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Bcc, perché il caso del Banco emiliano divide il credito cooperativo

Come se non bastassero le divisioni sulla capogruppo e le scintille tra alcune Bcc e il Fondo temporaneo di garanzia, ora ci si mette pure il Banco cooperativo emiliano ad alimentare la tensione tra le Bcc. Tutto ruota ad una dei principali istituti della pianura padana (42 filiali) il Banco cooperativo emiliano per l’appunto, alle prese con l’annoso problema delle sofferenze e che per questo è stato appena salvato dal Fondo temporaneo, che ha consentito la fusione con Emilbanca (che manterrà il nome del nuovo soggetto bancario).

LA BANCA CHE AGITA IL CREDITO COOPERATIVO

Lo scorso aprile l’assemblea di Banco Emiliano ha approvato tra le altre cose il cambio di denominazione in Banco Cooperativo Emiliano, diventando la Bcc più grande della provincia di Reggio Emilia (18 mila soci, 39 milioni di capitale sociale e 300 dipendenti). Il consiglio di amministrazione si è ridotto da 13 a 7 membri: Giuseppe Alai, Pietro Bertolotti, Mario Boni, Andrea Greco, Carlo Malvolti, Sauro Marazzi e Paola Pizzetti, mentre il collegio dei sindaci è composto da Vittorio Guidetti (presidente), Giorgio Bellucci e Stefano Giovanardi (componenti effettivi), cui si affiancano i sindaci supplenti Stefano Montanari e Fernando Rovani.

CREDEM CONTRO BANCO EMILIANO

C’è però un altro retroscena che riguarda l’istituto che il Fondo vuole salvare. E cioè la disputa tra il Credito emiliano e il Banco Emiliano, poi diventato Banco cooperativo emiliano. Banco emiliano nacque infatti nel 2013 dalla fusione tra Banca Reggiana e Banca di Cavola e Sassuolo. Una denominazione che non piacque fin da subito al Credem, che inviò una diffida per stoppare il marchio Banco Emiliano, visto come troppo simile a quello del Credem e, secondo la banca della famiglia Maramotti, tale da indurre in errore o, quantomeno, di agevolare il lancio del nuovo soggetto sfruttando la scia di una marchio già affermato. Una disputa risoltasi fuori dalle aule di tribunale e che ha trovato la parola fine proprio nell’assemblea di aprile, che ha sancito il cambio di insegne delle 42 filiali sparse tra Modena, Mantova e Reggio Emilia.

I CONTI TRABALLANTI DEL BANCO EMILIANO

Tutto bene se non fosse che nel tempo la banca reggiana abbia dovuto fare i conti con le sofferenze, accumulando diversi milioni di crediti incagliati mentre la raccolta complessiva è di 1,8 miliardi a fronte di un miliardo di impieghi. Gli ultimi due esercizi debbono comunque aver fatto suonare il campanello di allarme: che 11,9 milioni la perdita 2015 e 14 milioni quella 2014. Di qui la decisione del Fondo di esaminare il dossier, che sarà sul tavolo del board alla prossima riunione, e architettare un salvataggio a mezzo incorporazione con Emilbanca, il cui presidente Giulio Magagni anche numero uno di Iccrea, la capogruppo alternativa e antagonista della Cassa centrale. Ma qui si torna alla questione di partenza, ovvero i malumori di alcune Bcc scettiche verso il modo in cui il Fondo seleziona i suoi interventi. Credito emiliano è tra gli interventi contestati?

COSI’ IL FONDO HA SALVATO LA BANCA

Come riportato da MF-Milano Finanza il salvataggio, che secondo alcuni non sarebbe stato visto di buon occhio dall’ex presidente del Fondo Rainer Masera, dimessosi in seguito a dissidi col comitato di gestione, prevede che il Fondo rilevi 160 milioni di crediti deteriorati di Banco Emiliano, eroghi 40 milioni destinati a un aumento di capitale della banca e rilevi anche alcuni crediti di Emilbanca, per un importo che potrebbe andare da 60 a 120 milioni. A suffragare il progetto ci sono comunque i numeri e le prospettive. Le banche di Reggio e Bologna, si sono integrate lo scorso 5 gennaio, dopo il via libera dei rispettivi consigli di amministrazione e della Banca d’Italia, e dando vita a un soggetto, da 135 mila clienti e 50 mila soci. Ma non senza polemiche.

DA TRENTO ALLE MARCHE, CHI HA BOCCIATO IL FONDO

Tra chi non ha visto di buon occhio l’intervento ci sono i trentini di Cassa centrale, freschi di divorzio dalle Bcc riunite intorno a Iccrea e prossimi alla creazione di un gruppo autonomo. Trento infatti (qui l’intervista di Formiche.net al presidente Giorgio Fracalossi) non avrebbe infatti apprezzato lo smobilizzo di 126 milioni di euro dei 400 in pancia al Fondo per il salvataggio della banca. Stessa storia per la Bcc di Civitanova Marche e Montecosaro, il cui presidente Sandro Palombini lo scorso 30 gennaio ha scritto una dura missiva ai vertici di Bankitalia, lamentando “l’uso distorto del Fondo”, volto a stabilire, secondo il banchiere, “nuove geografie di esclusivo potere delle banche a scapito diretto e indiretto di tutte le altre non aderenti al vecchio sistema, piuttosto che per interventi di effettiva necessità”.

LA DIFESA DI DELL’ERBA

A difendere l’operato del Fondo è però intervenuto Augusto Dell’Erba, a capo dell’organismo dopo l’addio polemico di Masera nonché neo-numero uno di Federcasse, dopo l’addio di Alessandro Azzi (nella foto). Dalle colonne di MF-Milano Finanza Dell’Erba ha chiarito come nessuna banca si sia fatta avanti per salvare il Banco emiliano, rendendo necessario l’intervento del Fondo. In altre parole il Banco Emiliano è una banca in difficoltà, che necessitava di trovare un partner con le spalle coperte, anche se, fuori dalla porta, non c’era la fila dei pretendenti. “Il rischio potenziale legato alle difficoltà del Banco Emiliano era molto elevato. Nel 2013, ormai in un altro contesto normativo, l’esperienza della Banca Romagna Cooperativa ci ha insegnato che prevenire è molto meglio che curare”, ha spiegato. “È stata di sicuro una decisione sofferta. Non voglio entrare più nel dettaglio ma posso dire che alla fine nessuno si è opposto”. Quanto alla natura del Fondo, “non è un organismo strategico, ha il compito di intervenire qualora qualche soggetto segnali difficolta’ presenti o potenziali. Gli interventi non cadono a pioggia. E peraltro hanno la finalita’ di impattare il meno possibile direttamente sui conti economici delle banche”.

LA SECONDA BCC IN ITALIA

Il nuovo soggetto bancario, si chiamerà Emilbanca, a conferma della trazione bolognese dell’istituto e sarà la seconda banca di credito cooperativo nazionale per numero di sportelli e collaboratori, dietro la Bcc di Roma. Il matrimonio tra i due istituti prevede il 12 febbraio le assemblee straordinarie dei soci. Il nuovo istituto avrà impieghi lordi di 2,7 miliardi di euro, una raccolta totale di circa 4,7 miliardi e una massa amministrata superiore ai 7 miliardi, un capitale sociale di oltre 97 milioni di euro mentre il patrimonio complessivo supererà i 306 milioni. La nuova banca potrà contare su 84 filiali, 137.000 clienti, 44.000 soci, oltre 700 dipendenti coprendo sei provincie tra Emilia e Lombardia: Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara e Mantova.


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