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Belhadj, Isis, Libia e qualche inesattezza sull’inchiesta per traffico d’armi

Martedì a Napoli quattro persone sono state fermate con l’accusa di traffico internazionale di armi.  Si tratta dei coniugi di San Giorgio a Cremano Mario Di Leva e Annamaria Fontana, e loro figlio Luca (indagato a piede libero): avrebbero organizzato le vendite finite poi in Iran e soprattutto in Libia (tra i fermati anche un libico, Mohamud Ali Shaswish). A procurare le armi un imprenditore italiano, Andrea Pardi, titolare della Società Italiana Elicotteri s.r.l., e di un fitta serie di altre società di comodo e conti bancari all’estero.

La stampa italiana ha sottolineato che sia Mario che Luca Di Leva si erano convertiti all’Islam, in diversi casi evocando collegamenti col mondo del terrorismo. Probabilmente questi link nascono da un passaggio contraddittorio inserito nei documenti diffusi dalla Procura di Napoli. Testuale: “Per quanto attiene alla caratura dei rapporti dei coniugi Di Leva Mario e Fontana Anna Maria con leader libici si evidenzia l’importanza degli appunti rinvenuti sul computer in uso al Di Leva Mario ed, in particolare, del pro-memoria che essi hanno conservato circa l’incontro con tale Hamed Margani, annotando che si tratta di un rappresentante di tale Abdel Hakim Belhadj“. E si aggiunge a proposito di Belhadj: “È un noto combattente islamista ed è stato membro del Gruppo dei combattenti islamici libici, nonché indicato come capo del Daesh in Magreb”. Ossia, a Belhaj viene attribuito dagli inquirenti il ruolo di capo dello Stato islamico non solo in Libia ma nell’intera area nordafricana (Daesh è l’acronimo dispregiativo che gli arabi usano per descrivere l’Isis, e che spesso viene ripreso anche in Italia).

In realtà la ricostruzione su Belhaj sembra non essere troppo precisa: si basa su storie da diversi mesi in circolazione, ma tutte ascrivibili a fake news e mai riportate da fonti di stampa o analisti accurati. Per esempio, Arturo Varvelli (nella foto), ricercatore dell’Ispi e Head of Terrorism Research Program dell’importante think tank italiano, spiega a Formiche.net che Belhadj, “non è il capo dell’Isis in Libia”. “L’equivoco nasce da alcuni articoli di pessima stampa pubblicati da sedicenti siti anti-imperialisti e ripresi poi da altri noti siti di disinformazione”. E allora, chi è? “Belhadj è un miliziano libico, certamente con una lunga storia di militanza jihadista, prima con i mujaheddin che combatterono i russi in Afghanistan, poi, molto probabilmente anche con Al Qaeda: un’operazione della Cia lo consegnò alla Libia, dove trascorse alcuni anni nelle carceri di Gheddafi. Dopo la rivolta del 2011 si è ricostruito un’immagine, si è ritagliato un ruolo politico fondando il partito Al Watan e correndo alle elezioni, seppure con scarso successo. Neppure un anno fa Belhadj è stato a Roma per un incontro di leader libici promosso da Sant’Egidio e venendo intervistato da Repubblica“.

Una lettura analoga la dà Cristiano Tinazzi, giornalista da anni inviato in Libia: “L’incredibile serie di strafalcioni e inesattezze contenute nelle carte firmate dai Sostituti Procuratori della Repubblica Maresca e Giordano salta agli occhi non appena si leggono le prime righe. Soprattutto quando si definisce Abdelhakim Belhadj un uomo dell’Isis. Anzi non un uomo ma addirittura il capo di ‘Daesh nel Maghreb'”. Dove sono le inesattezze? “Fermo restando che la Libia non è neanche considerabile come Maghreb, al massimo è intesa nel quadro del cosiddetto Grande Maghreb, l’ignoranza degli organi inquirenti e la confusione tra ruoli e referenti nella vicenda libica è talmente evidente che farebbe crollare ogni ipotesi di sostegno al ‘terrorismo internazionale’, tesi che i magistrati vogliono invece far passare. Tesi raccolta da una pletora di giornalisti poco informati e incapaci di fornire qualsiasi strumento di analisi”. Perché? “Perché Belhadj non è ricercato, non è nella lista di persone coinvolte nella struttura dello Stato Islamico in Libia e non ha mai avuto rapporti con lo Stato islamico”. Tantomeno dunque non è il capo di Isis nel Maghreb: ma chi è allora? “Belhadj attualmente è un uomo d’affari e leader di un partito politico, che da diverso tempo non ha più nessun tipo di ruolo ufficiale con le milizie o forze di polizia a Tripoli, ed è tra coloro che sostengono il primo ministro designato Fayez al Serraj, a sua volta sostenuto dalle Nazioni Unite”. Ossia, gli stessi che hanno combattuto il Califfato a Sirte.

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