“Prevedo e auspico che si vada a votare a ottobre dopo aver approvato una buona legge elettorale entro giugno“. Gaetano Quagliariello non si iscrive al gruppo di chi – dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum – ha già chiesto, direttamente o indirettamente, di tornare subito alle urne. L’ex ministro per le Riforme del governo guidato da Enrico Letta – oggi leader del movimento politico Idea dopo una breve parentesi nel Nuovo Centrodestra – riconosce come nell’attuale contesto principale l’obiettivo sia di “andare al voto il prima possibile“, ma “non a tutti i costi“, aggiunge. Prima – sottolinea in questa conversazione con Formiche.net – sarà necessario intervenire con qualche forma di correttivo.
La decisione della Consulta avvicina le elezioni anticipate?
Questa sentenza necessita di un passaggio parlamentare. Se poi vogliamo leggerla con la lente dello storytelling – di chi si racconta la storia da solo – allora tutto è possibile. Anche affermare che la pronuncia della Corte consente di andare a votare domani.
Pare di capire che sostiene con forza la necessità di una modifica. E’ così?
La verità non credo sia strumentalizzabile oltre un certo livello. Voglio dire che le elezioni non sono un esercizio ginnico, bensì un istituto che esprime la sovranità del popolo in vista di un possibile governo della Nazione. La Corte Costituzionale – in due momenti differenti – ha fatto ciò che la legge gli impone: non ha lasciato un vuoto legislativo. Ciò non significa, però, che abbia scritto una legge elettorale.
Però l’ha definitiva “suscettibile di immediata applicazione”. Il problema è la mancata armonizzazione tra la legge della Camera e quella del Senato?
Entrambe – frutto di due sentenze della Corte – hanno un impianto proporzionale. Tuttavia, le differenze non mancano. La legge del Senato prevede venti collegi, reintroduce le preferenze, non contempla premi di maggioranza e incoraggia le coalizioni. Tutto il contrario di quella della Camera: in questo caso ci sono cento collegi, cui aggiungere anche i capilista bloccati, il premio di maggioranza per chi raggiunge il 40% e lo stop alle coalizioni.
Omogeneizzazione inevitabile dunque?
Un problema in questo senso c’è di sicuro e probabilmente – ma lo capiremo meglio nei prossimi giorni – ne esiste anche uno di scrittura. La Corte ha previsto, ad esempio, che una parte dei parlamentari possa essere eletta con sorteggio attraverso una soluzione definita “residuale” che rimanda a una vecchia legge del 1957. Mi augurerei che nelle motivazioni sia detto qualcosa in più.
Ci sono le condizioni politiche per il passaggio parlamentare che lei auspica?
Occorre non solo fare presto ma anche fare bene. In questa situazione prima si va a votare e meglio è. Ma ciò non può valere a tutti i costi. A mio avviso la soluzione giusta è che il Parlamento faccia il suo dovere e che i partiti lo aiutino in questo senso. Se poi ciò non accadrà, dovrà essere detto all’opinione pubbliche chi è che ha perso tempo.
Il suo obiettivo di fondo qual è?
Andare al voto il prima possibile con una legge elettorale che sia decente e omogenea e che agevoli il raggiungimento del vero obiettivo: consentire ai cittadini di esprimere un governo.
Le modifiche che immagina dovrebbero essere in senso maggioritario?
A mio avviso gli interventi prioritari sono due: innanzitutto una correzione maggioritaria del sistema elettorale perché, altrimenti, con il proporzionale puro si rischia la paralisi politica. In secondo luogo penso che in un modo o nell’altro sia anche necessario restituire ai cittadini il potere di scegliersi i rappresentanti.
Senza questo passaggio parlamentare pensa che il Paese sarebbe consegnato all’ingovernabilità?
Questo rischio esiste ed è dettato, in primis, dall’attuale situazione politica indipendentemente dalla legge elettorale. Siamo in una posizione quasi perfettamente tripolare: ai nastri di partenza si presentano tre poli distinti – ciascuno circa con il 30% potenziale dei voti – tra di loro assai poco conciliabili. Il pericolo d’ingovernabilità, dunque, esiste in partenza. Una legge elettorale questo rischio lo può lenire oppure amplificare. Noi dovremmo cercare con un po’ di responsabilità di diminuirlo.
Pensa al maggioritario perché crede all’ipotesi di un centrodestra unito? Non le pare che la distanza con Lega e Fratelli d’Italia sia ormai siderale?
Nel centrodestra, oggi, le ragioni per stare insieme sono molte di più rispetto a quelle per dividersi. Ovviamente questo non risolve tutti i problemi, ma partirei da questo assunto.
Eppure Salvini ha già lanciato le primarie e detto che potrà partecipare solo chi è contro l’Euro. Posizioni del genere non rendono complessa l’unità del centrodestra?
Salvini inizia la campagna per le primarie ancor prima di convocarle. Dopodiché si facciano le primarie e ognuno dica cosa vuole. Su questo aspetto, però, vorrei aggiungere un ulteriore spunto di riflessione.
Di cosa si tratta?
Su questo terreno gli elementi che legano gli europeisti critici e gli euroscettici sono ben più rilevanti di ciò che li divide dagli euro-acritici, coloro che accettano questa Europa così com’è. La quale francamente – anche per un’europeista come me – ha ogni giorno una ragione in meno di esistere.
Lei pensa a un centrodestra unito con il maggioritario, mentre Forza Italia lavora sottotraccia a una possibile alleanza post-voto con il Pd. Una belle differenza, non trova?
Spero che Forza Italia non sostenga davvero questa soluzione, secondo me sbagliata non solo dal punto di vista politico ma anche della convenienza. Oggi Forza Italia e Pd insieme non arriverebbero a ottenere la maggioranza né alla Camera né al Senato. Il rischio che può correre Forza Italia, in fondo, è questo: staccarsi dal centrodestra ma non avere la forza per fare una grande coalizione.
Ma si sentirebbe a suo agio in un centrodestra a guida salviniana?
Non è il mio leader di riferimento, certo. Le primarie serviranno a definire la leadership e non è escluso che si possa trovare anche un altro candidato vincente. Salvini è un’ipotesi, non un destino.
Quindi il centrodestra può essere ancora unito com’è stato in passato?
Innanzitutto capiamo con quale legge elettorale si voterà perché – se dovesse rimanere in vigore l’attuale – c’è il rischio che, sbagliando, qualcuno pensi si possa andare separati. Il dibattito, comunque, dovrebbe essere impostato in modo differente: bisogna partire dal tetto e non dalle fondamenta. Il primo problema da porsi non riguarda il nome del leader, ma come si faccia a rifondare il centrodestra e a candidarsi alla guida del governo. Dobbiamo ripartire da un programma comune e dal coinvolgimento della base.
In queste ore in molti si stanno lanciando in previsioni o auspici sulla data delle prossime elezioni politiche. Qual è la sua posizione?
Prevedo e auspico che si vada a votare a ottobre dopo aver approvato una buona legge elettorale entro giugno.