La “protezione civile” italiana, dopo la sua radicale riorganizzazione operata da Giuseppe Zamberletti, si è guadagnata internazionalmente la fama di un sistema efficace ed efficiente, tale da far dimenticare l’ignominia del terremoto dell’Irpinia. In questi giorni la nostra Protezione Civile sta di nuovo evidenziando delle crepe, non tanto in relazione alle difficoltà di far fronte al doppio impatto di terremoto e maltempo, quanto nella lentezza di provvedere alloggi adeguati nei territori colpiti dalle scosse telluriche di agosto ed ottobre 2016.
Il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha dichiarato alla trasmissione Che Tempo che fa di Fabio Fazio che si propone di ripristinare il sistema originale concepito da Zamberletti che si basava su di un forte decentramento e su controlli ex post. In effetti quel sistema è stato recentemente modificato introducendo una serie di controlli sugli acquisti di tipo preventivo.
Orbene l’occasione si presenta opportuna per chiarire un concetto fondamentale quanto elementare: i controlli preventivi, oltre ad essere un collo di bottiglia che allunga i tempi dell’azione pubblica rendendola inutile, sono anche il brodo di cultura della corruzione. Essere autorizzati ex ante a seguire un corso di azione implica la possibilità di negoziare con l’autorità che può concedermi o negarmi l’autorizzazione. Una volta autorizzati, l’azione pubblica può essere perseguita rispettando solo i criteri formali contenuti nell’autorizzazione stessa, senza che si sia sottoposti ai controlli sull’output dell’azione pubblica stessa e sull’impatto da questa avuto. Lo spazio per azioni improprie (di corruzione) è vastissimo e non presidiabile.
Un controllo di tipo ex post che lasci alle autorità decentrate la responsabilità di decidere entro paletti ben definiti, non solo velocizza tutta l’azione, ma responsabilizza in prima persona il titolare delle decisioni il cui operato potrà (dovrà) essere valutato sulla base del risultato ottenuto e non sulla base del rispetto delle procedure autorizzate. Ovviamente vanno messi i paletti. I paletti sono quelli che nel linguaggio del public management si chiamano processi e/o protocolli.
Un controllo ex post esercitato in maniera corretta, infatti, non significa che il dirigente periferico possa fare quello che vuole. Un controllo ex post ben congegnato significa solo che il dirigente periferico può e deve agire autonomamente per tutti quei casi che sono stati precodificati nei manuali operativi. La nostra Protezione Civile era abbastanza avanti nella messa a punto di questi manuali. Un eventuale intervento di tipo “anticorruzione” avrebbe dovuto mirare al perfezionamento di questa manualistica.
Dal punto di vista pratico, non va sottovalutato il fatto che circa l’80% delle decisioni da prendere riguardano casi ripetitivi per i quali è possibile stabilire a priori il corso d’azione e, per i quali, dunque quello che conta è il controllo ex post. Non ci si lasci qui trarre in inganno dall’emergenza che gli interventi di Protezione Civile devono affrontare. Emergenza non significa “casi nuovi e mai presentatisi in precedenza” ma “casi che richiedono un intervento rapido”, quindi casi per i quali sarebbe bene elaborare protocolli di risposta prima che l’evento emergenziale si verifichi.
Quella dei controlli ex ante è una delle novelle che periodicamente si ripresentano nella nostra pubblica amministrazione. All’art. 5 della nostra Carta Costituzionale, ad esempio, si legge che i nostri enti locali sono sottoposti a controlli. Quindi, il nostro legislatore concepisce il controllo solo come controllo ex ante.
Negli anni ’90 questi controlli sono stati affievoliti e, in alcuni casi, addirittura aboliti, proprio perché questi stessi controlli (in quanto ex ante) appesantivano l’azione pubblica e apparivano a chi non avesse dei paraocchi una ottima occasione di azioni chiaramente corruttive ma formalmente legali e, quindi, non perseguibili. La mancanza di controlli fa ora gridare allo scandalo e da molti si richiede di nuovo l’introduzione proprio di quei controlli che erano statoi aboliti perché inefficaci sul versante della lotta alla corruzione e causa di gravi inefficienze dell’azione pubblica.
Sarebbe ora che ci si rendesse conto che il dilemma non è tra controlli (ex ante) e lungaggini amministrative ma tra controlli ex ante e controlli ex post.
Il fatto è che per realizzare controlli ex post bisogna sviluppare protocolli di tipo procedurale che richiedono competenze operative non possedute dai nostri amministratori e scarse anche nell’ambito universitario e delle libere professioni.