Anche in Francia è tempo di dimissioni. A pochi giorni dalle primarie del partito Les Républicains, vinte da François Fillon, la sinistra francese si prepara per la corsa delle presidenziali 2017. François Hollande ha annunciato che non si ricandiderà, diventando così il primo presidente della storia della Francia che non concorre per un secondo mandato. Ma per il fronte socialista ci sarà il primo ministro francese Manuel Valls, che ha confermato le dimissioni come primo ministro per candidarsi alle prossime primarie della sinistra del 22 e 29 gennaio 2017.
LE DIFFICOLTÀ DI HOLLANDE
Le prime dichiarazioni di Valls che hanno svelato l’interesse per arrivare all’Eliseo sono emerse da un’intervista con Le Journal du Dimanche: “Sono pronto e sono preparato per le primarie della sinistra francese”, aveva dichiarato, alludendo alle difficoltà interne della gestione di Hollande. “Di fronte allo sradicamento, al dubbio, alla delusione, all’idea che la sinistra non ha nessuna possibilità – ha aggiunto Valls -, voglio dare un taglio alle dinamiche che ci porteranno alla sconfitta”.
PROGRESSISMO VS. TRADIZIONE
Le primarie della sinistra francese – previste per il 22 e il 29 gennaio del 2017 – saranno una lotta aperta tra due correnti che Valls ha definito “irreconciliabili”. Una corrente progressista (o social-liberale) e un’altra più legata ai principi tradizionali della sinistra.
GLI SFIDANTI
Valls concorrerà per la candidatura del partito con Arnaud Montebourg, ex ministro dell’Economia fino al 2014, quando è subentrato Emmanuel Macron (qui l’articolo di Formiche.net); e un altro membro del Partito Socialista: Benoît Hamon. Secondo un sondaggio del IFOP pubblicato da Le Monde, il 54 per cento degli elettori crede che né Valls né Montebourg abbiano possibilità di vincere le elezioni presidenziali. Ma tra Valls e Montebourg , il favorito è l’ex primo ministro con il 45 per cento dei voti degli elettori della sinistra.
TASSE, DIFESA E LAICITÀ
Valls, che è stato ministro degli Interni tra il 2012 e il 2014 e dopo primo ministro, difende la politica economica del governo di Hollande. È questo uno dei suoi punti deboli: essere precipito come una prosecuzione della gestione socialista. Lui però continua ad elogiare la politica fiscale dell’esecutivo, la politica sulla difesa e la sicurezza nazionale e la laicità della società francese.
IDENTITÀ IBRIDA
Valls ha scelto la località di Evry, della quale è stato sindaco tra il 2001 e il 2012, come scenario per annunciare la candidatura: “Voglio dare tutto per una Francia che mi ha dato tanto”. Nato a Barcellona (Spagna) nel 1962, Valls si è nazionalizzato francese a 20 anni. Padre catalano e mamma del Canton Ticino, suo nonno paterno era cattolico, fondatore del giornale cattolico El Matí. Durante la guerra civile spagnola, il nonno nascose sacerdoti perseguitati dai trotskisti e anarchici. Il padre, Xavier Valls, era un noto pittore spagnolo. Valls ha sempre vissuto a Parigi. Tutti i suoi studi sono francesi.
INTERROGATORIO IN COMMISSARIATO
In un’intervista a Le Parisien del 2015 ha detto che si è sempre sentito spagnolo e francese allo stesso tempo: “Quando avevo 16 anni sono andato a prendere la mia carta di identità per due anni e la polizia mi ha fatto un interrogatorio sulla mia vita privata, le mie origini. In quel momento ho capito che era meglio prendere la cittadinanza francese”. A 39 anni Valls è diventato sindaco di Evry e l’anno successivo deputato.
ESSERE FRANCESE
“Non sei francese per il luogo di nascita, il colore della pelle o gli origini. Sei francese perché aderisci ad un progetto, ad un insieme di valori, a una comunità nazionale”, ha detto Valls a Le Parisien. Il candidato è in chiara contrapposizione al discorso di crisi di identità e anti-immigrazione di Le Pen del Front National e Fillon dei Républicains.
Secondo uno studio del Cevipof, il centro di ricerca politica del Sciences Po, due francesi su tre hanno una cattiva opinione del fenomeno migratorio e credono che ci sono “troppi migranti” in Francia.
L’EUROPA PUÒ MORIRE
Sul progetto europeo, Valls si è detto molto preoccupato. In un incontro organizzato dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung a novembre, il candidato ha insistito che “se non ascoltiamo tutti, l’Europa può morire. Il governo francese, così come i membri dell’Unione europea, sono incapaci di contenere la rabbia popolare”. “Ascoltare tutta la gente è responsabilità di tutti i governi – ha detto –. Sono leale all’identità europea. Senza un intervento politico le sfide come terrorismo, crisi migratoria o Brexit potranno dividere alla popolazione. Non si tratta più dell’atteggiamento dei politici o gli imprenditori, ma dei nostri cittadini”.