Perdonatemi per il titolo, ma a quanto pare la parola culo è stata sdoganata. Non lo sto dicendo io, ma l’ha detto Roberto Giachetti durante la Direzione del Pd, riferendosi a Roberto Speranza con un sonoro e scandito “hai la faccia come il culo”, per l’appunto. Un’affermazione che dimostra ancora una volta quanto sia difficile fare il politico, o perlomeno farlo bene.
Sì, perché se in mezzo alla strada uno ti fa un torto puoi dirgli che ha la faccia come il culo e la cosa finisce lì, nel peggiore dei casi culmina con un’azzuffata o come minimo con sproloqui reciproci. Ma nessuno verrà a chiedervi conto del vostro comportamento.
Diverso è però se sei il vicepresidente della Camera, e lo è per due motivi: il primo è che rischi di creare un precedente pericoloso, prendendoti la paternità di parole che saranno ricordate fuori dal contesto in cui le hai utilizzate e sembreranno sempre inappropriate. Il secondo motivo- e questo si ricollega al mestiere difficile del politico- è la difesa del tallone di Achille: anche se sei incazzato nero devi scollegare i sentimenti dalla bocca, perché il rischio che corri è quello di far capire agli avversari qual è il modo più facile per farti perdere la lucidità.
Nel caso specifico di Giachetti e Speranza, l’oggetto della discordia è stata la discussione sulla legge elettorale. Una discussione che parte dalla primavera del 2013, quando si iniziò a lavorare per modificare il Porcellum. Giachetti si batté molto per far sì che si votasse un ritorno al Mattarellum, arrivando addirittura allo sciopero della fame.
Presentò una mozione alla Camera e quando sembrava stesse per passare tredici firmatari si ritirarono, facendo cadere la proposta nel nulla cosmico. Speranza, in quell’occasione, fu uno dei più tenaci oppositori della mozione di Giachetti.
Oggi però, dopo tre anni, tutt’un tratto si ricrede e il Mattarellum come d’incanto è diventato il non plus ultra, una legge talmente buona da rivendicarne addirittura l’esclusività della proposta. Delle due l’una, verrebbe da dire.
A Giachetti invece è scappata qualche parola di troppo. Ma c’è già chi -come Il fatto quotidiano- rispolvera sue vecchie dichiarazioni in cui, con mesto controllo di sé, critica il linguaggio violento e rissoso della politica. Anche qui verrebbe da dire delle due l’una.
Ciò che è chiaro quindi è che la mancanza di coerenza è il minimo comun denominatore della politica ed chiaro anche che Speranza può rincuorarsi, perché nella vastità delle facce da culo non si sta mai da soli.