Mettere in sicurezza il Monte dei Paschi di Siena. Venire incontro alle attese delle maggiori banche che hanno versato i contributi al Fondo di risoluzione per le 4 banche dissestate. Dare un quadro di certezza alle banche popolari dopo l’ordinanza del Consiglio di Stato che ha bloccato alcune disposizioni della Banca d’Italia sul recesso dei soci in caso di trasformazione delle popolari in società per azioni. Sono questi i principali obiettivi di un provvedimento di urgenza in cantiere al ministero dell’Economia e delle Finanza. Il dicastero retto da Piercarlo Padoan sta lavorando di concerto con gli uomini della Banca d’Italia per predisporre un decreto legge da approvare in caso di necessità e urgenza, specie se la crisi del piano privato di salvataggio di Mps non si realizzerà neppure con la garanzia pubblica Gacs già prevista. I vertici del Monte hanno chiesto una proroga alla Bce fino al 20 gennaio per delineare un futuro alla banca ora guidata dall’amministratore delegato, Marco Morelli. Ma la Bce ha risposto picche. Ecco tutti i dettagli
LA RIUNIONE AL TESORO
Incontro al Tesoro stamattina per i vertici di Banca Mps ricevuti dal ministro Pier Carlo Padoan. Ad accompagnare l’amministratore delegato Marco Morelli anche gli advisor e capofila del consorzio Jp Morgan e Mediobanca (secondo un report di Mediobanca Securities, Bruxelles non si opporrà a un salvataggio anche statale di Mps). Una riunione per fare il punto sulla situazione in attesa che si pronunci la Bce sulla richiesta di proroga al piano di ricapitalizzazione. In assenza di proroga il Tesoro dovrebbe varare un decreto nel week-end per consentire al Monte dei Paschi di passare al piano B con un intervento pubblico per la ricapitalizzazione. E la proroga, in effetti, non è arrivata.
GLI ASPETTI IN BALLO
Il menù del provvedimento in fieri tra Tesoro e Bankitalia è presto detto: si va dal rafforzamento patrimoniale chiesto dalla Bce alla banca senese e ora in fase di stallo alla riscrittura della riforma sulle popolari, bacchettata dal Consiglio di Stato per sospetta incostituzionalità sul diritto di recesso ai soci contrari (e ora di fatto le assemblee di trasformazione in spa di Popolare Bari e Sondrio sono a rischio); dalla sistemazione dei crediti fiscali differiti che penalizza alcuni istituti (e complica la ricapitalizzazione di Mps e di Unicredit) alla rateizzazione dei 2 miliardi da versare al Fondo di risoluzione, che se pagati tutti subito manderebbero in rosso i bilanci 2016 di diverse banche (qui l’approfondimento di Formiche.net con i tentativi finora andati a vuoto in Parlamento).
LE LIMATURE TECNICHE
Le modalità tecniche con cui il governo scioglierà gli ultimi nodi bancari sono in rifinitura. “Il punto cardine – scrive Repubblica – collega alle norme italiane dell’art. 32 della Brrd sulla ricapitalizzazione precauzionale pubblica, prevista in caso di bocciatura agli stress test (caso di Mps) e per cui lo Stato subentra al consorzio bancario nel garantire la ricapitalizzazione, che comunque andrebbe fatta sul mercato. Anche la vendita dei cattivi crediti Mps in rifinitura resta in agenda: con garanzie statali e Atlante compratore”.
I NODI DA SCIOGLIERE
Per evitare il Bail in di Mps, dunque, con il decreto – in virtù della normativa europea – è probabile che comunque vengano sacrificati azionisti e obbligazionisti subordinati (il cosiddetto burden sharing). Per i piccoli risparmiatori potrebbe essere prevista una qualche forma di indennizzo, ma sono decisioni e dettagli da stabilire.
GLI ULTERIORI OBIETTIVI
Altri aspetti del decreto in gestazione, come detto, riguardano i nuovi versamenti al Fondo di risoluzione, da rateizzare in 5 anni, e “sulle Dta per utilizzare in compensazione nell’acconto 2016 i pagamenti di luglio effettuati però a valere sul 2015”, scrive Il Sole 24 Ore.