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Titoli di Stato, fissazioni e boomerang per la Germania

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Già da qualche tempo, i titoli di stato stanno di nuovo dando segni di grande nervosismo: i rendimenti evidenziano oscillazioni sempre più ampie ed improvvise, gli spread sono di nuovo sotto pressione. Tuttavia, ciò che dovrebbe preoccupare davvero è che queste turbolenze sui titoli pubblici si stanno mischiando con le crescenti tensioni registrabili nei principali sistemi bancari europei generando così una miscela pericolosa ed instabile. E questo deriva dal fatto che, sempre con maggior frequenza, soggetti apicali quali il ministro delle finanze tedesco Schaeuble ed il presidente della Bundesbank insistono sull’assoluta necessità di fissare precisi limiti alla quantità di titoli pubblici che le banche possono ospitare nei loro attivi.

Ovviamente l’indice è puntato, in generale, sulle banche mediterranee ed in particolare sulle banche italiane e spagnole che detengono una quantità di titoli sovrani del proprio Paese ben al di sopra della media europea. Nella stessa scia, ad aprile scorso, un rapporto non casuale dell’allora Presidenza olandese della UE ha ipotizzato una serie di soluzioni al problema compresa la possibilità di imporre alle banche un tetto prefissato alla detenzione di titoli di stato. Da evidenziare che, attualmente, molti ritengono che questo tetto debba essere fissato al 25% del patrimonio della banca.

Ora, non c’è dubbio che, in linea di principio, si possa anche ragionare sulla opportunità di allentare il nesso tra rischio sovrano e rischio banca. E questo anche in considerazione del fatto che questo legame assume una rara intensità in Europa dove la maggior parte dei titoli pubblici è detenuta dai diversi sistemi bancari. Il problema è che la pressante richiesta di tedeschi ed accoliti di imporre alle banche il rispetto di una soglia sui titoli sovrani pare dettata più da motivazioni politiche che da ragioni di ordine economico finanziario. E, in particolare, appare collegata alla necessità di rendere più digeribile per il Bundestag e, soprattutto, per gli elettori tedeschi l’ormai inevitabile introduzione di una garanzia unica europea su tutti i depositi bancari (terzo pilastro dell’Unione Bancaria).

In sintesi, i punti salienti dell’equazione alla base della posizione tedesca sono i seguenti: 1) la condivisione dei rischi sui depositi delle banche (specie mediterranee) comporta maggiori rischi per la Germania 2) di conseguenza è necessario ridurre la rischiosità delle banche, specie mediterranee, svincolandole dal rischio di default sovrano 3) per ottenere ciò è necessario applicare un tetto al possesso da parte delle banche di titoli pubblici. A questo punto si rendono forse opportune due semplici considerazioni.

La prima è che, ormai molti “matematici”, guardando alla situazione di Deutsche Bank (DB), di Commerzbank ed alla nebulosa delle Landesbank, contestano la validità della citata equazione tutta imperniata sulla presunta maggiore rischiosità delle banche mediterranee e dei loro Paesi di appartenenza. Personalmente sarei molto più tranquillo se DB decidesse di cedere una buona fetta dei suoi misteriosi derivati in cambio di BTP e Bonos spagnoli. E penso che lo sarebbe anche il FMI che ha definito di recente Deutsche Bank come la prima fonte di rischi per il sistema finanziario globale.

La seconda è che, in caso di improbabile default sovrano di Paesi del calibro di Italia, Spagna etc, il tetto in esame servirebbe a ben poco. I sistemi bancari coinvolti sarebbero comunque travolti dall’esplosione del tasso di insolvenza, da una crisi di sfiducia dei mercati, dall’esplosione dei costi di raccolta. In questo caso la presenza di abbondanti dosi di titoli di stato nella pancia delle banche costituirebbe probabilmente l’ultimo dei problemi.

Dunque, il vero rischio consiste nel voler fronteggiare un evento del tutto incerto ed improbabile (crisi bancaria derivante da un default sovrano) con misure in grado di produrre un danno certo ed immediato (applicazione del tetto). L’ European Systemic Risk Board ha calcolato che l’eventuale applicazione della citata soglia del 25% imporrebbe alle banche europee di vendere circa 716 mld di titoli di stato pari al 43% dell’attuale esposizione totale ai titoli pubblici. In Italia, secondo Mediobanca Securities, le primarie banche dovrebbero scaricare circa 150 mld di titoli sugli oltre 400 complessivamente detenuti. E allora, nell’attuale scenario già sottoposto a massicce iniezioni di incertezza, eviterei accuratamente di esporre i sistemi bancari, imprenditoriali ed assicurativi europei alle imponderabili conseguenze di questa inutile vendita forzata. Anche perché potrebbe fare più danni dell’onda anomala generata dall’eruzione del Krakatoa nel 1883.

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