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Airbus e Boeing minano i progetti di Trump sull’Iran?

Trump

Airbus ha annunciato giovedì di aver chiuso un accordo per la vendita di 100 aerei all’Iran. In un comunicato stampa Fabrice Brégier, presidente e direttore generale del colosso di Tolosa, ha detto che questo accordo è un segnale al mondo che gli obiettivi commerciali dell’Iran e delle sue controparti “sono meglio raggiungibili con la cooperazione e la collaborazione internazionale”.

Pochi giorni fa un annuncio simile aveva riguardato un’altra grande società del mondo dell’aerospazio: la Boeing, che aveva chiuso un analogo contratto di fornitura da ottanta aerei. Farhad Parvaresh, presidente e amministratore delegato di Iran Air, la compagnia nazionale iraniana a cui andranno i velivoli, ha detto che questa è la “fase decisiva” dell’ammodernamento di una delle più vecchie flotte in circolazione. Funzionari iraniani dicono al New York Times che di aerei ne servirebbero 400 in totale, perché sono tutti vecchi, e su questo ha gravato pesantemente il regime sanzionatori applicato dagli Stati Uniti già dai tempi della rivoluzione khomeinista del 1979, acuito dalle sanzioni per il programma nucleare. Ora però quelle sanzioni sono sollevate dal Nuke Deal chiuso da Barack Obama nel luglio del 2015, e l’Iran – seppur non completamente riqualificato a livello di fiducia diplomatica – può tornare a siglare affari con le grandi compagnie internazionali.

Ci sono 26 miliardi di dollari che ballano sui tavoli in cui si sono firmati i due contratti, e questo è un messaggio implicito a Donald Trump e alla sua amministrazione che verrà. Trump ha più volte criticato l’accordo sul nucleare siglato da Obama con Teheran, incontrando le posizioni molto dure espresse dal suo partito (e anche da una parte dei democratici) e quelle israeliane – che considerano il deal con cui l’Iran è stato tolto dalla lista dei cattivi una iattura esistenziale. Il presidente eletto durante la campagna elettorale diceva di volerlo stracciare quell’accordo (o rivedere, a secondo di quanto fosse concitata la sua trattazione al momento), ora però si trova davanti un fatto compiuto: i colossi dell’economia globale chiudono affari con Teheran anche in virtù di quell’accordo e mandano il segnale di procedere con cautela.

Boeing ha già detto che la vendita di velivoli all’Iran permetterà la creazione di migliaia di posti di lavoro, argomento caro a Trump che come primo passo presidenziabile ha lavorato al salvataggio di un migliaio di posti di lavoro della Carrier, una ditta di condizionatori dell’Indiana che pensava di spostarsi all’estero. Allo stesso momento, un’altra interpretazione: se gli uffici commerciali di Airbus e Boeing hanno deciso di procedere, significa che hanno buone sicurezza sulla stabilità dell’accordo – poi ci sono le clausole di uscite dai contratti che minimizzano i rischi. E in effetti, quella siglata con l’Iran sul programma nucleare è un’intesa internazionale che ha visto seduti al tavolo non solo Washington e Teheran, ma anche Russia, Cina, Francia, Regno Unito e Germania. Ammesso che Trump voglia procedere nel rivedere le proprie posizioni, è difficile che gli altri partner di quello che è stato chiamato il “5+1” decidano di seguire tout court la linea americana. Poi c’è l’altro aspetto: chi sarà a guidare l’Iran dopo le presidenziali del 2017? La linea “moderata” attuale terra all’assalto di quella più intransigente? Anche da questo dipenderà il deal, e tutti i contratti commerciali ad esso agganciati.



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