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Che cosa (non) si è detto nel summit dei sindaci in Vaticano sui rifugiati

Virginia Raggi con Papa Francesco alla celebrazione dell'Immacolata Concezione

Si è tenuto venerdì e sabato in Vaticano il summit “Europa: i rifugiati sono nostri fratelli e sorelle”. Location dell’evento, la Casina Pio IV. Organizzatore, la Pontificia accademia delle Scienze. Il menù prevedeva gli interventi di decine di sindaci europei (da 12 a 20 i minuti concessi a ciascuno), mentre l’obiettivo finale, come si legge sul sito della Pontificia accademia delle Scienze è chiaro: “Urge che i sindaci, in quanto autorità più vicine alla cittadinanza, mettano a disposizione le loro competenze per accogliere e regolarizzare tutti i migranti e i rifugiati. E’ necessario che la voce dei Sindaci venga ascoltata per promuovere la costruzione di ponti e non di muri. E’ necessario che la loro autorità sia al servizio dello sviluppo sostenibile e globale, della giustizia e della pace”.

SLOGAN E PROMESSE SOLENNI

E gli interventi, ça va sans dire, sono stati tutti in linea, tra slogan roboanti e promesse solenni. “Basta guerre, basta razzismo, basta morte”, ha detto Ada Colau, sindaco di Barcellona e promotrice dell’evento, mentre il sindaco di Lisbona, Fernando Medina, ha tuonato contro la volontà politica, ricordando altresì che in passato l’Europa di migranti ne accoglieva ben di più e senza fare troppe storie. Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, anche lui presente al Summit, ha tagliato corto: “A Palermo non abbiamo migranti, perché per decisione del sindaco (cioè sua, ndr) chiunque arriva a Palermo diventa palermitano”, prima di definire “genocidio” la morte in mare di quanti cercano riparo in Italia.

IL LEGAME CON LESBO

Più pragmatico (e forse realista) è stato l’ntervento del sindaco di Lesbo, da mesi ormai primo avamposto dell’emergenza senza che Bruxelles si sia data troppo da fare: “O il nostro continente è l’Europa dell’accoglienza e della democrazia, o semplicemente non è Europa”. Il che richiama le parole che pronunciò la scorsa primavera il Papa durante la sua trasferta lampo sull’isola, quando sferzò (inutilmente) i leader comunitari a fare qualcosa sia per garantire un futuro decente alle centinaia di migliaia di profughi giunti sulle coste dell’Unione sia per salvare l’ideale (e l’idea, si potrebbe aggiungere) di Europa.

L’INTERVISTA DEL PAPA AL SETTIMANALE BELGA

In questo senso è utile leggere i passaggi dell’intervista concessa pochi giorni fa al settimanale belga Tertio, dove Francesco spiega che una delle cause del declino dell’Ue è la mancanza di leader “che vadano avanti”. Una critica severa che riprende quanto il Pontefice aveva detto in altre tre occasioni: i due discorsi a Strasburgo dell’autunno 2014 (al Parlamento europeo e al Consiglio d’Europa) e ricevendo il Premio Carlo Magno lo scorso maggio. Bergoglio notava che il declino è dovuto alla mancanza di visione, di progetti, di solidarietà. Mancano, aggiungeva, i De Gasperi, gli Adenauer e gli Schuman.

LE OPINIONI OPPOSTE DI VIRGINIA RAGGI

Il problema è che spesso quanto udito negli interventi pronunciati nella Casina Pio IV non rispecchiano quanto gli stessi primi cittadini poi mettono in pratica una volta tornati nelle città che amministrano. Emblematico, in tal senso, è stato l’intervento del Sindaco di Roma, Virginia Raggi (prosegue il disgelo con il Vaticano: dopo il mancato invito all’udienza di fine Giubileo, c’era già stata la stretta di mano con il Papa in Piazza di Spagna, l’8 dicembre). Roma, ha detto Raggi, è una città votata all’accoglienza, ma “deve fare di più”. Che poi è l’opposto di quanto il Sindaco aveva detto solo lo scorso 28 novembre: “Mettere cento tende oggi significa che domani di migranti che ne ritroviamo duecento. La priorità è stoppare le quote migranti su Roma. La città è satura, non può accogliere più”.

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