Nel 60% di No ci sono sostanzialmente tre categorie di persone.
Coloro che sono (o sono diventati) strutturalmente avversi al carattere e all’atteggiamento dell’uomo che ha guidato il governo in questi ultimi 1000 giorni e che indubbiamente era il leader indiscusso del fronte del Sì. A costoro Renzi stava e sta umanamente antipatico. Per come parla, per come si comporta, per come si pettina, per che squadra di calcio tifa (e io li comprendo ovviamente solo per quest’ultimo punto).
Coloro che erano contrari nel merito alla riforma costituzionale. Forse non piaceva il senato fatto da amministratori locali, o forse non piaceva il riordino di competenze tra Stato e Regioni. Sono un sincero democratico, e su questa parte non ho nulla da aggiungere. La Costituzione rimane invariata perché così ha deciso il popolo sovrano. Punto.
Coloro che hanno voluto – votando No – esprimere un disagio verso l’azione di governo, le sue politiche economiche e l’approccio che ne ha retto le fondamenta. A rigore (e come abbiamo cercato di spiegare per mesi) non era quella la sede per esprimere questo disagio, ma mi sembra innegabile che questo effetto si sia verificato. In fondo per quanto mi riguarda il popolo è sovrano e il disagio è libero di esprimerlo dove e quando accidenti gli pare.
Il primo gruppo non attiene alla politica, e pertanto in questa sede non interessa. Costoro non andranno mai a prendere una birra o un caffè con Matteo Renzi, ma credo che tutti (loro compresi) se ne faranno una ragione. Gli altri due gruppi invece sono cruciali.
Da cittadino, da iscritto al partito di maggioranza relativa, e da pieno sostenitore dell’azione di governo, sento il bisogno di conoscere con precisione quanto è grande il secondo gruppo e quanto, invece, è grande il terzo gruppo. Perché apprezzo le sofisticate analisi di vecchi tromboni che pensano di sapere sempre tutto di come vota il popolo, ma preferisco andare direttamente alla fonte.
E conosco un solo modo per farlo. Chiederlo esplicitamente al popolo sovrano.
Andiamo a votare, per favore, il prima possibile.
(Opinione a titolo personale dell’economista Luigi Marattin, consigliere di Palazzo Chigi. Testo pubblicato su Facebook)