Inutile girarci intorno. In futuro, e senza andare troppo in là, le guerre si combatteranno esclusivamente davanti a un pc, mentre le campagne elettorali potranno essere decise da una tastiera. Già oggi è possibile avere un assaggio della potenza della rete, come dimostrano gli incredibili, se confermati, cyber-attacchi russi, che avrebbero spostato voti importanti durante l’ultima campagna elettorale negli Stati Uniti. L’Italia non sta certo a guardare, memore del recente scandalo sul cyberspionaggio dei fratelli Occhionero, affrettando i lavori per dotarsi di una struttura in grado di fronteggiare eventuali minacce. Sull’argomento è intervenuto ieri in commissione Difesa alla Camera, il Capo di Stato Maggiore della Difesa, fresco di riconferma, generale Claudio Graziano, sull’onda lunga di quanto riferito due giorni fa al Copasir dal premier Paolo Gentiloni.
GLI 007 IN MANO A PALAZZO CHIGI
Il progetto dell’esecutivo è chiaro. Sarà infatti il Dis, il dipartimento informazioni e sicurezza della presidenza del Consiglio dei ministri, a coordinare le attività di difesa nazionali contro gli attacchi informatici. Gentiloni, affiancato al Copasir da Alessandro Pansa, direttore del Dis.
SE A FARE PAURA E’ L’UOMO SOLO (DIETRO AL PC)
Graziano, ai deputati della commissione Difesa, ha spiegato come “la minaccia assume un rilievo crescente, direttamente proporzionale alla dipendenza informatica da parte dei Paesi tecnologicamente più avanzati, e costituisce uno dei più efficaci strumenti di lotta asimmetrica: anche un singolo individuo può costituire una minaccia per uno Stato”. Dunque, attenzione agli hacker isolati, che anche da soli possono nuocere alla sicurezza nazionale. E, soprattutto, vietato abbassare la guardia: “Man mano che la minaccia evolverà dovrà altrettanto evolvere il nostro progetto di difesa informatica: si tratta infatti di una minaccia in continua evoluzione“, ha ammonito Graziano.
ECCO COSA PUO’ FARE UN CYBER-ATTACCO
Il generale non è andato tanto per il sottile nel descrivere i potenziali effetti di un attacco cybernetico. Per esempio, “nel caso di un comando impegnato in un’ipotetica operazione multidimensionale, la minaccia cibernetica potrebbe manifestarsi in molti modi, che potrebbero comportare un’errata percezione da parte dei comandanti a tutti i livelli della situazione operativa reale, con perdita di controllo dei propri assetti, decadimento delle reti di comunicazione, errata geolocalizzazione delle forze in campo, fino ad arrivare alla paralisi“. In altre parole, in presenza di difese immunitarie basse e antidoti poco efficaci, si rischia il blocco di interi apparati, civili o militari che siano. Per questo “l’Italia e gli altri paesi a prendere misure adeguate”, ha avvertito il generale.
LA NATO SI STA PROTEGGENDO?
Graziano è partito da un dato, piuttosto preoccupante. Secondo alcuni numeri richiamati dal capo dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, “c’è stato un incremento del 60% negli attacchi cyber a strutture Nato nel 2016, con una frequenza media di circa 500 attacchi al mese”. Numeri che non lasciano spazio a tentennamenti. “Tutti i principali Paesi delle organizzazioni internazionali – compresa la Nato, che da questo punto di vista ha sempre rappresentato il motore – si stanno da un lato dotando di strutture di comando e controllo per operare nell’ambiente cibernetico, dall’altro stanno studiando le diverse sfaccettature di tale dominio, al fine di poter operare anche nell’ottica di una cooperazione inter-alleata in un quadro per quanto possibile chiaro, normato”.
A SCUOLA DI CYBER-SICUREZZA
Al netto del riassetto degli 007 voluto da Gentiloni, l’Italia ha deciso di puntare anche molto sulla formazione del proprio personale. Tanto che “presso la scuola telecomunicazioni delle Forze armate di Chiavari è in via di allestimento quello che noi chiamiamo Cyber Range, che poi è un istituto scolastico per la formazione, ma anche un poligono virtuale per l’addestramento e il mantenimento delle capacità operative del personale impiegato nel settore cyber”, ha spiegato Graziano. “Tale struttura auspicabilmente in futuro sarà federata con analoghe capacità di Paesi amici e alleati, tra cui il Centro di eccellenza Nato di Tallinn. L’istituto opererà in favore degli ambienti interforze, interagenzia e interalleati, e soprattutto in sinergia col mondo accademico e quello industriale”.