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Come, quanto e perché l’elettorato cambia pelle

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Il risultato del referendum costituzionale, che tanta sorpresa ha suscitato, in realtà è stato previsto con largo anticipo. Ad ottobre, infatti, si era chiarita la tendenza verso il No e, subito dopo, anche la netta distanza tra i due orientamenti di voto, mai più recuperata. Avevo parlato del probabile esito del referendum in questo articolo di novembre (Vi spiego l’effetto Trump e Brexit sul Referendum Costituzionale) , scritto dopo la vittoria di Donald Trump. Anche l’esito delle Presidenziali Usa, globalmente definito un cigno nero, era stato previsto. I media, che sempre più spesso faticano a interpretare i flussi dell’opinione pubblica, hanno fatto l’errore di confondere democrazia con populismo e sondaggi fatti bene con sondaggi fatti male. La qual cosa era accaduta, in precedenza, anche per Brexit. In quest’altro articolo (Donald Trump, il populismo, i sondaggi e le frottole) spiegavo il mio punto di vista sull’argomento.

Cosa succederà ora? Il mercato politico Italiano ha iniziato una lunga ristrutturazione a partire dal 1992. In questi venticinque anni l’astensione è arrivata a toccare livelli talvolta molto alti, ma il baricentro dell’elettorato è rimasto sempre moderato. Analizzando i dati delle ultime elezioni referendarie, amministrative 2016 e Politiche 2013, si nota che il grosso dell’elettorato attivo si distribuisce su posizioni di centro destra e centro sinistra, tagliando le ali estreme. Tuttavia, la struttura tripolare dell’offerta politica, formata da Pd, Centro destra di Berlusconi e Movimento 5 Stelle, non consente la conquista di una maggioranza solida di voti, con il risultato di assistere spesso ad alleanze due-contro-uno, che hanno il solo scopo di essere, appunto, contro e mai a favore di qualcosa o qualcuno. Per superare questa situazione, prossimamente potremmo assistere ad un consolidamento delle sigle partitiche, attraverso operazioni di spin-off, fusioni, take over amichevoli o ostili.

Le tradizionali tecniche di consensus building, inoltre, devono fare i conti con alcuni elementi di novità.

Globalizzazione dei temi economico-sociali, ovvero la conseguenza della globalizzazione economica e finanziaria che costringe tutti ad occuparsi con urgenza di occupazione, fisco, finanza, reddito, welfare e sanità in testa. Sono temi che si intrecciano con la gestione dei flussi migratori, l’apertura o chiusura degli scambi commerciali, la difesa delle nostre piccole e medie imprese, la protezione del turismo e delle eccellenze locali, ecc…

Ad ogni legislatura l’elettorato cambia pelle. Ogni anno ci lasciano circa 650 mila concittadini (10,7 per mille), prevalentemente analfabeti, e diventano adulti circa 500 mila ragazzi (8 per mille). Significa che, ogni cinque anni, il 5% dell’elettorato cambia fisionomia culturale. Ed è un dato deflagrante: due milioni e mezzo di voti sconosciuti. I giovani 18-22 anni, che voteranno per la prima volta nella loro vita alle Politiche del 2018, parlano le lingue, forse hanno fatto un’esperienza all’estero, sono digitali, hanno una dieta mediatica completamente diversa dalla media degli Italiani e rappresentano un target con esigenze diverse dal resto degli elettori. Se a loro aggiungiamo i fratelli maggiori, ovvero il segmento 23-27 anni, che ha votato solo una volta alle Politiche, parliamo di 5 milioni di voti, il 10% dell’elettorato complessivo. Per contro, l’eta media dell’elettorato aumenta progressivamente, in linea con l’invecchiamento medio della popolazione. Un guaio per la comunicazione.

Web. La comunicazione sociale e politica sul web rappresenta, inoltre, una vera e propria sfida per chiunque. Qualsiasi svista può fare grossi danni. Parafrasando Vinicio Capossela, il web è “come il liquore che strega le parole”. Spesso un messaggio parte con una buona intenzione ma viene totalmente stravolto sui social, ritorcendosi contro l’emittente, e disorientando l’elettorato già conquistato, che potrebbe tornare indeciso. Oppure viceversa. Raramente un messaggio rimane se stesso. La violenza dei commenti è inoltre un tema che andrà risolto.

Quindi quali caratteristiche deve avere un Premier per agire con efficacia e sopravvivere per una intera legislatura? Affidabilità, onestà e trasparenza, capacità di ascolto delle istanze dei cittadini e prontezza nel trovare soluzioni efficaci, misurabili da tutti, riscontrabili. Deve vivere tra la gente normale, insomma. Inoltre, il Premier dovrebbe avere carisma, umiltà e capacità di Visione. Lo scrivo con la maiuscola perché la richiesta di risposte sul futuro, che arriva fortissima dai nostri giovani, è determinante nella scelta di voto sia dei giovani stessi sia dei loro genitori e nonni. Da troppo tempo, ormai, lavoro, fisco e welfare sono temi prioritari rispetto ad altri, pur importantissimi. La risposta ideale sarebbe un nuovo patto sociale tra generazioni su lavoro e welfare, per portare l’Italia nel futuro. Chi farà questo potrà governare anche a lungo.

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