È anche una lotta fra soci quella che si cela in Alitalia. Da una parte c’è l’amministratore delegato Cramer Ball e tutta la cordata emiratina di Etihad, dall’altra il presidente Luca Cordero di Montezemolo con dietro gli azionisti italiani con in prima fila i due principali istituti di credito Unicredit e Intesa Sanpaolo. I secondi – che pur avendo il 51% della compagnia hanno lasciato ai primi la guida aziendale – contestano i pessimi risultati di gestione di due anni della nuova Alitalia.
PRESI PER IL COLLO?
Facciamo un passo indietro. Dopo una lunga e estenuante due diligence nel 2014 la compagnia di Abu Dhabi decide di investire in Alitalia. Il presidente e amministratore delegato James Hogan persegue la sua strategia di costruire una rete di compagnie aeree dove investire e indirettamente controllare. Il manager australiano ha già investito nella tedesca Airberlin, nell’indiana Jet Airways, nell’Air Serbia (ex Jat) e nell’Air Seychelles (ci sarebbe anche Virgin Australia, ma a casa sua Hogan esercita un ruolo marginale, per via della presenza nell’azionariato anche delle compagnie Singapore Airlines, HNA e Air New Zealand – annual report, pag 101). Una strategia che ricorda molto il triste epilogo di Swissair. Hogan pone all’amministratore delegato Gabriele Del Torchio e al governo – Enrico Letta prima e Matteo Renzi poi – delle condizioni molto dure per investire e evitare così il nuovo fallimento dell’ex compagnia di bandiera. Le più importanti: riduzione di personale, ricapitalizzazione con ingresso del nuovo azionista Poste Italiane e conversione dei debiti in capitale da parte delle banche (Intesa, Unicredit, MPS e Banca popolare di Sondrio), che così diventano i principali azionisti della holding Cai riducendo a ruolo marginale i vecchi capitani coraggiosi della cordata messa in piedi da Berlusconi nel 2008: Immsi di Roberto Colaninno, Atlantia della famiglia Benetton, Pirelli, Marcegaglia, Riva e altri. In cambio promettono di portare in utile la compagnia nel 2017.
CASSANO CHI?
La nuova Alitalia a guida emiratina prende tutti i ruoli chiave nell’azienda. Hogan sceglie il suo consulente Silvano Cassano come amministratore delegato (già amministratore delegato in passato del gruppo Benetton, con cui non si lasciò molto bene, e di Grandi Navi Veloci), a capo delle strategie vuole il suo connazionale John Shepley, a supervisionare la cassa lo scozzese Duncan Naysmith, responsabile commerciale la irlandese Lorna Delziel, a capo delle hostess Aubrey Tiedt (già sua collaboratrice in Etihad) per ridisegnare le divise. Qui l’organigramma disegnato dal Corriere Economia un anno fa. Hogan sbandiera in tutte le occasioni che vuole un’Alitalia sexy con un servizio a 5 stelle e allora via al cambio della livrea, presentata in Pompa magna con Renzi. Le cose però non sono tutte rose e fiori tanto che Cassano dopo neanche un anno si dimette. A volerne la testa è Montezemolo che però non chiede per la parte italiana quella carica, tanto che dopo un breve suo interregno (anche se di fatto l’azienda in quei sei mesi fu diretta dal duo Naysmith-Schisano, come ricorda Dragoni sul Sole 24 Ore il 13 gennaio), a marzo scorso arriva come nuovo amministratore delegato l’australiano Cramer Ball, ex CEO delle partecipate Jet Airways e Air Seychelles.
TUTTO SOTTO CONTROLLO?
Appena insediatosi Ball conferma la bontà del piano preparato da Hogan e ad aprile il cda approva il bilancio del primo anno della nuova Alitalia con una perdita di 199 milioni. Una perdita prevista si affrettano a comunicare dalla compagnia . L’australiano conferma per il 2017 l’anno della svolta. Gli fa eco anche Montezemolo in occasione della presentazione delle nuove divise del personale a giugno. In realtà i conti non vanno come previsto e per il 2016 le perdite dovrebbero essere cresciute intorno ai 500 milioni secondo alcune indiscrezioni raccolte dal Sole 24 Ore.E sarebbe necessaria una manovra da un miliardo di euro, scrive Repubblica, che non esclude anche un intervento statale (Cassa depositi e prestiti – che ha già smentito, o la iper-dinamica Ferrovie dello stato).
COSA FA HOGAN?
In cda i rappresentanti della parte italiana accusano gli emiratini di non aver evidenziato tempestivamente l’allarme sui conti. Inizia con un clima molto teso il confronto nel board sui nuovi investimenti e il nuovo piano. Le banche – che in cda hanno avvicendato Mustier con Federico Ghizzoni e Paolo Andrea Colombo con Gaetano Micciché – non si fidano più delle promesse mirabolanti di Hogan, in difficoltà anche ad Abu Dhabi. Il quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt rivela come per Hogan sia già suonata la campanella dell’ultimo giro in Etihad. Il Messaggero aggiunge come sia già stato individuato in Ahmed Ali Al Sayegh il sostituto di Hogan nel cda Alitalia. Nel frattempo si arriva ad una sofferta approvazione di un piano industriale parziale. In realtà però le banche non sono ancora soddisfatte, puntano a sostituire Ball con un manager italiano in grado di interloquire con gli stakeholders, in particolare l’esecutivo. I rapporti tesi infatti sono anche a livello politico. Matteo Renzi e Graziano Delrio si irritano molto per l’abrasiva intervista che Hogan rilascia a Federico Fubini sul Corriere della Sera con cui il vicepresidente Alitalia cerca infatti di giustificare i risultati modesti sul governo (in particolare sulla mancata liberalizzazione di Linate). Delrio rispose che nessun impegno era stato disatteso.
LOW COST A 5 STELLE?
Le bozze del nuovo piano – che dovrà essere vidimato da un nuovo consulente, presumibilmente per il Messaggero Roland Berger – prevederebbero un futuro di ridimensionamento sull’Europa dove Alitalia ha già cancellato i voli per Istanbul, Valencia, Skopje e Bucarest (il Giornale) per provare a trasformarsi in una low cost. Tutte le compagnie tradizionali europee hanno una controllata a basso prezzo per fare concorrenza a Ryanair e easyjet. Vueling è l’arma di British Airways e Iberia, Germanwings (tristemente nota per il suicidio del pilota nel 2015) è la low cost di Lufthansa mentre Hop è quella di Air France – Klm. Alitalia ci aveva già provato ai tempi di Rocco Sabelli a creare una low cost in casa con Air One, divisione che proprio Etihad decise poi di non prendere in considerazione durante la due diligence. Dimagrire sui voli brevi per crescere sui voli a lungo raggio, in particolare negli Stati Uniti. Per fare questo però Alitalia deve avere approvazione degli alleati Delta Air Lines e Air France Klm con cui si è legata fino al 2022 in una joint venture per dividersi i costi e i ricavi sui voli Europa-Usa. Per questo Montezemolo ha chiesto un aiuto diplomatico al governo. Ridimensionare troppo i voli di medio raggio finisce per compromettere la buona riuscita si quelli di lungo raggio evidenza l’economista Andrea Giuricin. I voli transatlantici per andare in utile – e servono alcuni anni – necessitano di una rete di collegamenti in connessione per riempire l’aereo con passeggeri provenienti da altri scali periferici.
UN TERZO AD?
Già, il governo. Le dure parole del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, sulla mancanza di un piano industriale e sul gestione fallimentare del management è un chiaro attacco a Ball e ai dirigenti voluti da Etihad. Per Gianni Dragoni del Sole 24 ore il primo a pagare potrebbe essere il capo delle strategie Shepley. Non è un mistero che Calenda abbia un rapporto di vicinanza con Montezemolo (con lui anche in Italia Futura, il think tank che non divenne partito) che curiosamente non era presente nella delegazione aziendale che ha incassato la reprimenda del ministro. Secondo alcuni osservatori un’assenza non casuale per facilitare il ricambio dell’Ad. Cominciano anche a circolare nomi per sostituire Ball.
NUOVO CAVALIERE BIANCO?
La cordata italiana vorrebbe poi trovare un nuovo partner industriale europeo a cui cedere la quota di maggioranza (che deve restare in mani comunitarie per non perdere i diritti di volo). Da scartare Air France Klm con cui proprio il 13 gennaio scadrà la joint venture per i voli dall’Italia verso Francia e Olanda. Si cerca invece di agganciare lufthansa che negli ultimi anni ha acquisito Swiss, Austrian Airlines, Brussels Airlines (ex Sabena) e sta per mettere le mani sopra alla derelitta Airberlin. Etihad che inizialmente voleva fare la guerra ai tedeschi ha finito per stringerci un’alleanza. Un’eventuale ingresso di Lufthansa, che guida l’alleanza internazionale Star Alliance, farebbe automaticamente superare i vincoli dell’alleanza sull’Atlantico con Delta e Air France Klm e causerebbe una immediata uscita dal conglomerato internazionale Skyteam, dove sono presenti altre compagnie come Aeroflot, China Airlines e Aerolinas Argentinas, Alle indiscrezioni del Messaggero del 18 ottobre su una possibile intesa italo-tedesca è seguita una immediata smentita raccolta da Leonard Berberi per il Corriere della Sera.