Pubblichiamo la seconda parte di un’analisi di Alessandro Pandolfi, specializzato in questioni legate al mondo post-sovietico (la prima parte è qui), a cui abbiamo rivolto diverse domande sulla sovrapposizione tra il tema del momento, la Post-Verità, le false notizie e la propaganda statale russa.
Quali sono i motivi che hanno portato la macchina propagandistica russa ad avere successo? “Una delle caratteristiche principali di RT e Sputnik è la loro natura anti-establishment – risponde Pandolfi – Le analisi condotte e le stesse autorappresentazioni di queste reti confermano la volontà di discostarsi dai cosiddetti media mainstream (la grande stampa internazionale, ndr) per fornire contenuti differenti”. Un esempio? “La direttrice di RT, Margarita Simonyan, è convinta che il pubblico globale non creda ai media mainstream (ma si legga pure occidentali), un dato che la rete ha incorporato nello slogan ‘Question more’. I giornalisti riflettono il clima politico-culturale domestico ed esprimono la convinzione che l’oggettività dei media semplicemente non esista. Ma gli strateghi russi hanno individuato i macro-trend esistenti in Occidente, in modo da sfruttarli per i propri scopi. Tra questi le vulnerabilità del sistema informativo 2.0, che pone le sale stampa sotto crescente pressione e limita il tempo per i dovuti controlli, o ancora le nuove possibilità di sovversione online (come il trolling), e in generale un panorama politico sempre più favorevole”.
IN UNA PAROLA: DISINFORMATIA
Quali sono le caratteristiche di questo tipo di stampa? Risponde Pandolfi: “Parzialità manifesta, citazioni parziali e/o selettive, decontestualizzazioni, ogni tipo di manipolazione, scelta di ospiti amici e, più in generale, standard giornalistici del tutto incomparabili a quelli della migliore concorrenza internazionale, sono queste le linee che dipingono i network internazionali del Cremlino”. Poi c’è tutto un mondo parallelo che rilancia e diffonde la linea. La rete di fittizi siti news, improbabili outlet d’informazione e generatori di ogni genere di cospirazione spesso a sfondo neanche tanto velatamente ideologico, è ancora più fitta e aggressiva. Un network ampio caratterizzato da vere e proprie corazzate della propaganda e della disinformazione che si citano e si legittimano creando una vera e propria realtà parallela auto-referenziale che sembra aver catturato una parte dell’audience occidentale”. C’è un humus su cui certe istanze attecchiscono, un po’ quello di cui parla il professor Floridi: penso per esempio alle Teorie del Complotto. “Sì, una retorica particolarmente usata è quello del cospirazionismo, un vero proprio strumento di (dis)informazione del Cremlino impiegato per delegittimare i governi occidentali, come ha concluso uno studio di Ilya Yablokov, che insegna Politica, storia, media russi all’Università di Leeds. Il cospirazionismo è una tecnica peraltro già ampiamente utilizzata dai sovietici con buoni risultati durante la Guerra fredda; la nuova disinformatia è tuttavia più immediata ed economica potendo essere facilmente creata, lanciata online e diffusa in modo virale, anche grazie al trolling e alle troll factories“.
TEORICI IMPROBABILI
Per Pandolfi questi, buoni, risultati sono stati ottenuti anche grazie all’impiego di una serie di improbabili ospiti che vanno dai leader radicali fino agli autonomitatisi “esperti”, passando per i più noti teorici della cospirazione. “Tra le star di questo apparato propagandistico, figurano infatti tutti i principali leader di partiti e movimenti anti-sistemici europei, sia di destra che di sinistra. Rappresentanti delle milizie, teorici della cospirazione e altri stravaganti ospiti, occupano regolarmente gli spazi di RT America, che si è distinta inoltre per una copertura precoce e ossessiva delle proteste di Occupy Wall Street”. Un pot-pourri che ha come fine il contrasto alle ricostruzioni oggettive diffuse dai media mainstream. “Lo studioso Anton Shekhotosv ha evidenziato sul sito dell’istituto di ricerca londinese Legatum che questa dinamica vede l’impiego di qualsiasi commentatore che per varie motivazioni possa sostenere le posizioni di Mosca o attaccare il sistema domestico e la politica estera occidentali. Una strategia che l’autore definisce di aperta ‘sovversione della narrativa mainstream occidentale’ mirata neanche troppo velatamente a indebolire l’integrazione europea, compromettere la tenuta euroatlantica, destabilizzare la NATO e impedire politiche energetiche o accordi commerciali sfavorevoli per il Cremlino”.
SOFT-POWER, SOFT-WAR
Dunque queste dinamiche propagandistiche non sono troppo scindibili dalla dimensione del soft power e del targeting politico-ideologico. “Direi di sì. Queste dinamiche possono essere incoraggiate da chi detiene determinate risorse, prima di tutto informative, ma anche in termini di influenza politica. La Federazione russa ha un bagaglio di know-how di assoluto rispetto in termini di sovversione e ingegneria sociale, in particolare nel coltivare il dissenso in Paesi terzi: conoscenze che sono ben conservate nei suoi apparati d’intelligence. In questo complesso ambito le dimensioni della propaganda, del soft power e della sovversione dei servizi si fondono e diventano indistinguibili, come dimostra la riscoperta del tema delle misure attive, ovvero le manipolazioni politico-informative già tipiche del Kgb. Questo genere di operazioni è, per esempio, sospettato di aver favorito la vittoria di Donald Trump alle elezioni statunitensi. Vari analisti hanno evidenziato il supporto che la campagna anti-Clinton ha ricevuto dalla Russia tramite propaganda ufficiale, disinformazione e trolling”. Il rapporto tra la diffusione di notizie false e la disinformazione del Cremlino è stretto, come evidenzia una recente analisi del Washington Post. “Un’indagine ha individuato più di 200 siti web fornitori di propaganda russa durante la corsa elettorale, con un’audience di 15 milioni di utenti e 213 milioni di visite dei contenuti. Una goccia nell’oceano di disinformazione online sulla quale mancano ancora studi dettagliati e che non tiene conto della disinformatia più sofisticata, quella che opera tramite fronti artificiali e agenti d’influenza (si pensi ad esempio ai potenziali punti di contatto con l’operato di WikiLeaks)”, anche questi tracciati durante le presidenziali americane.
POST-VERITA’ E ALTRA-VERITA’
Sono questi i punti di contatto tra post-verità e propaganda? “Il tema della ‘post-verità’, della politica che procede incurante dei dati di realtà o dal sapere scientifico, si fonde con quello dell”altra-verità’ ovvero della sponsorizzazione di queste tendenze anti-sistemiche da parte di precisi attori e dei relativi megafoni. All’estero il tema della propaganda e dell’influenza russa ha finalmente iniziato a essere trattato da parte di analisti, centri di ricerca e accademici. L’East StratCom dell’UE produce regolarmente analisi dei tentativi di ingannare e sovvertire il clima politico-informativo europeo con lo slogan ‘Don’t be Deceived. Question even More’ per esempio. E lo stesso fa il Centro di Eccellenza della NATO per la Comunicazione Strategica (COE STRATCOM)”. Ci sono state anche risoluzioni a livello di Parlamento Europeo, giusto? “La recente risoluzione del Parlamento UE che chiede di contrastare la propaganda russa e il supporto alle forze anti-europee parla di ‘sfida ai valori democratici, divisione e discredito dell’Europa’. Tradotto in termini concreti si tratta di guerra informativa e sovversione mediante varie forme di ingerenza e influenza per fronteggiare le quali le istituzioni europee non hanno ancora il know-how e le risorse necessarie. Uno studio del 2014 individuava una vasta e multisciplinare rete di centri di ricerca, accademie e agenzie governative (si parla di almeno 74 istituzioni) dedite all’ambito dell’‘Informatsionnaya Voyna’, la guerra informativa, concepita in Russia in modo particolarmente ampio (e includente sia gli aspetti informativo-psicologici che quelli informativo-tecnologici, ndr). Il confronto con i timidi tentativi di reazione occidentale è spietato. Inoltre alla base di tutto si trovano decisioni politiche difficili da prendere nel contesto attuale. In Italia poi, questo dibattito non è mai giunto o lo ha fatto in modo distorto proprio a causa di ciò che si vuole combattere”.