricorda la CNNs’è chiesto (retoricamente) se “quelli di J Street”, organizzazione lobbistica di sinistra che si occupa di sostenere politiche inclusive in Cisgiordania, “sono peggio dei Kapo”. Parlando al Jerusalem Post il giorno successivo alla vittoria elettorale, Friedman ha detto che l’ostilità che si è vista tra Tel Aviv e Washington durante l’amministrazione Obama, con Trump “sparirà completamente” e “il livello di amicizia crescerà come mai prima”.

LA CONOSCENZA CON TRUMP

Il prossimo ambasciatore ha fatto parte dello staff di Trump durante la campagna elettorale, il suo ruolo era consigliere senior sulla situazione mediorientale e su Israele – anche se Friedman è un avvocato specializzato in fallimenti, e di questo si è occupato per la Trump Entartainment Resorts, la società che gestiva gli alberghi di Trump ad Atlantic City (fallita nel 2009). “Le sue forti relazioni in Israele costituiranno il fondamento della sua missione diplomatica e [gli permetteranno] di essere una risorsa enorme per il nostro paese e noi rafforzeremo i legami con i nostri alleati e lotteremo per la pace in Medio Oriente”, ha detto di lui il presidente eletto. Trump durante la fase elettorale ha più volte espresso dimostrazioni di vicinanza verso Israele, anche usando l’argomento retorico dell’accordo sul nucleare: Tel Aviv lo vede come una iattura esistenziale, un modo con cui Teheran potrebbe procedere, segretamente e impunemente, alla fabbricazione della Bomba, con tutti i rischi che ne seguirebbero per la propria sicurezza. Trump ha detto di volerlo stracciare, e con lui posizioni analoghe le hanno assunte varie personalità di primo rilievo dello staff e della futura amministrazione. Morton Klein, il presidente dell’Organizzazione Sionista d’America, ha detto al Guardian che Friedman aveva “il potenziale per essere il più grande ambasciatore americano in Israele”. Altri lo definiscono una delle “peggiori scelte” tra quelle fatte finora. A inizio novembre una lista di policy che l’Amministrazione Trump avrebbe adottato nei confronti di Israele è stata pubblicata su Medium: il sunto dei sedici punti è lo stringimento del rapporto anche in opposizione delle imposizioni esterne (di Europa e Onu) contro le colonie. Il documento era co-firmato da Friedman e Jason Dov Greenblatt, altro avvocato di Trump, anche lui considerato dal presidente un advisor sul tema Israele, sebbene non abbia mai avuto esperienze diplomatiche; come Friedman d’altronde.

I PUNTI IN COMUNE

Oltre alla linea assolutamente pro-Israele, Friedman condivide con Trump anche l’ammirazione per Vladimir Putin. Lo scorso anno il futuro ambasciatore americano in Israele in un articolo dal titolo “Impariamo una lezione dalla Russia”, pubblicato da Arutz Sheva (sito web pro-settler), ha scritto che Putin può essere considerato “un delinquente”, riprendendo una definizione forte usata da Marco Rubio, senatore contender repubblicano di Trump, “ma sa come identificare un obiettivo nazionale, eseguire un piano militare, e in ultima analisi prevalere”. In queste ore sono circolate anche voci di corridoio, non verificabili, a proposito di un futuro incarico per Jared Kushner, ormai noto marito di Ivanka Trump, genero-in-chief e consigliere onnipresente del presidente eletto, che forse potrebbe essere designato come inviato speciale della Casa Bianca per la Pace in Medio Oriente (intesa tra israeliani e palestinesi). Kushner è figlio di una ricca famiglia ebrea ortodossa del New Jersy, la fondazione Kushner ha finanziato il Beit El Settlement, uno dei 230 insediamenti dei coloni ebrei nel West Bank considerati dal dipartimento di Stato americano “un impedimento per la realizzazione della pace” violando le leggi internazionali. La Kushner Family Foundation ha donato diverse migliaia di dollari anche alla Friends of IDF, associazione amica dell’esercito israeliano e piccole somme a una yeshiva radicale che ha sede nel settlement di Yitzhar (Beit El).

(Foto: Twitter)



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