Si respira una crescente tensione nei quadri della Lega. Gli ultimi sondaggi (fonte Tg la7) danno il partito in calo di quasi mezzo punto in una settimana, e certamente hanno inciso le recenti schermaglie fra il segretario Matteo Salvini e il presidente Umberto Bossi, protagonisti negli scorsi giorni di reiterati battibecchi. La novità è che, al nord, ci sono segnali, seppur timidi, di un ricompattamento delle truppe del Senatur.
SALVINI “STOPPA” IL SENATUR
C’era una volta la Lega Nord di Bossi: quella della Padania, quella dell’ampolla con l’acqua del Po, quella di Roma ladrona. La Lega del “cerchio magico”, che nel 2012, dopo gli scandali finanziari, venne spazzato via da Roberto Maroni, letteralmente a colpi di ramazza. Quella famosa “notte delle scope” di Bergamo ha favorito la scalata di Salvini che poi ha rottamato, della vecchia Lega, quasi tutto: buona parte dei vertici, un esercito di militanti, gli ideali secessionisti, e presto, a quanto pare, anche la parola “Nord”. Perché, dice oggi il segretario, “il nemico non è Roma ma Bruxelles”.
C’era una volta la Lega Nord di Umberto Bossi, ma non è detto che non ci sia più. Qualcosa, fra i nostalgici del Carroccio delle origini, si sta muovendo. Il vecchio leader è irrequieto: stuzzica Salvini, promuove l’alleanza con Berlusconi e, in definitiva, tenta di dettare nuovamente la linea. Per tutta risposta il suo successore ne ha congelato la candidatura alle politiche con un eloquente “ne parleremo”.
GLI “AMICI DI BOSSI” REAGISCONO
Una parte della base sta reagendo. Succede in Piemonte, dove qualche giorno fa, su Facebook è nato il gruppo “Amici di Umberto Bossi”, guidato dall’ex parlamentare padano Oreste “Tino” Rossi. Non è un partito, non è un movimento, forse un giorno sarà una corrente, ma è ancora presto per dirlo. Di certo, per ora, c’è soltanto che il gruppo si riunirà giovedì 16 febbraio al ristorante “L’Assedio” di Castagneto Po, facoltoso comunello della collina torinese. La notizia è che alla cena/comizio è atteso proprio Bossi, “a cui saremo in tanti a raccontare i malumori e le perplessità che nutriamo nei confronti di questa nuova Lega”, spiega Rossi.
Insomma: sarà pur vero che il partito populista di Salvini scala i sondaggi su scala nazionale, ma una buona parte della base storica non apprezza quasi nessuna delle recenti mosse del segretario, a partire da quel tricolore che Bossi esortava a “mettere al cesso” e che Salvini invece vorrebbe piazzare sul simbolo elettorale.
I nostalgici piemontesi provano a ricompattarsi già da un paio d’anni, ma i tentativi non sono andati a buon fine, almeno finora. Stavolta qualcosa potrebbe cambiare perché il “quasi stop” di Salvini alla candidatura di Bossi viene interpretato da molti come un oltraggio al fondatore. “Quando ho letto quella dichiarazione di Salvini ho lanciato l’idea di questo gruppo – spiega Tino Rossi – Bossi è la Lega. Lui l’ha fondata, non merita questo trattamento”. Rossi è fuori dal Carroccio dal “repulisti” del 2012 che ha consegnato il partito a Maroni prima e a Salvini poi. Assieme a lui, in Piemonte, hanno dovuto abbandonare il campo buona parte dei vertici del partito, che l’anno scorso ha eletto alla segreteria regionale Riccardo Molinari, fedelissimo di Salvini. Dopo la sconfitta contro Chiamparino è evaporato pure il governatore Roberto Cota, un altro che a Bossi è stato molto legato. E poi, a cascata, se ne sono andati molti militanti in una lunga serie di faide interne, per esempio quella che in Canavese ha decimato la sezione. “All’adunata torinese ci saranno molti che sono ancora nel partito – annuncia Rossi – Tutti noi abbiamo qualcosa da dire a Bossi. Cosa non apprezziamo? Gli accordi con l’estrema destra, a partire da Casa Pound. L’alleanza con Marine Le Pen. L’eccessivo verticismo lamentato da molti amici ancora iscritti”.
NASCE UNA CORRENTE?
Rossi assicura che Bossi verrà. “Sicuro al 70%. Temo però che qualcuno farà pressioni affinché non si presenti”. C’è attesa per sapere chi, fra i “big” del Carroccio piemontese, sarà a Castagneto Po. A parte Rossi, dovrebbero esserci gli ex deputati Matteo Brigandì (“l’avvocato del Carroccio”) e Roberto Ceresa. Qualcuno suggerisce che potrebbero spuntare Cota, Mario Borghezio o la consigliera regionale Gianna Gancia, la moglie di Roberto Calderoli, che l’anno scorso, candidata per il fronte bossiano, sfidò Molinari al congresso. Ovviamente, se Bossi alla fine deciderà di non venire, nessuno dei big ancora in pista si farà vedere.
Non è facile prevedere se quello degli “Amici di Umberto Bossi” sarà un fuoco di paglia o l’inizio di qualcosa di più concreto all’interno del partito. Certo è che Rossi, a chi gli chiede se ci sia lo spazio perché il gruppo diventi una corrente, non dice di no. “Io ho finalità personali più che politiche, perché sono fuori dalla Lega. Ma nel partito sono tanti a spingere per tornare alle origini: promuovere il federalismo, aumentare il potere delle Regioni, lavorare per un’Europa a due velocità: era un’idea di Bossi”.
LA DIASPORA DEI MILITANTI
Insomma, qualcuno che spera di annullare gli effetti della rivoluzione salviniana, nel profondo Nord, c’è. Del resto il nuovo corso del “felpetta” (così i detrattori chiamano Salvini), oltre a indubbi benefici “numerici” su scala nazionale, ha avuto un effetto collaterale: la smobilitazione di buona parte della vecchia guardia padana. Fino a pochi anni fa era difficile non imbattersi in un gazebo di attivisti all’ombra di uno qualsiasi dei campanili della provincia piemontese. Oggi, buona parte di quel patrimonio di militanza è andato perduto, sacrificato sull’altare del populismo euroscettico che non piace a molti leghisti della prima ora, sempre legati all’articolo 1 dello Statuto, quello che indica come obiettivo l’indipendenza della Padania. Per gli “Amici di Umberto Bossi” è tempo di tornare al passato.