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Francesco Occhetta e Stefano Parisi parlano del “Vangelo del lavoro” curato da Sabella

FRANCESCO OCCHETTA Populismi

“Giovanni Paolo II sul lavoro è stato un riferimento per tutti noi. Se si pensa che si usciva da una monocultura marxista, è un grande messaggio di libertà e di liberazione del lavoro, non solo come sacrificio ma come realizzazione della persona”. Queste le parole del fondatore di Energie per l’Italia Stefano Parisi alla presentazione a Roma presso la Sala Marconi di Radio Vaticana, del libro di Giuseppe Sabella “Il Vangelo del lavoro. Etica e persona nel magistero sociale di san Giovanni Paolo II”(Cantagalli). Al dibattito, moderato dal giornalista del Foglio, Matteo Matzuzzi, sono intervenuti anche Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl e il padre gesuita Francesco Occhetta.

Oggi lo sforzo, per Parisi, è ritrovare le “radici, nelle fratture sociali, nella questione migratoria, nei contesti di trasformazione del lavoro e del digitale. Sono convinto che lì c’è la chiave di ciò che stiamo vivendo”.

Nel magistero sociale di Giovanni Paolo II è infatti profonda la riflessione sul lavoro, anche se per lui il papa della questione sociale era Leone XIII. E la Laborem exercens, che parla di lavoro, di questo ne era la prova, visto che usciva nel 90° anniversario della Rerum Novarum, l’enciclica che fondò la dottrina sociale della Chiesa. Tuttavia, ha sostenuto Parisi, “i diritti non sono quelli affermati nei contratti, nelle leggi e dalle funzioni intermedie, ma sono quelli realizzati a cui dobbiamo guardare”, facendo esempi, come “per l’immigrazione o la sicurezza: dobbiamo toglierci di mezzo tutte le strutture intermedie e guardare alla persona”.

Il lavoro pubblico poi, ha detto l’ex-manager di Confindustria, è “il luogo dove dobbiamo rifondare lo Stato, e va motivato e non umiliato”. Arrivato all’incontro in motorino, Stefano Parisi, senza fanfare e trionfalismi, ha detto: “Io non sono certo un intellettuale, sono uno che ha lavorato tirandosi su le maniche”. Ma oggi “tutto il linguaggio della politica è molto debole, la comunicazione si è mangiata il pensiero. Lo slogan doveva essere la sintesi ma non c’è più il pensiero, e se anche nel cervello c’è lo slogan siamo fritti”.  Senza riferimenti particolari, certo, ma sottolineando che l’unico che “non ha seguito il cambiamento della società è stato il pensiero politico”.

Il discorso sui papi è stato ripreso dall’autore del libro e direttore di Think-in Giuseppe Sabella: “Nella Caritas in Veritate di Benedetto XVI la crisi è la provvidenza che si fa terrena, perché l’uomo ha perso il senso, e spogliandolo lo riporta a cercare l’essenziale. Leggendo questa frase ero davvero sconvolto, solo un papa così robusto teologicamente poteva affermarlo”. È stato poi Francesco Occhetta, padre Gesuita e scrittore della Civiltà Cattolica, a citare l’ultimo papa Francesco, per cui “il lavoro deve essere libero, creativo, partecipativo e solidale”. Questa definizione, ha rimarcato Occhetta, “la troviamo nell’Evangeli Gaudium, n. 192, ed è molto vicina a Giovanni Paolo II”. Il fatto è che la Dsc, prosegue lo scrittore gesuita, “scende in campo di fronte ai problemi della società per dire che la dignità va rispettata. La Chiesa italiana nell’ottobre 2017 ha convocato la settimana sociale sul lavoro su 4 fondamenti: denuncia, sfruttamento del lavoro nero, migranti, e per capire infine qual è la narrazione, l’orizzonte, il ‘telos’, che abbiamo del cambiamento: tra 10 anni le dimensioni del tempo e dello spazio muteranno radicalmente”.

Serve cioè una società matura, ha ribadito Occhetta, mentre oggi “i giovani sono malpagati, sfruttati, e domenica hanno votato tutti contro questo sistema”. Garantire quindi “gli enti intermedi nella struttura sociale è fondamentale per l’uomo, e per vivere quell’articolazione oggi persa. Lo diceva anche Adam Smith nel 1952, che questo ci fa sentire uomini tra gli uomini, e che altrimenti rimane una struttura di pensiero feudale”. E ha concluso Occhetta: “La Dsc è l’incontro del Vangelo con la società e provoca cultura se la sappiamo spiegare: è colpa nostra ribadire i principi senza far capire di cosa si parla. Se non riusciamo a declinarla in una proposta fatta di giustizia, pace, bene comune, lavoro. Per questo c’è bisogno di una sintesi politica, anche intra-ecclesiale”.

Il fotoracconto di Formiche.net in collaborazione con Mondo Cane su Stefano Parisi



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