Nella notte tra martedì e mercoledì gli israeliani hanno colpito l’aeroporto di Damasco con l’obiettivo di bloccare carichi d’armi diretti ai miliziani Hezbollah. Che cosa sta succedendo? Lo chiediamo a Eugenio Dacrema, research associate all’Ispi e dottorando all’Università di Trento: “In generale, si può dire che questi attacchi rientrano all’interno dell’accordo diretto stipulato tra Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu, con il quale si darebbe mano libera agli israeliani per colpire Hezbollah, ed evidentemente anche installazioni del regime che li ospitano. C’è da aggiungere che in questa fase anche i russi hanno probabilmente un particolare interesse per un ridimensionamento di Hezbollah e in generale dell’Iran e dei suoi alleati”.
ISRAELE E LA SIRIA
In effetti si è trattato del secondo attacco del genere nel giro di una settimana: Gerusalemme, è noto, ritiene questi passaggi di armi opera dell’Iran. Che cosa si dice in Libano? “Prima di tutto – commenta Dacrema – bisogna dire che gli attacchi israeliani in territorio siriano però non sono un elemento nuovo. Dal 2012 in poi, ovvero dall’inizio del coinvolgimento di Hezbollah nel conflitto siriano, Israele ha monitorato le attività della milizia libanese con due obiettivi principali. Da un lato evitare che armamenti pesanti o perfino armi chimiche finissero nelle mani del gruppo sciita. Dall’altro colpire figure di rilievo della gerarchia di Hezbollah in momenti di relativa vulnerabilità, ovvero durante i loro spostamenti lungo il confine e in Siria”. In entrambi questi obiettivi Israele sembra aver avuto successo, soprattutto nel secondo: “Nella città di Tiro, nel sud del Libano, c’è una grande foto che ritrae l’intera gerarchia di Hezbollah, aggiornata a prima del conflitto siriano. Al centro c’è il leader di sempre, Hassan Nasrallah, e intorno, a centri concentrici, i più importanti leader. Prima quelli militari, poi quelli politici. Se si guarda quella foto oggi si nota che quasi tutte le figure che costituiscono il cerchio di ritratti più vicino a Nasrallah, la leadership militare, sono morte negli ultimi 5 anni, perlopiù uccisi durante operazioni in Siria per mano dell’aviazione israeliana”.
TAMPONARE HEZBOLLAH
Ma qualcosa sta cambiando? “Gli attacchi degli ultimi giorni hanno però un paio di elementi di novità. Innanzitutto a essere colpita è stata un’installazione di una certa importanza del regime siriano, l’aeroporto Mezzeh di Damasco, che è certamente utilizzata anche da Hezbollah. E va sottolineato che in precedenza gli israeliani avevano evitato di colpire direttamente il regime in questo modo. In secondo luogo, per la prima volta in questi 5 anni le autorità israeliane hanno ammesso esplicitamente di aver compiuto l’attacco”. Sono circolate anche altre informazioni su azioni del genere nell’area di Aleppo Ovest, e forse non sono stati gli israeliani in quel caso… “Sì esatto, per l’esattezza nei villaggi di Zahra e Nubbol. Un paio di settimane fa ‘aerei non identificati‘ avrebbero colpito degli obiettivi in questi villaggi, da tempo sotto controllo del regime”. Chi e perché? “Sul chi, le voci parlano abbastanza esplicitamente di aerei russi, mentre sul perché, ovviamente restando nelle informazioni ‘ufficiose‘, pare che a essere stati colpiti siano due campi di addestramento per le milizie iraniane e filoiraniane nella zona. L’Iran e le milizie che controlla hanno una presenza molto significativa nell’area in quanto una fetta consistente dell’offensiva del regime su Aleppo è di fatto costituita appunto da formazioni iraniane, irachene, afghane, e ovviamente libanesi”.
RIDIMENSIONARE L’IRAN
Ma Russia e Iran non sono gli alleati storici che danno sostegno a Damasco? Qual è la ragione per cui i russi si spingerebbero a tanto? C’entra la possibilità di essere più “potabili” per un futuro di lavoro insieme all’Amministrazione Trump? “Che tra Russia e Iran ci sia da tempo una certa rivalità per conquistare un’influenza prevalente sul regime non è un segreto, potremmo dire che è così sin dall’inizio. Ma questo non basta a spiegare un atto del genere da parte dei russi. Possibile che entri più nella logica russa di voler presentare alla presidenza Trump al momento del suo insediamento un pacchetto di accordo sulla Siria costituito da alcuni elementi fondamentali. Innanzitutto un regime saldamente in controllo di tutti i maggiori centri urbani, compresa Aleppo. Ma si potrebbe dire che i responsabili russi in questo periodo stiano tentando i ‘decifrare‘ gli orientamenti possibili della futura amministrazione. E mentre appare chiaro che Donald Trump abbia simpatia per Mosca e non abbia nessun interesse a essere ancora coinvolto nella guerra civile siriana, Isis a parte, è anche chiaro che molti nella sua amministrazione siano piuttosto sensibili e ostili a una presenza e a un rafforzamento dell’Iran. La Russia starebbe quindi in qualche modo tentando di circoscrivere la presenza dell’Iran e del suoi alleati in Siria in modo da poter presentare alla nuova amministrazione una situazione sul campo più accettabile”.
ALLUNGARE LA LINEA FINO ALL’EGITTO
Due giorni fa un giornale libanese, Alakhbar News, ha scritto che entro fine anno 200 consulenti dell’esercito egiziano saranno in Siria a sostegno del regime, ossia alleati della Russia, con cui il Cairo ha nell’ultimo anno sviluppato un certo feeling. È la seconda volta che escono notizie del genere in poche settimane (la prima erano state smentite dal governo egiziano). Anche questo rientra nell’ottica di ridimensionamento dell’Iran? “Sì, in realtà la notizia ha fatto già il giro del mondo e addirittura ieri il giornale pan-arabo al-Quds al-Arabiyya gli ha dedicato l’intero corsivo principale. Concordo con gran parte della loro analisi: innanzitutto questo intervento segna l’ennesima spaccatura fra Egitto e Arabia Saudita. Anzi, fra Abdel Fattah al Sisi e Arabia Saudita. Riad era stata il principale sponsor della sua ascesa al potere, pagata a suon di miliardi per sostenere la traballante economia egiziana. Qualcosa si è rotto tra i due alleati, a partire dal rifiuto egiziano di prendere parte alla campagna saudita in Yemen. Ora Sisi cerca nuovi alleati (e nuovi finanziatori). E pensa di averne trovato uno nella Russia di Putin. L’arrivo dei militari egiziani in Siria a mio parere rientra nel disegno russo di ridimensionare la presenza e l’influenza iraniana, in questo caso aggiungendo un terzo player militare, e prossimamente anche politico, nei giorni interni siriani. L’Egitto attuale è debole anche a livello regionale, ma è sicuramente per la Russia un utile contrappeso regionale (e arabo) all’Iran in Siria”.
ZABADANI, L’ESEMPIO
Una caso emblematico potrebbe essere considerato Zabadani. “Certamente Zabadani è un caso emblematico del conflitto di influenza tra Russia e Iran (e i suoi alleati). Dopo aver ripreso il controllo della piccola cittadina ed evacuato i ribelli armati e le loro famiglie il regime siriano aveva di fatto attuato una politica di vera e propria sostituzione della popolazione preesistente con popolazione sciita. Il disegno sembrava essere la trasformazione di Zabadani, che si trova in una posizione strategica tra Damasco e il confine libanese, in un hub strategico per Hezbollah, con tanto di depositi d’armi e campi d’addestramento. Questo progetto si è però di fatto interrotto con l’intervento diretto russo nel paese, probabilmente in accordo anche con Israele”.
(Foto: Kremlin.ru, il presidente iraniano Hassan Rouhani a Mosca con Vladimir Putin)