E così il Libro bianco della Difesa è uscito dall’oblio. Il Consiglio dei ministri del 10 febbraio ha varato un disegno di legge delega al Governo per riorganizzare i vertici del ministero, il modello operativo delle Forze armate, la formazione e in generale il modello professionale. L’obiettivo è arrivare a Forze armate più asciutte e più efficienti, cioè quanto previsto dal Libro bianco già da qualche anno e che finora era rimasto lettera morta.
Se si vanno a rileggere i comunicati stampa diffusi dal Quirinale dopo le riunioni del Consiglio supremo di Difesa degli ultimi due anni, si vedrà che regolarmente c’era un passaggio nel quale si sollecitava il governo ad avviare i provvedimenti necessari riguardo al Libro bianco, ma poi non avveniva nulla. Forse un sintomo dello scarso interesse di Matteo Renzi verso le Forze armate. Restando ai fatti, con il cambio di governo arriva la delega che contiene quattro linee-guida: la revisione della governance, con vertici più snelli; una maggiore integrazione con l’eliminazione di duplicazioni e minori livelli gerarchici; una sostanziale modifica delle proporzioni tra chi è a tempo indeterminato e chi a tempo determinato; un diverso approccio nella politica industriale con più collaborazione tra Difesa, università e ricerca.
In pratica, significa che gli Stati maggiori saranno più asciutti di oggi e che ci sarà meno possibilità di carriera per gli ufficiali che più difficilmente avanzeranno di grado e raggiugeranno incarichi apicali. Inoltre, e non sarà facile, ciascuna arma dovrà cedere qualcosa per eliminare sprechi e sovrapposizioni (basti pensare a certi settori della manutenzione). Riguardo alla rimodulazione del modello professionale, oggi largamente sproporzionato a favore di chi è a tempo indeterminato, retaggio dei decenni scorsi, dall’iniziale obiettivo del 50-50 il ministro Roberta Pinotti ha spiegato che più realisticamente si cercherà di arrivare a un 60 per cento a tempo indeterminato e un 40 per cento di militari che trascorreranno un po’ di anni in divisa prima di trovare un altro lavoro. Su questo la riforma prevederà un aiuto per chi è oggi in ferma prefissata a transitare in altre amministrazioni (e non solo nelle forze dell’ordine) dove mettere a frutto le professionalità raggiunte. E’ previsto che entro il 2024 il personale si riduca a 150 mila: “Oggi – ha detto il ministro – abbiamo l’82 per cento dei dipendenti della Difesa con contratto a tempo indeterminato e questo produce drammatici effetti sull’invecchiamento del personale che ha un’età media di 38 anni”.
Un altro passaggio importante riguarda la figura del Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, oggi un ufficiale a quattro stelle come il capo di Stato maggiore della Difesa. I due incarichi saranno divisi e, ha detto il ministro, “un domani ci sarà un direttore nazionale armamenti e responsabile logistica” spiegando che tale incarico potrà essere assegnato a un civile, possibilità “già prevista nella legge 25 del 1997 di riforma dei vertici” aggiungendo che dunque anche “i dipendenti civili della Difesa potranno ambire a un vertice apicale”. A contorno di tutto quanto resta il problema dei fondi e degli investimenti: rilevante la novità che la legge di finanziamento per quanto è necessario al settore sarà sessennale perché gli investimenti e le strategie hanno bisogno di tempi più lunghi di quanto non sia avvenuto finora. Il 7 febbraio, dinanzi alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, il ministro aveva ricordato che la spesa per la Difesa in Italia tocca l’1,18 per cento con un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni. “Siamo lontani dal 2 per cento, ma è spesa molto qualificata”.
Su questo ci saranno molte discussioni in Europa e in sede Nato. Il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, ha più volte sollecitato i paesi membri ad arrivare a quel 2 per cento, prima Barack Obama e oggi Donald Trump hanno detto più volte che gli Usa non potranno spendere per gli europei come hanno fatto finora. La discussione su qualità e quantità citata da Pinotti, cioè che non si tratta solo di quanto investire, ma anche di come, sarà probabilmente un tema centrale dei prossimi mesi e anni.