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Ecco riforme e disegni di legge a rischio con la caduta di Renzi

MATTEO RENZI

Tanti provvedimenti a rischio. Probabilmente la legge di bilancio sarà approvata al Senato senza modifiche, con una fiducia “tecnica” che servirà a respingere tutti gli emendamenti e ogni possibile modifica. Così il ponte che a Palazzo Madama doveva essere di lavoro sarà di vacanza e la dimissioni del premier Matteo Renzi dovrebbero concretizzarsi venerdì.

Proprio in previsione del referendum, durante la prima lettura della manovra alla Camera sono stati sciolti la maggior parte dei nodi, ma non tutti. Per esempio, in tema bancario, l’Abi presieduta da Antonio Patuelli chiedeva di introdurre la possibilità di spalmare su 5 anni gli oneri dei contributi addizionali del Fondo di Risoluzione che si è accollato il salvataggio Carichieti, Banca Marche, Cariferrara e Banca Etruria.

Resterà inascoltata la richiesta di molti parlamentari di innalzare da 8 a 30 miliardi il limite oltre il quale per le banche popolari si ha l’obbligo di trasformazione in Spa (qui l’articolo di Formiche.net con informazioni e indiscrezioni sui dossier bancari saltati in Parlamento). Stessa sorte riguarda il rafforzamento dei bonus fiscali per la casa, ogni provvedimento in ambito “scuola” e ogni decisione sui giochi.

Allo stesso modo la parte del Jobs Act che riguarda le politiche attive del lavoro – assegno per il ricollocamento dei disoccupati, il ruolo dell’Anpal, i 7 mila dipendenti dei centri per l’impiego – potrebbe non trovare mai sviluppo. Così come la proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis, che a ottobre era tornata in Commissione, la legge sul doppio cognome, quella su cyberbullismo e ius soli, già approvati alla Camera.

Inoltre, durante l’iter di conversione del decreto legge sul terremoto, la Commissione Bilancio del Senato ha dichiarato inammissibili gli emendamenti sui sismi del 2009 e del 2012, poiché le misure per l’Aquila e l’Emilia sarebbero dovute rientrare proprio nella manovra finanziaria. Ora, in teoria, dovrebbero trovare altra sistemazione, ma non si sa quale.

Sempre sul terremoto, il dipartimento della “Prevenzione Civile” e “Casa Italia” rischiano di morire prima di nascere cade con il governo, come anche le due strutture dedicate all’edilizia scolastica e alla prevenzione contro il dissesto idrogeologico. Per non parlare delle ipotesi di assicurazioni contro i danni da catastrofi naturali.

Non solo. Il ddl concorrenza, per esempio, la prima di leggi che dal 2009 dovevano essere annuali, dopo 600 giorni di travagliato esame in Parlamento era stato “congelato” in vista del referendum, quando mancava solo il via libera dell’aula di Palazzo Madama. Un pit stop che, però, rischia di essere definitivo.

Allo stesso modo il Jobs Act degli autonomi, approvato al Senato con numeri ampi, discreta celerità e largo consenso, avrebbe dovuto essere esaminato dalla Commissione Lavoro della Camera, ma il presidente Damiano ha già proposto uno stop dei lavori.

Ma anche il contratto degli statali appena siglato, seppur formalmente valido, potrà diventare efficace solo se il testo unico del pubblico impiego attuativo della riforma Madia sarà approvato entro febbraio. E senza governo non è per nulla certo.

Poi c’è il ddl sulla responsabilità civile sanitaria. Una misura su cui si cerca da almeno tre legislature di fare chiarezza. Adesso, dopo un lungo lavoro il Commissione Affari Sociali alla Camera, mancava l’ultimo miglio, che potrebbe non essere percorso.

La riforma del processo penale – con norme su prescrizione, intercettazioni, indagini brevi – doveva essere una delle più qualificanti del governo Renzi, con il ministro Orlando che si è più volte speso per l’approvazione, ottenendo anche l’ok di avvocati e Anm. Bloccata prima del referendum, non resta che un poco di speranza.

Senza dimenticare i provvedimenti collegati più o meno formalmente alla manovra, quali “Industria 4.0”, il taglio del cuneo fiscale, la banda larga, i piani per il Sud, i piani ministeriali di spending review, l’addio a Equitalia.

In ogni caso, qualunque sia il governo, entro il 31 dicembre ci sarà un decreto legge per sciogliere la questione Taranto e Ilva e un altro sulle banche e il fondo di risoluzione per salvare Mps. Poi a gennaio il Milleproroghe. Per tutto il resto ci sono solo molti dubbi.


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