Non ha escluso un suo reincarico. Ha invocato un governo di responsabilità nazionale con tutti dentro. Ha lanciato messaggi indiretti in particolare a Forza Italia. E comunque, si vada al più presto possibile al voto. Questo è quello che Matteo Renzi ha detto, o ha lasciato intendere, durante la direzione del Pd, prima di salire al Colle per le dimissioni e dopo aver incassato la fiducia al Senato sulla legge di bilancio con 173 sì.
IL SUCCO DEL DISCORSO
O tutti o nessuno. Si potrebbe riassumere con queste poche parole il contenuto del discorso pronunciato da Matteo Renzi nel corso della direzione Pd di questo pomeriggio. Prima di salire al Quirinale – per rassegnare formalmente le dimissioni nelle mani di Sergio Mattarella – l’ormai quasi ex presidente del Consiglio è intervenuto di fronte ai compagni di partito per indicare le sue priorità in vista dell’imminente crisi di governo.
ZERO DUBBI
Senza cravatta e con la camicia sbottonata, Renzi ha lasciato spazio a pochissimi dubbi. “Non abbiamo paura della democrazia e dei voti”, ha esordito l’ex sindaco di Firenze, che si è poi rivolto agli altri partiti: “Se vogliono andare a votare lo dicano chiaramente. Noi siamo pronti”.
IL NUOVO GOVERNO
Altrimenti – ha argomentato – anche gli altri dovranno assumersi la loro quota di responsabilità nel dar vita a un nuovo esecutivo: “Se vogliono un governo che affronti la questione della legge elettorale e i prossimi decisivi appuntamenti internazionali, il Pd si assumerà la sua responsabilità”. Ma non lo farà da solo: la maggioranza che lo sosterrà dovrà essere, a suo avviso, molto più ampia dell’attuale.
O TUTTI O NESSUNO
“Tutti i gruppi parlamentari”, ha scritto testualmente nella enews inviata poco prima dell’intervento in direzione. Una frase che la dice lunga sulla sua voglia di andare al voto il prima possibile: arduo, infatti, immaginare un governo sostenuto da tutto il Parlamento, dal Pd al M5S fino alla Lega e a Sinistra Italiana. Che questo sia il suo reale obiettivo appare confermato anche da un altro passaggio della sua enews: “Non sono io a decidere ma devono essere i partiti – tutti i partiti – ad assumersi le proprie responsabilità. Il punto non è cosa vuole il presidente uscente ma cosa propone il Parlamento”.
RESPONSABILITA’ NAZIONALE
Il motivo di questa strategia – o tutti o nessuno – Renzi lo ha spiegato in direzione. Responsabili sì ma non in solitaria o con pochi compagni di viaggio, per evitare poi di subirne le conseguenze quando si tornerà a votare: “Abbiamo già pagato il nostro prezzo alla solitudine della responsabilità. Anche tutti gli altri adesso devono assumersi la loro”.
I SILENZI
Nessun riferimento, invece, al tema della guida del partito che nelle ultime ore si era ipotizzato potesse voler lasciare. Così non è sembrato, invece, oggi: Renzi vuole cercare di imporre la sua agenda e nel frattempo uscire dal mirino dei riflettori, anche per mettere un freno alla sovraesposizione mediatica cui si è sottoposto nelle ultime settimane di campagna elettorale. “Domattina ho un torneo di playstation con miei figli”, ha scherzato. E poi – quasi a voler rimarcare il suo buon umore – ha aggiunto: “Tornerò a casa anche per festeggiare gli 86 anni della mia nonna più giovane. Ragazzi, ringraziate gli anziani”. Un chiaro riferimento, quest’ultimo, al voto degli over 60, l’unico a premiarlo nel referendum di domenica.
CHI ANDRA’ ALLE CONSULTAZIONI
Alle consultazioni che inizieranno presumibilmente tra domani e venerdì Renzi, comunque, non parteciperà. Almeno non in prima persona. Il Pd sarà infatti rappresentato da una delegazione formata dal vicesegretario Lorenzo Guerini, dal presidente Matteo Orfini e dai capigruppo di Camera e Senato Ettore Rosato e Luigi Zanda. Una scelta abbastanza irrituale per un segretario di partito – dettata anche dal fatto di rimanere comunque in carica seppur da dimissionario – dalla quale sembra emergere la sua strategia di fondo: rimanere segretario ma senza esporsi troppo politicamente e mediaticamente. Per poi puntare a ricandidarsi alla presidenza del Consiglio quando si tornerà alle urne. Che, a questo punto – salvo accordi difficili da ipotizzare – non appaiono più così lontane.