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Mps, De Benedetti e la guerricciola Repubblica-Sole 24 Ore

Di Fernando Pineda e Veronica Sansonetti
Carlo De Benedetti

Dissidi editoriali, baruffe bancarie, stilettate giornalistiche indirette. Che cosa sta succedendo tra il gruppo Espresso-Repubblica e il gruppo Sole 24 Ore? E’ quello che si chiedono in queste ore addetti ai lavori (e, forse, ai livori) scorrendo i giornali di questa mattina. Ma in verità tracce di dissonanze tra i due gruppi editoriali emergono da mesi, seppure sotto traccia.

IL COMMENTO DI REPUBBLICA

“De Benedetti con Sorgenia primo debitore insolvente di Mps”, titola oggi il Sole 24 Ore. Occhiello dell’articolo: “Si alza il velo sui nomi dei grandi debitori che hanno fatto soffrire Montepaschi”. L’articolo dei giornalisti Carlo Festa e Fabio Pavesi s’inserisce nell’idea – caldeggiata anche a titolo personale dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli – di pubblicare i nomi di persone fisiche e giuridiche tra i primari debitori di una banca, come Mps, che sarà salvata dallo Stato. Una direzione di marcia oggi contestata dal quotidiano Repubblica. Titolo del commento: “La proposta Patuelli, ha il fiato corto, meglio la lista dei responsabili dei disastri”. Scrive Roberto Petrini: “L’idea di pubblicare la lista dei 100 debitori insolventi, avanzata dal presidente dell’Abi Antonio Patuelli, un galantuomo liberale, e cavalcata dalle orde di assalto del centrodestra nelle ultime ore, con la parola d’ordine del “daje alla banca rossa”, presenta molti punti di debolezza sul piano tecnico e rappresenta un cedimento alla cheap politics e al populismo”.

L’ARTICOLO DEL SOLE

Diverso l’avviso del quotidiano confindustriale. Scrive il Sole: “Tra i protagonisti di spicco più emblematici, come ha ricostruito il Sole 24 Ore, figura sicuramente la famiglia de Benedetti e la sua Sorgenia. Emblematica per dimensioni e per quel ruolo innaturale che ha svolto Mps. La Sorgenia si è indebitata per 1.8 miliardi con il sistema bancario. La sola Mps, chissà come, si è caricata di ben un terzo di quel fardello. Seicento milioni erano appannaggio del solo istituto senese che ha fatto lo sforzo più ingente rispetto al pool di 15 istituti che avevano finanziato la società elettrica finita a gambe all’aria. I De Benedetti capita l’antifona della crisi irreversibile non si sono resi disponibili a ricapitalizzare come da richiesta delle banche. Alla fine il pacco Sorgenia è finito tutto in mano alle banche che hanno convertito l’esposizione creditizia in azioni. E Mps si ritrova ora azionista della Nuova Sorgenia con il 17% del capitale. Per rientrare del credito prima o poi, occorrerà risanare la società e venderla. Oggi Sorgenia è tra gli incagli di Mps. Non solo, nel 2015 la banca ha svalutato i titoli Sorgenia per 36 milioni di euro”.

LO STUDIO DI ZINGALES

L’articolo del quotidiano diretto da Roberto Napoletano segue la presa di posizione dello stesso quotidiano controllato dalla Confindustria a proposito di trasparenza e liste. Ieri l’editorialista del Sole, l’economista liberista Luigi Zingales, ha scritto a proposito di Mps che “la pubblicazione dei primi 100 nomi è un primo passo verso una doverosa operazione di trasparenza su cause e rimedi della crisi bancaria”. Zingales è anche autore di una recente ricerca che ha fatto rumore nelle redazioni e nel management dei gruppi editoriali. Ha scritto l’economista: “Molti giornali italiani stanno perdendo soldi o sono pesantemente indebitati. Anche quelli che non lo sono hanno ragione di poter essere influenzati dagli interessi delle banche. Per esempio, Il Messaggero e Il Mattino sono proprietà di Caltagirone, un industriale che possiede una grossa fetta di Unicredit. Editoriale Espresso è controllata dalla famiglia De Benedetti, che sta negoziando con le banche il debito di un’altra delle loro società. Sorgenia. L’unico giornale che non ha né forti debiti né elevata dipendenza con le banche per ragioni diverse è Il Fatto Quotidiano”.

TRA SOLE E REPUBBLICA

Le tensioni fra il gruppo editoriale di De Benedetti e quello di Confindustria hanno riguardato anche la controversa questione degli abbonamenti multipli e digitali, visto che il gruppo Espresso-Repubblica è stato tra i gruppi che avrebbero in passato sollevato perplessità sui numeri boom del Sole 24 Ore. Alla fine la pubblicazione dei dati Ads sulle copie multiple e digitali è stata sospesa. E più volte le testate del gruppo Espresso-Repubblica hanno fatto le pulci ai conti del Sole e di Confindustria, anche il neo nato sito Business Insider Italia, una iniziativa del gruppo debenedettiano, diretto da Giovanni Pons, giornalista esperto di finanza, già a Gente Money, al Giornale e a Repubblica. Ieri sul sito diretto da Pons – che ha anche una finestra-vetrina sul sito di Repubblicacompariva una lunga inchiesta sui bilanci del Sole 24 Ore firmata da Giuseppe Oddo, per anni giornalista del quotidiano confindustriale.

IL SOLE, IL CORRIERE, REPUBBLICA E I NUMERI DIGITALI

Leggendo l’articolo di Oddo, in casa confindustriale qualcuno ha ricordato quanto detto di recente l’amministratore delegato del Sole 24 Ore, Franco Moscetti, in un’intervista: “Ho trovato bizzarri alcuni comportamenti. Da un lato campagne mediatiche contro il Sole 24 Ore sui nostri numeri di copie digitali, dall’altro telefonate dei gruppi che orchestravano quelle campagne mostrando interesse per il Sole”. Ha destato scalpore e interesse nel mondo giornalistico ed editoriale – ma non unanime approvazione da parte di alcuni giornalisti della testata diretta da Napoletano – una mossa di Moscetti su Facebook negli ultimi giorni dell’anno. Il nuovo ad del gruppo editoriale controllato da Confindustria e oberato da oltre 60 milioni di euro di perdite ha condiviso su Facebook un articolo in cui oltre a dare conto delle tribolazioni contabili del Sole c’erano anche numeri che riguardano altri gruppi, sempre a proposito di copie digitali: “Il Corriere della Sera a gennaio 2016 aveva dichiarato una diffusione totale di 407.929 copie carta + digitale, mentre a settembre 2016 ne dichiara 310.437. Ciò significa che dall’inizio dell’anno, in soli 9 mesi, il Corriere ha perso 97.492 copie (92.216 a pari perimetro, ovvero senza contare le copie multiple che a gennaio erano rilevate da Ads e che a settembre sono state sospese da Ads in attesa del nuovo regolamento). Un valore dovuto solo ad un calo di vendite o imposto dalla sospensione della certificazione delle copie multiple? Il calo di Repubblica nel 2016 è più contenuto (passa dalle 290.761 copie totali di gennaio 2016 alle 269.474 di settembre 2016 pari a -21.287 copie che diventano -18.509 senza conteggiare le copie multiple nel frattempo sospese) ma solo perché ha iniziato a “pulire” le copie promozionali ben prima, ovvero da agosto 2015, come dichiarato dal direttore generale della divisione digitale del Gruppo l’Espresso Massimo Russo a settembre 2016 in riferimento alla diffusione delle quotidiani italiani nel mese di luglio: “Le copie singole digitali di Repubblica registrano da questo mese (luglio 2016,ndr) un sensibile calo. Sono giunti a scadenza allineata una serie di abbonamenti, frutto di politiche di marketing aggressive, rivolte anche ai residenti all’estero”. E aggiungeva: “Si tratta di una decisione coerente con la linea sempre tenuta e con quanto fu fatto a suo tempo per le copie cartacee, in ottica di razionalizzazione e trasparenza”. Ciò significa che Repubblica ha iniziato a “pulire” le copie cartacee ben prima, come si vede dai dati Ads: ad agosto 2015 Repubblica dichiarava un totale di 350.169 copie carta + digitale, mentre a settembre 2016 è di 269.474, con un calo di 80.695 copie (-77.254 copie a pari perimetro, senza contare le multiple sospese dalle rilevazioni a partire da aprile 2016)”.


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