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Cosa penso del garantismo peloso di Grillo, Di Battista e Raggi

Alessandro Di Battista, reddito di cittadinanza

Fino ad ora, secondo i pentastellati, una personalità impegnata in politica o in qualche incarico di pubblico rilievo doveva essere come la moglie di Cesare: al di sopra di ogni sospetto. In realtà, Calpurnia qualche scheletro nell’armadio pare lo avesse avendo invitato ad un festino riservato alle donne (travestito da suonatrice per non farsi riconoscere) il giovane Clodio (fratello della Lesbia di Catullo) che era un noto tombeur de femmes dei suoi tempi. Storia a parte, per i grillini era sufficiente che un magistrato della più sconosciuta procura guardasse di traverso un parlamentare perché questo fosse costretto a dimettersi. Non si contano gli schiamazzi, le mozioni individuali di sfiducia, le gogne a cui quei ragazzotti villani sottoponevano coloro che venivano intercettati, in qualche modo, da una magistratura inquirente parecchio invasiva e sempre più di frequente smentita in giudizio. Il trattamento riservato ad Ilaria Capua è ancora lì a gridare vendetta per generazioni. Poi, anche in politica vale il “chi la fa l’aspetti. Quando è sufficiente dire beo per rovinare la carriera di un uomo politico, è facile che un magistrato ci prenda gusto. Del resto non basta compiere atti particolari per ricevere un avviso di garanzia. Così le tricoteuses di ieri, rischiano di finire sul patibolo, magari soltanto con l’accusa di fabbricazione e commercio illegale di calze di lana.

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Come è potuto accadere che la “banda degli onesti” potesse trovarsi in difficoltà proprio sul terreno dei rapporti con la giustizia? È bastata la forma mentis dei suoi affiliati. Se nel foro interno bastava seguire i comandamenti di Beppe Grillo, su quello esterno i decisori ultimi indossavano la toga, non stavano sulla rete e non usavano twitter. Ma potevano farsi vivi (come il ladro nella notte, evocato dal Vangelo) in ogni momento e per qualsiasi motivo. Così per essere sicura di non sbagliare e di non dare adito ad alcuna questione morale la sindaca Virginia Raggi, nell’impossibilità di ottenere l’imprimatur della divinità togata, ha pensato che fosse sufficiente rivolgersi a S.Giovanni Battista, colui che non era la luce, ma era venuto a portare la luce. E chi è costui? Ma Raffaele Cantone colui che, dal vertice dell’Anticorruzione è abilitato a rilasciare patenti (provvisorie) di onestà.

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Virginia Raggi ha chiesto all’Anticorruzione un parere sugli atti, anche quelli più banali (in realtà non ne ha promossi altri), che stava compiendo. Non l’avesse mai fatto. Da lì sono cominciate le sue disgrazie: l’inesperienza, la dabbenaggine, la presunzione, l’arroganza sono assurte ad ipotesi di reato. Fino allo strappo dell’avviso di garanzia.

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Resta da capire lo strano caso dei rapporti con i fratelli Marra. Non hanno portato bene certamente alla sindaca. Ma è andata peggio a loro: uno è finito in galera, l’altro ha perso il posto.

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La reazione del Movimento è stata patetica, con l’ukase del guru sul silenzio stampa e la censura preventiva. Nei loro confronti vi sono elementi che ricordano altre campagne giudiziarie mirate: da Tangentopoli fino all’assedio a Silvio Berlusconi (durato più a lungo di quello di Troia). Ma i “grillini” soffrono in silenzio e si guardano bene dall’esprimere anche un solo dubbio garbato sull’azione della magistratura. Per loro sarebbe come ammettere che “Dio è morto”.

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Silvio Berlusconi è stato rovinato dai suoi vizi. I “grillini” lo saranno dalle loro conclamate virtù.



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