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Poste Italiane, tutti gli ultimi dossier di Francesco Caio

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I dettagli e l’orizzonte temporale della seconda tappa della privatizzazione di Poste italiane, i rischi potenziali per la svalutazione della quota detenuta nel Fondo Atlante e i rilievi della Corte dei Conti. Ecco le ultime novità sul gruppo guidato da Francesco Caio e presieduto da Luisa Todini.

LA PRIVATIZZAZIONE

Messa “sulla rampa di lancio” dal governo presieduto dal premier Paolo Gentiloni, la privatizzazione del 29,7% di Poste ancora in mano al Tesoro verrà collocata sul mercato entro l’estate. A confermarlo è stato negli scorsi giorni il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Avverrà “verosimilmente nella primavera o nell’estate di quest’anno”, ha detto il ministro nel corso di un question time alla Camera, precisando che il tutto avverrà “in linea con gli impegni assunti dal governo in Europa sulla riduzione del debito pubblico”. La collocazione sul mercato della seconda tranche di Poste Italiane dovrebbe portare nelle casse del Tesoro circa 2,4 miliardi di euro, mentre la quotazione del 35,3% della società, realizzata nell’ottobre 2015, aveva generato entrate per 3,1 miliardi.

A cose fatte via XX Settembre deterrà comunque il controllo indiretto del gruppo attraverso il 35% in mano a Cassa Depositi e Prestiti, al quale si somma la presenza della soglia del 5% al possesso azionario per soggetti diversi da enti pubblici o da soggetti da questi controllati.

LE SVALUTAZIONI DI ATLANTE

Preoccupazioni – secondo alcuni osservatori – sembrano arrivare sul fronte Atlante, il fondo salva-banche che rileverà le sofferenze degli istituti di credito italiani, nel quale Poste Italiane con Poste Vita ha contribuito con un impegno finanziario di 240 milioni. Dopo che Unicredit ha rivisto al ribasso le proprie previsioni sull’anno, prevedendo un miliardo aggiuntivo di perdita netta a causa della svalutazione della sua partecipazione in Atlante, numerosi dubbi si sono riversati, inevitabilmente, sugli altri soci, Poste compresa.

Anche se c’è chi tende a rassicurare: “Per le assicurazioni, che nel fondo hanno investito altri di 500 milioni, il rischio sembra limitato. Non solo perché le compagnie potrebbero evitare la svalutazione nei bilanci civilistici se dimostrassero che non si tratta di una perdita durevole, ma soprattutto perché gran parte di quelle quote sono finite nelle polizze Vita ovvero le gestioni separate che valutano gli asset al costo storico e che non contabilizzano le perdite a meno di vendita degli asset interessati”, ha scritto Anna Messia su MF/Milano Finanza passando poi nello specifico al caso Poste: “La situazione emerge chiaramente nel bilancio semestrale di Poste Vita, capofila delle assicurazioni italiane nell’adesione ad Atlante. La compagnia ha deliberato la sottoscrizione di 260 milioni. Nel bilancio di giugno si evince che il Fondo aveva richiamato 155 milioni, di cui 137,1 milioni allocati alla gestione separata PostaValorePiù (che ha complessivamente 85 miliardi di asset) e solo per 17,9 milioni allocati al patrimonio libero della società. Una situazione che sembra ripetersi anche nelle altre assicurazioni coinvolte che avrebbero investito in Atlante prevalentemente tramite le polizze, diluendolo in patrimoni decisamente più grandi”, ha scritto Messia.

I RILIEVI DELLA CORTE DEI CONTI

I compensi attribuiti all’amministratore delegato del gruppo sono finiti sotto la lente della Corte dei Conti: “Nel 2014, con la nomina del nuovo consiglio di amministrazione, ha trovato applicazione per la prima volta per Poste italiane l’art. 23 bis – comma 5-quater (comma aggiunto dall’art. 84 ter, c. 1, d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla l. 9 agosto 2013, n. 98) del d.l. 201/20117 , in tema di retribuzione dei vertici aziendali. All’atto della determinazione dei compensi complessivamente corrisposti al nuovo Amministratore delegato e Direttore generale, si è posta la necessità di effettuare una valutazione preliminare in merito al compenso complessivamente corrisposto al precedente Amministratore delegato e Direttore generale della Società, al fine di contenere la misura dei nuovi compensi entro il 75 per cento di quelli precedenti”, si legge nella relazione della magistratura contabile sulla gestione finanziaria di Poste Italiane per l’esercizio 2015.

La Corte dei Conti specifica che “per la carica di Amministratore delegato è stato previsto il riconoscimento di un compenso fisso omnicomprensivo pari a euro 638.937,35 annui lordi; per il rapporto di lavoro dirigenziale (carica cumulata con quella di Amministratore Delegato) è stata determinata una retribuzione fissa nell’importo annuo pari a euro 425.958,23 lordi e una retribuzione variabile fino a un massimo di euro 319.489,60 lordi annui. Nel corso dell’anno 2015, in relazione al processo che ha portato alla quotazione in Borsa delle azioni della Società, sono stati assegnati ulteriori compensi in forma di bonus”.

Dalla relazione emerge infatti che Caio ha incassato un premio per la quotazione in Borsa: “Il Consiglio di amministrazione ha approvato la proposta del Comitato Remunerazioni di assegnare in favore del Direttore generale una misura premiale di carattere straordinario (cd “IPO Bonus”) – per un importo complessivo di euro 370.127,60”. Nel dettaglio la Corte ha scritto che “una prima quota, pari al 50 per cento del premio – euro 185.064 – corrisposta con accredito sul primo cedolino utile, successivo alla data di ammissione alle negoziazioni in Borsa; la rimanente quota viene corrisposta in tre tranche differite”.

A conti fatti Caio nel 2015 ha guadagnato più del 75% del compenso complessivo ottenuto dal precedente capoazienda Massimo Sarmi nel 2013, che era stato pari a 1,56 milioni. Nel 2015 la sua retribuzione complessiva ha raggiunto 1,48 milioni, circa il 95% di ciò che incassava il suo predecessore.

tabella caio

(Tabella estratta dalla relazione della Corte dei Conti)

 

 



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