Skip to main content

Ecco come la Russia di Putin con Rosneft si muove nel Mediterraneo fra Egitto, Qatar e Italia

mediterraneo daghestan, Russia, Putin

“Nel Mediterraneo c’è un ordine geopolitico da (ri)costruire, la Russia s’è inserita con forza in questa esigenza, e ora si trova in una posizione di controllo: è il banco che dà le carte e sta usando i suoi asset principali per muoversi”. E questo in sintesi estrema ciò che Mosca sta facendo nel Mare Nostrum secondo l’analisi di Uberto Andreatta, senior corporate governance advisor presso lo Studio Legale Scala di Milano, esperto di fondi sovrani e investitori di lungo termine.

L’ASSET STRATEGICO: L’ENERGIA

Partiamo dall’Italia: ha un ruolo centrale in queste dinamiche? “L’Italia al di là di tutto è un punto di riferimento imprescindibile in quest’ordine, per il suo destino geografico: ma Roma non ha la forza per costruire o guidare da sola il processo, perché non ha le opzioni, gli asset, che ha la Russia”. “Bisogna tenere conto – prosegue Andreatta – che un ordine, piaccia o no, si basa innanzitutto su un controllo militare. E Mosca nel Mediterraneo, nonostante venga comunemente descritta come una superpotenza globale, ha un grosso problema: si parla di un mare, e militarmente quel controllo dovrebbe essere espresso a livello navale dunque, ma la flotta russa consta di un solo gruppo da battaglia, e l’ultima visita nell’area dell’unica portaerei russa (la Kuznetzov, ndr) ha dimostrato che al di là del ruolo simbolico il mezzo è datato”. E allora, com’è possibile creare quell’ordine? “È qui che la strategia russa diventa interessante: al Cremlino sanno che non possono utilizzare unicamente la forza militare e dunque hanno puntato su uno dei loro principali asset strategici: il petrolio e le risorse energetiche”.

IL RUOLO DI ROSNEFT

La dimensione energetica è dunque l’elemento che può portare alla costruzione di un ordine stabilizzato per il Mediterraneo: “La Russia ha utilizzato Rosneft per chiudere accordi con l’Eni sul grande giacimento di gas Zohr e si sta interessando a quelli israeliani più a est. La Russia ha scelto di muovere in questi affari Rosneft, che è un’azienda a controllo statale specializzata in prodotti petroliferi, e non ha impegnato Gazprom, omologa nel campo del gas, che è la materia prima di quei giacimenti. Perché?” Già, perché? “Potrebbe esserci una lettura che riguarda gli affari interni di Mosca. È noto che il presidente Vladimir Putin stia un po’ epurando e contemporaneamente ricostruendo il suo inner circle, e in questo processo politico una sicurezza rimane: Igor Sechin, il capo di Rosneft, che può essere considerato quasi un vice Putin. Far muovere lui è per certi versi una garanzia per il presidente, è una questione di fiducia”.

I LINK TRA RUSSIA, ITALIA E QATAR

Ma c’è dell’altro, spiega Andreatta: “Se si allarga lo sguardo però è impossibile non notare che Rosneft è l’azienda ideale per definire questi schemi. Pochi mesi fa, per esempio, il 20 per cento della società petrolifera è stato privatizzato, con un intervento corposo della Qatar Investment Authority, finanziato da Intesa Sanpaolo. La banca italiana ha grandi legami con la Russia, costruiti soprattutto grazie ad Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia. Ma c’è di più: Rosneft ha già storiche relazioni con l’Italia, penso per esempio al ruolo avuto in Saras della famiglia Moratti. Si tratta di relazioni che vanno oltre l’aspetto economico-finanziario, sono strategiche”. E il Qatar? “Il Qatar rientra pienamente in questa operazione: ha interesse perché le manovre di Rosneft, in cui ha investito, abbiano successo, e allo stesso tempo ha enormi legami con l’Italia. Per esempio, noi dipendiamo per il 10 per cento dal gas naturale di Doha, che viene gestito attraverso l’impianto di rigassificazione di Rovigo, di cui i qatarioti detengono ancora il 20 per cento, una quota scelta come garanzia di sicurezza per i guadagni futuri. E va ricordato che il Qatar vende il gas in forma liquefatta, ha bisogno quindi di questi scali, e soprattutto ha bisogno che i passaggi cruciali per le navi che esportano il proprio bene siano liberi. In Italia arriva via Suez, per capirci”.

LA STABILIZZAZIONE

E dunque il quadro: “La Russia – spiega Andreatta – inserendo Rosneft in queste dinamiche mediterranea si assicura l’amicizia italiana e qatariota. Quest’ultima serve anche per rassicurare l’Egitto del presidente generale Abdel Fatah al Sisi: Sisi combatte l’Islam politico rappresentato dalla Fratellanza musulmana, storicamente sponsorizzata dal Qatar, ma se il Qatar è all’interno di quelle dinamiche, il Cairo è tranquillo che gli emiri non spingono le destabilizzazioni nella regione”. Per far funzionare questi affari economici serve stabilità, serve un ordine politico-militare-economico, ecco la garanzia. “Gli egiziani, tra l’altro, hanno la sovranità territoriale nell’area di Zohr, e questo significa che tenerli felici è importantissimo, e di questo schema russo beneficia anche l’Italia. E non va dimenticato che nel lato est del Mediterraneo i grandi pozzi come quello egiziano (il più grande del bacino, ndr) e quelli israeliani comporteranno la costruzione di gasdotti, che a differenza del petrolio (che lo estraggo, lo imbarco e poi lo vendo al miglior offerente), sono infrastrutture che segnano fisicamente i legami tra stati”.

LA LIBIA: L’ULTIMO TASSELLO

Rosneft ha da poco annunciato anche un accordo con la Noc, la società statale libica che si occupa di petrolio, è parte del quadro? “Certamente, in questo puzzle l’ultima tessera è l’anello libico. La Libia ha una capacità produttiva in crescita, ha già un gasdotto costruito con l’Italia e poi ha sul piatto vari impegni del fondo sovrano Lia. E il principale punto di instabilità. Ora Mosca dovrà risolvere un’ambiguità importante, perché non può tessere trame dal lato est del paese, facendo da sponsor all’opposizione del governo che l’Onu sta cercando di sostenere. Non può perché la Russia è membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma la strategia con Rosneft è la costruzione di un ordine regionale in cui inserirla”. E anche qui potrebbe rientrare l’impegno con Italia e Qatar? “L’Italia sta lavorando molto a livello diplomatico sia a Tripoli che a Bengasi, e il Qatar per lungo tempo ha fatto da sponsor alle milizie ideologiche tripoline e dunque ha ascendente su una parte di opposizione al governo onusiano: contemporaneamente sull’altro lato trova l’Egitto e gli Emirati Arabi”. Si piazza su entrambi i lati.

NON CI SONO OPPOSIZIONI

“Diciamo che in questo momento – prosegue Andreatta – non c’è nessun genere di opposizione in questo grande schema mediterraneo che la Russia sta pensando: gli Stati Uniti sembrano piuttosto disinteressati e puntano alla costruzione di una stabilità, e perfino la Cina può essere d’accordo. La Via della Seta di Shangai approda a Venezia e Suez è un passaggio cruciale, Pechino chiede che nell’area non ci siano problemi, ha un approccio non ideologico, cura più che altro i propri interessi. Gli importanti stati europei, come la Francia e la Germania, o il Regno Unito, sono alle prese con delicate questioni interne, e ancora: la Turchia è sotto controllo per la situazione in Siria, l’Algeria è un alleato. Se Mosca avesse pensato di costruire questo schema con la forza militare, all’interno di paesi musulmani, avrebbe avuto molti più problemi: la scelta dell’energia è strategica e probabilmente funzionale”.



×

Iscriviti alla newsletter