Unicredit ha preferito il miglior offerente in termini di prezzo, indipendentemente dalla nazionalità. Il gruppo guidato da Jean-Pierre Mustier (nella foto) ha scelto infatti la francese Amundi per la trattativa in esclusiva su Pioneer, la società del risparmio gestito messa in vendita in vista del nuovo piano industriale che sarà presentato la settimana prossima a Londra. Poste italiane esce così dalla trattativa. Per la società di Francesco Caio, che era in gara per Pioneer in cordata con Anima e Cassa depositi e prestiti, offrire di più non avrebbe garantito un ritorno adeguato agli azionisti, secondo gli addetti ai lavori.
Ecco i dettagli della trattativa relativa alla controllata di Unicredit che gestisce i fondi d’investimento ed è il sesto asset manager europeo con 225 miliardi di masse gestite.
LA SCELTA DI UNICREDIT
Unicredit e Amundi hanno comunicato ieri con una nota congiunta di avere avviato il negoziato in esclusiva per la possibile vendita delle attività di Pioneer Investment. Secondo Reuters, il gruppo francese lanciato da Crédit Agricole e SocGen avrebbe offerto oltre 3,5 miliardi di euro, ma non è chiaro se la cifra tenga conto dei 325 milioni di liquidità di cui dispone oggi Pioneer. L’offerta dei francesi ha superato quelle di Ameriprise e della cordata Poste-Cdp-Anima, le due ancora in corsa dopo l’uscita dalla trattativa degli scozzesi di Aberdeen.
GLI OSTACOLI
La somma messa sul piatto dalla cordata guidata da Poste si è fermata attorno a 3,3-3,4 miliardi. Inoltre con gli italiani non si sarebbe trovato l’accordo sulla distribuzione dei prodotti a marchio Pioneer. “Oltre all’offerta economica – spiega il Sole 24 Ore – era previsto un accordo di distribuzione dei prodotti di Pioneer sulla rete Unicredit che avrebbe riconosciuto alla banca importanti fees, ma il gruppo bancario non ha voluto approfondire le condizioni”. Il motivo? “La cordata Poste-Anima-Cdp chiedeva cinque anni, ma da Piazza Gae Aulenti è sembrato troppo”, ha scritto Marco Ferrando. Un accordo favorevole a Poste Italiane avrebbe mantenuto in mani italiane 145 miliardi di masse in gestione che si andavano ad aggiungere ai 147 già nella mani di Anima e Poste per un totale di circa 300 miliardi, che ne avrebbe fatto il terzo player del Paese dopo Generali e Intesa.
LA STRATEGIA DI POSTE
Poste, Anima e Cassa Depositi e Prestiti, nelle scorse settimane hanno organizzato un’alleanza che vivrà anche in assenza di Pioneer. Dopo la comunicazione di Unicredit il gruppo presieduto da Luisa Todini ha specificato che considera la crescita per acquisizione uno degli elementi del suo piano di sviluppo, “a condizione che gli investimenti vengano orientati su aziende con forti sinergie strategiche e industriali e che i valori investiti siano coerenti con le prospettive di ritorno per gli azionisti”. Caio ha ritenuto la sua offerta “coerente con criteri di selezione e valutazione degli investimenti che sono stati definiti nell’ambito del piano industriale”, per questo “ha concluso in accordo con i propri partner che, allo stato, un’operazione a valori più elevati, tenuto conto anche di altre opportunità di crescita esterna perseguibili grazie al rafforzamento dell’alleanza con Anima, non sarebbe in linea con obiettivi di ritorno adeguati per i propri azionisti”.
I PRESAGI DI POSTE
Tutti contenti quindi? Forse presagendo una possibile vittoria della francese Amundi nella gara per Pioneer, Todini ha detto nei giorni scorsi che “se non sarà Pioneer per noi sarà qualcosa d’altro. Per noi il risparmio gestito fa già parte di un binario tracciato”.
LA VERITÀ DEL SOLE 24 ORE
Ma per Laura Serafini del Sole 24 ore “in verità è la decisione in contropiede di Unicredit, arrivata tra domenica sera e lunedì, di andare in esclusiva con Amundi ad aver interrotto il percorso”. Tra l’altro “senza nemmeno che la banca avesse risposto a una serie di condizioni che Poste aveva proposto sull’accordo di distribuzione dei prodotti Pioneer a carico della banca e dopo aver fatto un rilancio consistente sulla prima offerta vincolante”, si legge sul quotidiano confindustriale che ha maturato una sua idea a riguardo: “Unicredit aveva deciso a priori di andare con chi offriva di più e ha aspettato di avere di fronte un governo indebolito, che avesse meno forza per contrastare la vendita di un pacchetto consistente del risparmio nazionale a un gruppo francese. La stessa nazionalità del nuovo ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier”, ha scritto Serafini.