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Malak Al Shehri, chi è la donna arrestata per un tweet in Arabia Saudita

Vestito lungo con fantasia di fiori e un cappotto nero. Un timido sorriso, occhiali scuri e capelli al vento. Vista così, la fotografia di Malak Al Shehri pubblicata su Twitter potrebbe sembrare uno scatto qualsiasi tra i miliardi che vengono diffusi sui social network ogni giorno in tutto il mondo. Sarebbe così se Malak Al Shehri non fosse una donna saudita e le regole di abbigliamento imposte dal Corano non avessero imposto l’abaya per coprire la testa e il petto delle musulmane.

LA FURIA DEI SAUDITI

Per questo Malak Al Shehri è stata arrestata e rischia di essere frustrata in pubblico come punizione per il reato commesso. La furia degli uomini sauditi si è scatenata contro di lei dopo avere pubblicato l’innocente fotografia. “Uccidetela e date il cadavere ai cani”, ha scritto un utente. Il tweet è diventato virale in poche ore e ha allertato la polizia religiosa saudita. Dopo avere oscurato l’account di Al Shehri, Fawaz al Miman, portavoce della Polizia religiosa di Riyad, ha confermato con un comunicato la detenzione della ragazza.

“Si è tolta il velo e si è fatta questa foto davanti ad un famoso caffè, dopo avere detto che aveva rapporti proibiti con molti ragazzi […] ha diffuso questo sui social network e va contro le leggi”, si legge nel comunicato.

IL TWEET INCRIMINATO

Malak Al Shehri ha circa 20 anni. Secondo il Guardian, il tweet incriminato diceva: “Sono uscita questa mattina senza abaya. Vestirò una gonna con una giacca elegante e il mio viaggio comincerà con la colazione da McDonald’s, dopo un caffè e una sigaretta con un amico, e dopo andrò in un negozio per comprarmi un paio di occhiali da sole”. Ora la giovane è in una prigione per donne e sarà indagata dalla Procura per capire quale sarà la punizione.

LA SITUAZIONE DELLE DONNE

Sebbene il giovane principe Mohammed bin Salman (qui il ritratto di Formiche.net) sia impegnato in un processo di apertura della monarchia assoluta, la condizione di discriminazione delle donne in Arabia Saudita è particolarmente critica. Fino a qualche anno fa, le palestre erano autorizzate ad accettare donne. Ma dopo diverse leggi a sfondo islamico e divieti della Polizia religiosa, il regime ha vietato la pratica di qualsiasi sport per il genere femminile. Nel paese ci sono 153 club sportivi senza che ci sia un solo membro donna.

IL SUCCESSO NELLE OLIMPIADI

Una campagna di Human Rights Watch ha chiesto al governo saudita di permettere alle donne la pratica sportiva, e al tempo stesso ha lanciato un appello al Comitato Olimpico internazionale per fare pressione sulla monarchia. L’argomento è la libertà di culto consacrata nella Carta olimpica. Un timido risultato c’è stato: durante le Olimpiadi a Londra del 2012 è stata permessa la partecipazione a due donne. Sempre sotto lo sguardo vigile dei padri. Inoltre, le donne non possono viaggiare senza la compagnia o l’autorizzazione di un rappresentante maschio, sia padre, fratello o marito. Il divieto ancestrale si è saputo adeguare ai tempi moderni, visto che per evitare complicate complicazioni burocratiche è stato inaugurato un sito web in cui la procedura si può svolgere online.

ALTRO CHE QUOTE ROSA

Il mercato del lavoro è un’altra no-fly zone per le donne saudite. Prima era permesso l’impiego come medico o insegnante, ma oggi qualsiasi attività lavorativa resta a discrezione della famiglia. Nonostante il 50% delle donne abbia una formazione universitaria di alto livello, la disoccupazione è molto alta: 1,7 milioni di donne sono casalinghe. Le donne sono soltanto il 15% della forza lavorativa, di cui l’86% nell’istruzione, il 6% nella sanità e il 4% nella pubblica amministrazione. Per non parlare del mondo della politica: fino al 2011 le donne non avevano diritto al voto. Nel 2013 sono state nominate 30 donne membri del consiglio della Shura e si è annunciata la possibilità di candidature femminili in politica a partire dal 2015.

UNA CITTÀ DIVISA IN DUE

Nonostante le turiste passeggino per le strade di Riyad in minigonna e nonostante il profondo processo di occidentalizzazione dell’Arabia Saudita, alcune regole restano inflessibili. Un esempio è la legge sulla separazione dei sessi nello stesso spazio. I McDonald’s hanno aree dedicate alle donne, agli uomini e alle famiglie, e dal febbraio 2013 tutti i negozi dove lavorano commessi di entrambi i sessi devono avere muri per dividerli. Le donne saudite non possono guidare, aprire un conto corrente in banca, lavorare da sole, né praticare sport. Se una donna è sorpresa al volante rischia una pena di 10 frustate.

LA LIBERTÀ DI PEDALARE

Nell’aprile del 2013 il ministero islamico degli Affari esteri ha annunciato un’apertura storica: le donne potranno guidare le biciclette. Ma questa nuova libertà è condizionata. Le donne possono pedalare soltanto per svago, in zone autorizzate, in compagnia di un guardiano maschio e completamente coperte dall’abaya, l’abito tradizionale saudita. Attraverso un comunicato pubblicato del quotidiano al Yaum, un’ong per le vittime di incidenti stradali ha sconsigliato di farlo perché la scomodità dell’abbigliamento potrebbe impedire una guida cauta.



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