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Tutte le zuffe tra D’Alema, Padoan, Prodi e Renzi su Mps

Il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena da parte dello Stato continua a far discutere e a causare divisioni anche all’interno degli stessi partiti. Attacchi frontali, frecciate più o meno dirette e frasi sibilline si confondono e si ripetono in un clima di polemica che non accenna a rasserenarsi. L’ultimo di una lunga serie di esempi è l’intervista che l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi ha rilasciato oggi al Sole 24 Ore.

LE ACCUSE DEL PROFESSORE

A specifica domanda su Mps, Prodi non ha usato mezze misure. Non ha fatto nomi, ma in compenso ha formulato critiche circostanziate. “Come si sia tirato avanti tanto sulla crisi senza prendere una decisione è incomprensibile. Ogni rinvio ha aggravato i problemi. C’è stato un drenaggio dei depositi che si poteva risolvere solo con una rassicurazione chiara, e questa passava dall’intervento pubblico. Era evidente già diversi mesi fa che questo era indispensabile e che l’Europa lo avrebbe accettato“. L’ex numero della Commissione europea non li menziona apertamente, ma è chiaro che si riferisca a Matteo Renzi e a Pier Carlo Padoan i quali, secondo l’ex presidente della Commissione Ue, avrebbero dovuto procedere subito all’intervento dello Stato, senza tergiversare nel tentativo poi andato a vuoto di trovare una soluzione di mercato alla crisi dell’istituto di credito senese. L’accusa principale è di scarsa flessibilità: “Davanti all’emergenza non ha senso nascondersi dietro a posizioni dottrinarie. Se il malato è a rischio, si interviene con la chirurgia d’urgenza“.

I SASSOLINI DI RENZI

Accusa ricorrente a cui Renzi aveva già risposto nell’intervista a Repubblica di domenica scorsa: “Avevamo creato le condizioni per un investimento estero importante – il fondo del Qatar – che ha detto no il giorno dopo il referendum per l’instabilità politica“, ha detto l’ex presidente del Consiglio a Ezio Mauro, prima di aggiungere: “Non ci sarebbe stata operazione pubblica da venti miliardi con la vittoria sulle riforme“. Conversazione nella quale Renzi si è tolto più di un sassolino dalla scarpa sul tema banche, in modo diretto ma anche indiretto. Dal primo punto di vista ha criticato Mario Monti al quale ha imputato di non aver sfruttato l’ultima reale opportunità di consolidare il sistema bancario italiano: “Abbiamo perso con Monti la vera occasione di fare la bad bank come la Merkel“. Poi, però, ha anche buttato là una frase forse irrilevante per i non esperti, ma che sicuramente non sarà passata inosservata a chi ben conosce la storia economico-finanziaria italiana. Prima un’affermazione generica: “Ci sono responsabilità politiche decennali“. Quindi due riferimenti specifici: “Sul Monte prima o poi qualcuno racconterà la vera storia, da Banca 121 ad Antonveneta“. Il primo istituto è l’ex Banca del Salento di cui Mps ha acquisito la quota di maggioranza nel 1999: l’operazione – secondo i critici – sarebbe avvenuta senza l’ostilità, anzi, del salentino d’adozione Massimo D’Alema, il quale, però, ha sempre sdegnosamente rigettato l’accusa. Il secondo caso riguarda invece il contestato acquisto di Antonveneta da parte di Rocca Salimbeni: acquisizione avvenuta ai tempi di Mario Draghi in Banca d’Italia e considerata una delle principali cause del dissesto del Monte Paschi.

MPS SECONDO PADOAN

Versione analoga a quella di Renzi l’aveva fornita nei giorni scorsi anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nel corso di un forum con i giornalisti del Sole 24 Ore. “Non sono affatto pentito di avere sostenuto, nel rispetto dei ruoli di tutti, l’operazione di mercato, che sarebbe stata l’opzione migliore e avrebbe avuto effetti positivi, evitando i problemi che invece vanno gestiti adesso”, aveva dichiarato Padoan, che poi aveva aggiunto di essere sempre stato in piena sintonia con Renzi sulla questione.

LE CRITICHE DI CODOGNO

Al pari di Prodi, molto critico su modalità e tempistiche del salvataggio è stato Lorenzo Codogno, ex capo economista al ministero dell’Economia per 9 anni. Codogno, in una intervista a Formiche.net, ha avanzato diverse perplessità. Innanzitutto sulle condizioni dell’intervento dello Stato nel capitale sociale di Mps: “Il governo è stato molto generoso con gli attuali azionisti e con gli obbligazionisti istituzionali e nel decreto legge vi sono varie incongruenze. Quindi ritengo probabile che la Commissione e la Bce chiederanno delle modifiche“. In secondo luogo l’ex capo economista del Tesoro aveva anche messo sotto accusa i tempi della nazionalizzazione decisa da Palazzo Chigi, anche a suo modo di vedere ritardati rispetto alle necessità: “Si può argomentare che si poteva e si doveva intervenire prima“.

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