Il commercio ambulante (195mila imprese, 530mila addetti) è in un caos aggravato dal decreto Milleproroghe. La direttiva europea del 2010 che ha preso il nome dall’allora commissario Frits Bolkestein prevede di mettere a gara una serie di servizi, tra questi il commercio su aree pubbliche.
Nel 2012 la conferenza Stato-Regioni definisce i criteri per i bandi che devono ri-assegnare le concessioni tra maggio e luglio 2017. Questi criteri favoriscono gli attuali titolari della concessione (fino a 60 punti per la “professionalità pregressa”, altri 40 per il concessionario uscente, la regolarità contributiva ne vale solo 7).
Secondo un parere dell’Antitrust, a dicembre 2016, le regole per i bandi potrebbero “di fatto dissimulare, nella sostanza, una forma di rinnovo automatico della concessione”. Diversi Comuni avevano avviato le procedure nei mesi scorsi: Milano, Bergamo, Brescia, Bologna, Ancona e altri. Gli attuali titolari delle concessioni consideravano il pericolo ormai scampato e puntavano a veder consolidata la propria posizione per il futuro: le nuove gare assegnano i permessi per almeno nove anni, una durata che l’Antitrust considera esagerata visto che vendere merce in un mercato non richiede investimenti tali da essere ammortizzati in un periodo così lungo.
Ma al Senato in commissione Affari costituzionali è passato un emendamento alla legge di conversione del decreto Milleproroghe – voluto probabilmente dagli ambulanti di città come Roma dove le gare non erano ancora organizzate e temevano per i destini della propria impresa – che proroga le concessioni attuali al 31 dicembre 2018, senza chiarire che destino avranno i bandi già avviati dai Comuni.
Il risultato scontenta tutti: i massimalisti che vorrebbero una (impossibile) cancellazione dell’obbligo di gara e i pragmatici che avevano trovato il modo di aggirare le conseguenze della Bolkestein.
(Articolo pubblicato su il Fatto Quotidiano)