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Vi spiego cosa non funziona nella scuola italiana. Parla Suor Anna Monia Alfieri

Autorevole non spetta a me dirlo, ma libera certamente sì. Ho avuto la fortuna di poter studiare e di poter fare approfondimenti soprattutto in ambito economico e giuridico. Ciò che dico e scrivo è il frutto del mio percorso di formazione. E della mia fede”. Suor Anna Monia Alfieri può essere considerata a tutti gli effetti la figura di riferimento per quanti si battono affinché sia davvero garantita la libertà di scelta educativa nel nostro Paese. Paladina dell’uguaglianza tra scuola pubblica e scuola paritaria, da anni cura un seguitissimo blog su Formiche.net: “Penso che i cittadini apprezzino la semplicità e la linearità della mia posizione. E poi mi lasci aggiungere un ulteriore elemento: visto che non ho né marito né figli da sistemare, i lettori si rendono conto che sono assolutamente libera. Devo rendere conto solo alla coscienza e a Dio”.

Suor Anna, perché ha ingaggiato ormai da anni questa battaglia culturale?

Per difendere gli studenti: il mio obiettivo è che sia reso effettivo il diritto alla libertà di educazione riconosciuto ai genitori, che oggi in Italia viene ripetutamente calpestato.

In che senso scusi? 

Ai genitori è attribuito il diritto di dare ai figli un’educazione nel rispetto delle leggi, che sia conforme alle usanze della famiglia cui appartengono. Solo nell’antica Sparta i figli venivano sottratti ai genitori ed educati collettivamente, come in una caserma. Ma come si sa la cosa non è durata e ha prevalso la libera educazione di Atene, patria della democrazia. Se i genitori non hanno il diritto effettivo di scegliere come educare i propri figli, significa che lo Stato li considera incapaci di svolgere questo compito e di conseguenza inabili alle scelte educative per i figli.

E questo in Italia non avviene?

Se i genitori non sono liberi di scegliere l’agenzia educativa che ritengono migliore per i propri figli, ne consegue un danno gravissimo alla famiglia e alla società intera. E’ il peggio che possa capitare. Chi di noi può negare che la prima e più importante educazione l’abbia avuta dai propri genitori?

Ma il pluralismo non è garantito dalla scuola statale?

L’espressione pluralismo non si riferisce alle modalità attraverso cui i docenti esercitano la loro professione, ma alla libertà di scelta che dovrebbe essere garantita ai cittadini. Dovrebbe ma alla fine non è garantita visto che la scuola pubblica paritaria (ai sensi della legge numero 62 del 200 equiparata a quella pubblica) è troppo spesso inaccessibile per via delle rette troppo alte. I genitori – cui compete il diritto-dovere di educare i loro figli – dovrebbero poterla scegliere liberamente considerato che viene definita pubblica dalla legge. Invece ciò, di fatto, non è consentito. Come la mettiamo? Dove sta il pluralismo, cioè la possibilità di scegliere un’educazione conforma ai propri principi familiari?

Ma la Costituzione prevede o no questo modello di scuola?

Assolutamente sì! Il diritto all’istruzione chiama in causa la responsabilità educativa che la Costituzione riconosce in capo alla famiglia. Infatti l’articolo 30, comma 1, afferma che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio“. Un diritto-dovere cui corrisponde l’obbligo per lo Stato di corrispondere gratuitamente la prestazione educativa ai ragazzi. Questa logica traspare chiaramente dal successivo articolo 31 della Costituzione, secondo cui “la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi”, tra cui quello educativo.

Sta dicendo che la libertà d’insegnamento non spetta solo ai docenti ma anche ai genitori?

La libertà d’insegnamento implica necessariamente il diritto dei genitori di scegliere e la loro responsabilità in questo senso.  E’ la stessa Costituzione a prospettare il pluralismo educativo all’articolo 33 quando afferma che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Liberi sono quindi i docenti di prestare la loro competente professionalità allo Stato o ai privati, liberi sono gli enti educativi di aprire scuole, liberi non possono che essere i genitori.

Dunque cosa c’è che non va?

Il riconoscimento di questa libertà deve essere sostanziale e non formale, altrimenti si tratterebbe soltanto di una mezza libertà o di un suo misconoscimento. Non è pensabile che i Costituenti intendessero dire questo quando hanno scritto queste parole. La libertà esiste concretamente solo nel momento in cui essa si può esercitare. In caso contrario è semplicemente un “flatus vocis“. La garanzia costituzionale del diritto all’istruzione si articola in due distinti momenti: 1) la garanzia dell’attività educativa in sé considerata, per docenti, scuole e genitori; 2) la libertà di scelta del cittadino (genitore e studente) tra scuole statali e paritarie. Di questi due momenti, il più delicato è il secondo, nel senso che va assicurato a tutti i cittadini, anche ai più indigenti, il diritto di accedere alla scuola prescelta, senza condizionamenti economici o organizzativi.

Come la mette con l’articolo 33 della Costituzione che consente ai privati di istituire scuole e istituti di educazione “senza oneri per lo Stato”?

L’articolo 33, della Costituzione non si può ridurre a un inciso, ma definisce un quadro più completo e corretto. Peraltro, il diritto alla libertà di scelta educativa in capo alla famiglia non è ostacolato da questa previsione che si riferisce all’istituzione di scuole da parte di privati. L’espressione “senza oneri per lo Stato” va interpretata nel senso che lo Stato non ha l’obbligo di intervenire, ma neppure un divieto in tal senso
Va aggiunto che le scuole pubbliche paritarie, quelle cioè che, a precise condizioni, la legge sulla parità n. 62/2000 inserisce nel Sistema Nazionale di Istruzione, sono ben altra cosa rispetto alle scuole private.


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