(Ultima parte dell’analisi del ricercatore Luca Longo)
In tutta Europa i populisti avanzano ed è probabile che questo produca due effetti. Prima di tutto, i novelli governanti si troveranno a fare i conti con le loro promesse elettorali e scopriranno che è facile cavalcare la rabbia popolare ma è meno semplice placarla. È perciò prevedibile che non saranno in grado di dare un deciso impulso all’economia di ciascun Paese.
Inoltre, partiti che hanno raggiunto il potere sulla base del No all’Europa provocheranno ulteriori spinte nazionaliste permettendo così non solo alla vicina Russia ma anche a Cina, Usa e Gran Bretagna, di consolidare relazioni commerciali uno a uno con le singole nazioni da una posizione di forza, incluso il commercio di idrocarburi. In una stagione di sviluppo quantomeno “lento”, converrà a tutti mantenere bassi i prezzi dell’energia.
Per l’Europa, e in particolare per il nostro Paese, questa sembra l’ultima occasione per rilanciare gli investimenti e dare una spallata che permetta di riavviare l’economia approfittando delle prospettive favorevoli create dalla nuova politica monetaria della Banca Centrale Europea, dalla svalutazione dell’euro che rende la nostra bilancia commerciale più competitiva di prima, dalla gigantesche scoperte di gas effettuate da Eni proprio nel Mediterraneo e, soprattutto, dell’attuale basso costo dell’energia.
Potrebbe essere anche il momento buono per investire seriamente sulla ricerca di nuove tecnologie per lo sfruttamento di fonti di energia rinnovabili, prima che qualche altro grave fattore esterno provochi una impennata nel prezzo dei combustibili fossili. Non dimentichiamo che le aree politicamente più instabili del pianeta sono proprio quelle dove si trovano i maggiori produttori di energia.
Quinta parte dello speciale
(6.fine)