Sono giorni, ma forse anche anni di notizie incredibili ma vere, spesso drammaticamente vere. Come quelle appena giunte da Berlino, dove i terroristi, presumibilmente i soliti fanatici dell’Islam, hanno insanguinato il Natale uccidendo almeno dodici persone e ferendone più di cinquanta con un tir dirottato contro un mercatino di addobbi per le feste di fine anno: un attentato già infame di suo, analogo a quello del 14 luglio scorso a Nizza, ma ancora più disumano per il periodo scelto non certamente a caso.
Di fronte ad un evento del genere, ti passa naturalmente la voglia di riferire e di interessarti ad altre notizie ugualmente incredibili ma vere che da tempo riempiono le cronache politiche, giudiziarie e istituzionali di questa nostra Italia.
L’ultima, in ordine di tempo, ce l’ha fornita un generale dei Carabinieri ed ex deputato di quello che fu il partito socialdemocratico: Antonio Pappalardo (nella foto). Che ha riferito in una intervista di essere andato personalmente a spiegare al capo della Procura di Roma le ragioni per le quali i cosiddetti “Forconi”, ch’egli si onora di sostenere, ma forse anche di rappresentare, hanno recentemente aggredito davanti alla Camera un altro ex deputato, il forzista Osvaldo Napoli, con la pretesa di arrestarlo “in nome del popolo”, fra lo stupore e altre goffe reazioni delle forze dell’ordine presenti. Che sono riuscite solo a far fuggire il malcapitato.
L’ira dei “Forconi”, secondo il generale Pappalardo, sarebbe in qualche modo giustificata dal fatto che è ancora in carica un Parlamento del quale il povero Osvaldo Napoli comunque non fa parte ma che avremmo tutti il diritto di considerare abusivo perché prodotto da una legge elettorale bocciata dalla Corte Costituzionale. Che in effetti ha tagliato, fra l’altro, la parte che ha consentito a un bel po’ di persone di arrivare a Montecitorio col cosiddetto premio di maggioranza, o di governabilità, del cosiddetto Porcellum: il nome da presagio assegnatogli dallo stesso autore, l’allora ministro leghista Roberto Calderoli.
Ma Pappalardo, che essendo stato generale dei Carabinieri si presume abbia studiato abbastanza da saper leggere e capire una sentenza, ha dimenticato di spiegare ai suoi amici “Forconi” che la stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità del Parlamento in carica, per quanto prodotto da una norma illegittima. Vi sembrerà illogico, ma la Corte Costituzionale in materia ha la prima e unica parola, non essendo i suoi giudizi appellabili.
La parte tuttavia più incredibile, ma vera, della notizia fornitaci dal generale dei Carabinieri, già sindacalista dei commilitoni, o come diavolo andavano e vanno chiamati coloro che li rappresentano, non è quella delle cose dette e spiegate al capo della Procura della Repubblica di Roma. No. La cosa più incredibile ma vera è ch’egli sia potuto uscire a piede libero, come si dice in gergo giudiziario, da quell’ufficio. Il generale, di cui conservavo un ricordo diverso quando lo conobbi alla Camera, è stato capace di farmi diventare per un attimo giustizialista. E’ un miracolo, d’altronde, nel quale stanno riuscendo anche i grillini.
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Vi ho già raccontato come consideri scandaloso e di sapore “golpistico” – tra virgolette, raccomando, a scanso di avventate iniziative ritorsive alle quali si è esposti in questo curioso, anzi pericoloso paese – il commissariamento spesso annunciato dai giornali senza neppure le virgolette riferendo delle riunioni, richieste, intimidazioni ed altro cui sono sottoposti nel loro movimento i sindaci e altri amministratori locali eletti nelle liste 5 Stelle.
Questi interventi che tanto mi hanno scandalizzato e scandalizzano vengono motivati, nel caso della sindaca di Roma Virginia Raggi, con quella specie di contratto da codice etico che lei ha firmato a suo tempo, candidandosi al Campidoglio. Un contratto in forza del quale i cosiddetti “garanti” del movimento e Casaleggio – prima il padre e ora il figlio – possono praticamente “commissariare” il loro sindaco e addirittura multarlo per danni d’immagine alle 5 Stelle sino all’importo di 150 mila euro.
Contro questo contratto, al quale qualche sindaco ha avuto il coraggio di sottrarsi, come quello di Parma Federico Pizzarotti, andandosene però dal movimento, è stato fortunatamente presentato al Tribunale civile di Roma un ricorso dell’avvocato Venerando Monello – azzeccati sia il nome sia il cognome – e dalle senatrici del Pd Monica Cirinnà e Stella Bianchi.
Sono curioso di vedere, anche alla luce di quello che sta producendo a Roma l’applicazione di quel contratto o codice etico, quale sarà il giudizio del tribunale preannunciato per il 13 gennaio, ammesso e non concesso peraltro che questa vicenda sia riducibile solo a un affare civile e non anche penale per gli interessi in gioco ai fini del funzionamento delle istituzioni.
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Grande attesa naturalmente c’è anche per il giudizio che il 24 gennaio, undici giorni dopo l’appuntamento che il tribunale civile di Roma si è dato col codice etico dei grillini, darà la Corte Costituzionale sulla legge elettorale della Camera voluta a suo tempo da Renzi, nella presunzione che il Senato diventasse non più elettivo, e chiamata Italicum. Il verdetto è probabilmente destinato a influire sulla riforma elettorale comunque messa in cantiere dallo stesso Renzi indicando come modello, davanti all’assemblea nazionale del Pd, il cosiddetto Mattarellum applicato in Italia dal 1994 al 2005, fatto di maggioritario per i tre quarti, con i collegi uninominali, e di proporzionale per un quarto, con listini bloccati.
La proposta di Renzi ha già provocato una nuova frattura in quello che fu il centrodestra, fra i leghisti smaniosi di andare alle urne e perciò favorevoli se il Mattarellum potesse servire allo scopo, e i berlusconiani divisi a loro volta fra gli irriducibilmente contrari e quelli disposti ad andare a “vedere”, convinti di potere cambiare tanto la fisionomia di quella legge da stravolgerla con la prevalenza, magari, del proporzionale sul maggioritario, o quasi.
Dai grillini naturalmente è arrivato il solito, scontato rifiuto, dovendo essi difendere innanzitutto la loro “diversità”, non rendendosi conto di fare un’imitazione un po’ grottesca del povero Enrico Berlinguer, che comunque perse la sua scommessa.
Dalla minoranza del Pd non so francamente che cosa possa o debba attendersi Renzi, specie dopo che il prodianissimo Arturo Parisi ha ricordato come nel 2011 il suo tentativo di tornare col referendum al sistema elettorale che porta il nome latinizzato dell’attuale presidente della Repubblica s’infranse, prima ancora della bocciatura della Corte Costituzionale, contro il dissenso dell’allora segretario del partito Pier Luigi Bersani. Che ora guida praticamente l’opposizione interna al segretario del Pd, non essendogli bastato di avere contribuito a batterlo nel referendum sulla riforma costituzionale.