C’è solo l’imbarazzo della scelta per dire chi fa le gaffes peggiori fra il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, sotto rischio di sfiducia parlamentare per avere praticamente mandato a quel paese i giovani italiani che preferiscono lavorare all’estero, magari non avendo trovato nulla da fare in patria, e il presidente dell’Inps Tito Boeri. Che è ormai ossessionato dall’idea di sforbiciare le pensioni che non siano di zinco, cui si fa notoriamente ricorso per imballare i morti. Sul terreno pensionistico si vede l’oro dappertutto, anche quando è solo oro di Bologna, cioè fasullo.
Poletti e Boeri peraltro sono da un bel po’ di tempo in polemica tra di loro, direttamente o per interposta persona, sul modo di gestire l’istituto pubblico di previdenza sociale, ma forse ancor più di assistenza, con una confusione di funzioni e di costi cui tutti si propongono di porre rimedio senza che nessuno riesca davvero a farlo, se non a parole.
Non ho mai capito perché Matteo Renzi quando era a Palazzo Chigi avesse deciso di costringere alla convivenza due persone così diverse. O perché si fosse ostinato a lasciare Boeri al suo posto pur non condividendone le proposte d’intervento con le forbici sulle pensioni, e non nascondendo questo dissenso.
Nè ho capito perché il buon conte Paolo Gentiloni Silverj abbia accettato di ereditare anche questa eredità di Renzi, che rischia di fargli passare il buon umore che di solito lo caratterizza e gli ha permesso di avere buoni rapporti un po’ con tutti, a beneficio pure della sua carriera politica. A meno che il nuovo presidente del Consiglio non abbia ricevuto dall’amico Matteo l’incarico di trovare poi il modo di fare ciò che lui non aveva avuto il coraggio di compiere: la rimozione di Boeri, pronto a dimettersi – ha assicurato una volta lo stesso presidente dell’Inps – se gli arrivasse dal governo un segnale di sfiducia, non bastandogli evidentemente le polemiche con Poletti. Ma qui vedo che, alla ripresa dei lavori parlamentari, potrebbe più facilmente saltare il ministro del lavoro, anche per il combinato disposto, diciamo così, dei referendum abrogativi sulla riforma del cosiddetto Jobs act, che il professor Boeri. Eppure questi l’ha appena fatta grossa. E non sembra neppure avere la voglia di coprirla, come si dice nella regione di Renzi. La buonanima di Amintore Fanfani, toscano come lui, intimò di farlo una volta a un ministro collega di partito, la Dc, che lo aveva sorpreso dimettendosi.
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Incuriosito da due blog che avevano attribuito al presidente dell’Inps di avere in qualche modo auspicato vita breve ai pensionati per una soluzione, diciamo così, finale del problema di come fare quadrare una buona volta i conti del sistema previdenziale, il giornalista piemontese e internauta Salvatore Rotondo ha voluto fare una verifica. Ed è andato a recuperare negli archivi elettronici di Radio Radicale la registrazione delle parole pronunciate da Boeri di recente in una conferenza del Consiglio e dell’Ordine degli attuari. Di cui vi confesso che ignoravo l’esistenza, tanto da aver dovuto informarmi soprattutto chi siano e cosa facciano questi benedetti “attuari”. Debbono essere dei geni, capaci di prevedere che cosa sarà di noi e dei nostri investimenti, almeno per quelli che se li possono permettere, analizzando tassi di natalità, di morte e quant’altro. Sono studi e studiosi di casa nelle società di assicurazione, nelle banche, negli istituti finanziari, negli enti previdenziali e in chissà quanti altri posti che non riesco forse neppure ad immaginare per i miei limiti. Di cui ovviamente mi scuso.
La ricerca condotta dal collega Rotondo, titolare evidentemente di una pensione nè di zinco nè di latta, ha dato risultati a dir poco sconcertanti. Che lo hanno indotto a fare gli scongiuri per conto di 16 milioni di pensionati che, secondo lui, dovrebbero sentirsi “feriti” dai calcoli e dalle parole di Boeri.
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Ma cosa ha detto, in particolare, il presidente dell’Inps commentando una ricerca dalla quale risulta che ad una pensione più alta corrisponde una più lunga prospettiva di vita? Ve ne trascrivo le parole, ed anche i punti sospensivi messi da Rotondo per registrare le pause del professore, indicative – presumo – dell’imbarazzo avvertito dallo stesso Boeri nel trattare l’argomento a modo suo: “Uno degli aspetti più rilevanti che emerge da questo studio è il fatto che le prestazioni più alte hanno tassi di mortalità significativamente più basse degli altri. È questo è un risultato interessante…certamente ci sono moltissime spiegazioni perché chiaramente c’è una correlazione tra prestazioni e livello di istruzione, tenore di vita delle persone, ma ha un’implicazione importante anche di politica economica perché ci dice che delle misure che dovessero intervenire in termini perequativi sui trattamenti pensionistici in essere…sono state formulate diverse proposte in tal senso negli anni più recenti…probabilmente avrebbero un impatto sulla sostenibilità del sistema pensionistico ancora più forte di quello che è stato stimato assumendo che i tassi di mortalità, il coefficiente di trasformazione fossero gli stessi per ogni categoria di ricettore e di beneficiario di rendite pensionistiche. Quindi è un dato credo importante su cui occorre riflettere e che ulteriormente rafforza l’idea che possibili interventi perequativi possano essere fonti anche di risparmi non irrilevanti nel nostro sistema pensionistico. È molto importante che i risultati che oggi vengono qui presentati sull’eterogeneità dei tassi di mortalità possano essere gradualmente indirizzati verso scelte di politica economica che dovranno essere fatte nel nostro paese nei mesi futuri”.
Al netto del solito burocratese, e di qualche avverbio e congiuntivo non proprio professorale, le intenzioni e le proposte di Boeri di penalizzare con tagli chi è già in pensione e ha l’inconveniente statistico di maggiori prospettive di vita sono abbastanza chiare. Tanto chiare da escludere, francamente, che i pensionati scampati alla miseria e colpevoli solo di essere presuntivamente meno lontani di altri dalla morte, possano augurargli buon anno. E spero che si limitino ad astenersi dal farlo, evitando clamorosi gesti o iniziative di protesta perché non è obiettivamente bello sentire le forbici di Boeri più appuntite della lama di quella signora che prima o dopo si scomoda a prelevarci.
D’altronde, ci sono tanti piccoli Boeri che crescono. Me ne sono accordo di recente agli sportelli dell’Atac. Dove ho scoperto che per gli anziani non è possibile, come per gli altri, fare gli abbonamenti a scadenza o pagamento semestrale. Loro li possono fare solo annuali, pagando anticipatamente la somma tutta insieme, perché evidentemente l’amministrazione possa guadagnarci meglio in caso di morte. Chissà se la sindaca di Roma, Virginia Raggi, che ho scoperto facile all’emozione, ne è informata. E non verserà una lacrima anche per questo.