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Perché Renzi non può sorprendersi del No incassato il 4 dicembre. Report Istituto Cattaneo

Il No alla riforma costituzionale ha stravinto nel referendum del 4 dicembre 2016, sfiorando il 60 per cento dei consensi a livello nazionale. Non si tratta di un risultato imprevedibile, vista la consistenza elettorale dei partiti che sostenevano rispettivamente il Sì e il No, posto che gli elettori seguissero fedelmente le loro indicazioni. Il fronte del No accomunava infatti gli elettori a sinistra del Pd (Sel e Rivoluzione Civile), quelli di centro-destra (Pdl, Ln e loro alleati minori) e quelli del Movimento 5 Stelle. Se sommiamo le percentuali di voto di questi soggetti alle elezioni politiche del 2013, arriviamo ad un dato (59,7 per cento) quasi perfettamente allineato con il voto al No nel 2016. Il voto del 2013, per quanto distante nel tempo, è a nostro avviso quello che meglio fotografa le preferenze politiche degli italiani, trattandosi di un voto politico, e quindi meno legato alle contingenze territoriali (come accade alle elezioni regionali e amministrative) e ai temi dell’integrazione europea (come accade alle elezioni per il Parlamento europeo).

Possiamo dunque dare per certo che gli elettori delle liste che sostenevano il No siano stati così disciplinati? Soprattutto, lo sono stati in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale?

L’Istituto Cattaneo ha svolto in proposito un’analisi sui dati elettorali disaggregati per provincia. In particolare, abbiamo confrontato il voto al No nel referendum costituzionale con il voto, nelle elezioni politiche del 2013, ai partiti che hanno sostenuto il No alla riforma. La cartina riportata sotto permette di visualizzare i risultati di tale operazione. Le province in rosso sono quelle dove il No ha ottenuto meno voti di quelli teoricamente disponibili sulla base del voto del 2013, le province in verde sono invece quelle dove il No ha avuto un risultato migliore delle liste che lo sostenevano. I colori sono graduati, perciò un verde più scuro indica un risultato migliore per il No; analogamente un rosso più scuro indica che i No sono stati molti meno rispetto alle liste che avevano dato tale indicazione.

La cartina è molto ben definita dal punto di vista territoriale. Il No va meglio, nel senso che riesce ad andare oltre ai consensi delle liste che lo sostengono, in quasi tutte le province meridionali, nelle isole e in gran parte del nord-est. Viceversa, in quasi tutte le province della “zona rossa” (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche) e del nord-ovest, il No rimane al di sotto dei consensi ottenuti dalle liste che lo sostenevano. In molte di queste province il No ha comunque prevalso, dato il vantaggio di partenza su cui poteva contare.

La strategia di Matteo Renzi, volta a conquistare consensi alla riforma fra gli elettori di centro-destra e del Movimento 5 Stelle, non ha avuto successo. Dove un po’ di consensi sono stati effettivamente conquistati (nord-ovest e zona rossa), questi sono stati insufficienti a colmare il distacco di partenza. Altrove (nord-est, sud, isole), la strategia è stata ancor più infruttuosa: il fronte del No si è dimostrato coeso e addirittura in grado di attrarre voti aggiuntivi rispetto al dato del 2013.

Fig. 1. Differenza fra i voti ottenuti dal No nel referendum del 2016 e i voti ottenuti dalle liste che sostenevano il No nelle elezioni del 2013

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Verde scuro: massimo incremento del “No” rispetto al 2013

Rosso scuro: massimo decremento del “No” rispetto al 2013

(Tratto dal sito dell’Istituto Carlo Cattaneo)

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