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Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ecco problemi e incognite

popolare di vicenza

Neppure una fusione potrà salvare Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca? È questa la domanda/conclusione di un’analisi condotta da Uilca, il sindacato dei lavoratori operanti nei settori del credito, esattorie e assicurazioni, sui dati patrimoniali delle due banche al 30 giugno 2016. Ecco quali sono secondo Uilca i problemi del matrimonio tra le due banche venete che il Fondo Atlante presieduto da Alessandro Penati ha affidato all’ex amministratore di Mps, Fabrizio Viola, che proprio ieri ha espresso perplessità sulla tempistica della fusione.

L’ANALISI

La ricerca della Uilca, affidata a Roberto Telatin, padovano, responsabile del Centro Studi Uilca “Orietta Guerra”, ipotizza cosa determinerebbe una fusione delle due banche, sia sotto il profilo patrimoniale che quello occupazionale. “Pur non addentrandoci nell’analisi dei singoli processi, – si legge nello studio – vediamo che l’istituto che nascerebbe si collocherebbe come dimensione allo stesso livello di Banca Popolare dell’Emilia Romagna (Bper)”.

I RISULTATI

Il dato sul cost/income di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca ottenuto dall’analisi sui dati patrimoniali condotta da Uilca è risultato molto sopra la media del settore in Italia (60%). “Tal elevato valore – si legge nello studio – è da imputare più alla contrazione dei ricavi che alla crescita dei costi, e questo in banche in difficoltà è normale. Infatti, per riuscire ad attrarre clienti devono diminuire gli spread sui prestiti e aumentare quelli sulla raccolta, per questo il margine d’interesse decresce”.

LA DISTRIBUZIONE DEGLI SPORTELLI

La distribuzione nel territorio degli sportelli dei due istituti è predominante nel Veneto, dove vi sono il 37,76% delle filiali di Banca Popolare di Vicenza e 34.44% di Veneto Banca. La ricerca ha esaminato anche la presenza in altre regioni italiane: Piemonte e Puglia sono i maggiori insediamenti di Veneto Banca mentre Toscana e Sicilia di Banca Popolare di Vicenza. In Lombardia, entrambe le banche sono presenti con 122 sportelli complessivamente.
“In caso di fusione è certo che una parte delle filiali sarà chiusa, anche se per tal eventualità bisogna attendere un piano di fusione che evidenzi il modello bancario prescelto”, spiegano gli esperti del Centro Studi Uilca “Orietta Guerra”.

LE IPOTESI PER IL VENETO

Soffermandosi sulla distribuzione degli sportelli nella sola regione Veneto, Uilca evidenzia come vi siano 58 comuni dove entrambe la banche sono presenti con filiali e come gli sportelli in queste piazze comuni siano 123, pari al 37,4% della somma delle loro filiali nella regione veneto. Il risultato? “È comprensibile che in un’eventuale fusione tra queste due banche vi sarà un processo di consolidamento nelle piazze che entrambe servono, per cui non è difficile ipotizzare una cessione o chiusura di una parte delle 123 filiali presenti nelle piazze comuni”.

LA CONCLUSIONE

L’analisi dei dati al 30 giugno 2016 ha messo in evidenza secondo gli studiosi la debolezza strutturale delle due banche, difficile da risolvere anche in seguito ad una loro fusione. Ecco perché: “Il confronto con competitor di pari dimensioni post fusione riconferma come non è la dimensione, il problema ma il loro posizionamento sul mercato: sono troppo piccoli nei mercati regionali dove sono presenti e la loro forza nel Veneto rischia di essere minata da competitor che continuano a sottrar loro raccolta ed impieghi. Vi è inoltre una debolezza originata dall’elevata quantità di crediti deteriorati che anche qual ora fossero cartolarizzati, da soli non risolverebbero i problemi di redditività. È auspicabile una fusione con un istituto di credito più solido che possa imporre un livello di gestione più efficiente e che sia percepito come più affidabile nel mercato”.



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