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Ecco le multinazionali che vogliono traslocare negli Usa dopo gli annunci di Trump

Sergio Marchionne

Gli annunci del presidente Donald Trump stanno facendo tremare le multinazionali americane. Il nuovo inquilino della Casa Bianca ha detto che “punirà” con più tasse chi non produce su territorio statunitense. Di conseguenza, le aziende hanno cominciato a preparare piani per “rientrare in patria”, con la valigia piena di investimenti e promesse per nuovi posti di lavoro.

Secondo il sito Bloomberg, su 11 progetti di rilocalizzazione di aziende americane sei sono stati decisi negli ultimi due mesi.

I PRIMI: FORD E GENERAL MOTORS

Tra le prime compagnie che hanno risposto al richiamo di Trump ci sono due colossi del settore automobilistico: Ford e General Motors. Durante i primi giorni dell’anno la Ford ha annunciato la sospensione di un piano di investimenti di circa 1,6 miliardi di dollari in Messico. Era in programma anche la delocalizzazione di altre fabbriche per ridurre i costi di produzione e mantenere i prezzi competitivi sul mercato. Trump avrebbe telefonato direttamente al presidente Bill Ford sul suo cellulare per fare pressione.

Sebbene General Motors sostenga di non essere intimidito dagli avvertimenti di Trump sui nuovi dazi imposti alla produzione del modello Chevy Cruz in Messico, ha promesso di stanziare 1 miliardo di dollari per le fabbriche basate negli Usa. Il portavoce della compagnia ha spiegato che l’investimento era previsto per quest’anno, già prima delle elezioni.

IBM, WALMART E AMAZON

Altre imprese americane che hanno cominciato a preparare il trasloco sono IBM, WalMart, Carrier e Amazon. A dicembre, Ginni Rometty, ceo di IBM, ha pubblicato un articolo sul quotidiano Usa Today annunciando l’assunzione di 25mila impiegati nei prossimi quattro anni e l’investimento di 1 miliardo di dollari negli Usa.

Su WalMart, Trump ha detto che “dovrebbero pensare a una strategia per produrre nel Paese”. L’azienda ha risposto annunciando la nomina di 10mila lavoratori e un investimento di 1,3 miliardi di dollari. Ma la compagnia spera di non dover rinunciare ai progetti in Messico. Il presidente di Walmart Messico, Guilherme Loureiro ha detto che sarà aumentata l’infrastruttura logistica. Il presidente messicano, Enrique Peña Nieto, ha festeggiato la notizia.

LE TENSIONI CON AMAZON

Durante la campagna elettorale, il presidente americano ha accusato il fondatore di Amazon, Jeff Bezos, di utilizzare il quotidiano americano The Washington Post per danneggiare la sua immagine politica. Bezos comunque si è complimentato con Trump dopo la vittoria elettorale e ha promesso di creare 100mila nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti nei prossimi anni.

Anche le compagnie straniere stanno cercando di ravvicinarsi a Trump. Presidenti, ceo e rappresentanti di diverse società internazionali hanno sfilato nelle ultime settimane nella hall della Trump Tower.

L’INTERESSE ASIATICO 

L’interesse arriva soprattutto dall’Asia: Alibaba, Toyota, Softbank e Hyundai. Secondo il Financial Times ci sono sette imprese di Taiwan pronte a sbarcare negli Stati Uniti, tra cui Foxconn, l’azienda che produce gli iPhone. Alibaba ha promesso di creare un milione di posti di lavoro negli Usa, mentre Toyota ha detto di essere disposto a investire 10 miliardi di dollari in territorio americano. Softbank, invece, assumerebbe 50mila nuovi dipendenti e Hyundai spera di investire 3 miliardi di dollari.

LA PROMESSA DI MARCHIONNE 

Tra le aziende europee che fanno la corte a Trump c’è l’italiana Fiat Chrysler. Sergio Marchionne ha dichiarato che è disposto a chiudere alcune fabbriche in Messico per spostarle negli Stati Uniti, qualora il governo di Washington aumentasse i dazi sulle produzioni messicane. All’annuncio di Fiat dell’investimento di un miliardo di euro in Usa, Trump ha risposto con un tweet di ringraziamento per Marchionne.

Bernard Arnault, presidente della società europea di lusso LVMH (Louis Vuitton, Bulgari, DKNY, Fendi, Givenchy, Kenzo e Loro Piana), ha detto a Trump, i primi giorni di gennaio, che si stava preparando ad aprire nuove fabbriche in California e Carolina del Nord. Secondo l’Huffington Post, Trump vorrebbe una presenza ancora maggiore sul suolo americano della compagnia.

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