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Prove tecniche di accordo fra Santa Sede e lefebvriani

Non manca che un timbro. E delle condizioni precise che solo il Papa in persona può garantire. A dare per praticamente definito l’accordo tra Santa Sede e la Fraternità sacerdotale San Pio X è il superiore dei lefebvriani, Bernard Fellay (in foto).

LE CONDIZIONI POSTE DAI LEFEBVRIANI

Intervistato dalla francese Tv Liberté, Fellay si è riferito al recente invito del vescovo Athanasius Schneider che chiede alla Fraternità di accettare la proposta di Roma per una regolarizzazione canonica, anche se le cose potrebbero “non essere soddisfacenti al cento per cento”. Fellay conferma: “Non credo che sia necessario aspettare che sia tutto a posto”. Ma, avverte: “Ci sono un certo numero di condizioni che sono necessarie e, per noi, la condizione essenziale è quella di poter sopravvivere … che restiamo così come siamo, il che significa che vogliamo conservare tutti i princìpi che ci hanno tenuto in vita finora, che ci hanno fatto restare cattolici”.

UNA STORIA DI STOP AND GO

Fondata nel 1970 dal vescovo Marcel Lefebvre, in contrasto con gli esiti del Concilio Vaticano II, i rapporti della Fraternità con Roma sono stati tesi fino alla definitiva rottura del 1988, in seguito all’ordinazione di quattro vescovi senza mandato pontificio. Il cammino di riavvicinamento è ripreso già con Giovanni Paolo II. Poi il passo di Benedetto XVI, che nel 2009 ha revocato la scomunica ai vescovi scomunicati nel 1988. Ma per tornare in comunione con Roma, la Santa Sede ha sempre chiesto delle condizioni precise sul piano dottrinale. Compresa una piena accettazione del Vaticano II da parte della Fraternità. Da qui il tira e molla inconcludente: erano e sono punti che nell’insieme i lefebvriani non sono mai stati intenzionati a sottoscrivere.

MENO VINCOLI SUL CONCILIO

Oggi quegli aspetti finiscono sullo sfondo, si fanno più leggeri. Avanza una proposta che tiene fermo l’essenziale: l’accettazione da parte della Fraternità del Credo, della messa nata nel post-concilio e, ovviamente, l’obbedienza al Papa. “La sottomissione al Papa la mostriamo già”, evidenzia Fellay. Quanto ai punti di disaccordo, sottolinea come negli ultimi due anni viene ammesso che “ci sono delle proposizioni che sono state enunciate dal Concilio che non sono dei criteri di cattolicità”. Il Vaticano, secondo Fellay, lascerebbe quindi liberi i lefebvriani di continuare ad essere in disaccordo e discutere sui temi della libertà religiosa, su come viene praticato l’ecumenismo e inteso il rapporto tra Chiesa e Stato. Punti che al di là della riforma liturgica hanno sempre animato la critica al Vaticano II da parte dello stesso Lefebvre. Per Fellay un risvolto essenziale: “Significa che si ha il diritto non di non essere d’accordo e, al tempo stesso, di essere considerati cattolici”.

LE APERTURE DI FRANCESCO

Se Ratzinger aveva revocato la scomunica ai quattro vescovi della Fraternità, anche Bergoglio si è spinto avanti. L’atto più importante, la concessione data in via eccezionale durante il Giubileo della misericordia ai preti lefebvriani di confessare non solo validamente ma anche lecitamente dal punto di vista canonico. Una concessione confermata poi in maniera definitiva al termine dell’Anno santo.

PARADOSSO BERGOGLIO

Già nel marzo scorso Fellay si interrogava sulla benevolenza di Bergoglio verso la Fraternità. Se per Benedetto XVI questa si poteva comprendere per la sua attenzione per la liturgia antica, “con Francesco non si vede questo attaccamento, si potrebbe anche dire che è proprio il contrario”. Eppure, già da cardinale e poi da Papa, Bergoglio si è sempre mostrato sensibile verso i lefebvriani. Ha detto di avere letto due volte la biografia del fondatore scritta da Bernard Tissier de Mallerais. Da arcivescovo ha facilitato l’azione della Fraternità, ottenendone visti per i suoi seminaristi non argentini. Diventato Papa, il suo successore a Buenos Aires, il cardinale Mario Aurelio Poli, ha dato il suo appoggio alla Fraternità in vista di un riconoscimento da parte dello Stato. Un’apertura che difficilmente non ha avuto l’avvallo diretto del Papa. Nell’ultima intervista, Fellay propone un parallelo tra l’apertura ai divorziati risposati di Amoris laetitia e alla Fraternità Pio X: due atti che “scaturiscono da uno stesso impulso, l’interesse del Santo Padre per i reietti di ogni tendenza”. “Non siamo una periferia nel senso stretto del termine – aggiunge – ma siamo comunque dei reietti, diciamo, dell’apparato ecclesiastico. E, in questo senso, siamo degli emarginati che il Papa rimprovera alla Chiesa di aver dimenticato o messo da parte”.

QUEL “COUP DE TAMPON”, VIA PER LA PRELATURA

Per Fellay agli accordi con Roma non mancherebbe qu’un coup de tampon. Il timbro che apre il cancello all’ovile romano è quello sulle carte per attribuire alla Fraternità lo status canonico di prelatura personale, ad oggi concesso solo all’Opus Dei. Un istituto giuridico paragonabile ad una diocesi senza confini geografici. Una soluzione che consentirà ai lefebvriani ampia libertà, con un superiore proprio, con prerogative paragonabili al vescovo diocesano.

C’È CHI DICE NO

Papa Benedetto è stato molto contestato per le sue aperture ai “tradizionalisti” dagli ambienti più progressisti: prima per la liberalizzazione del messale pre-conciliare del 1962 (semplificando: la messa in latino), poi per la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani. Al contrario, Papa Francesco e Fellay sono oggi guardati con sospetto dentro il mondo tradizionalista; quello più critico verso l’attuale pontificato. Si domanda il giornalista e scrittore Alessandro Gnocchi: “È così importante avere dall’abbraccio mortale di Bergoglio un riconoscimento canonico?”. Il punto, argomenta, è che l’accordo “senza una controparte dottrinale”, rischia proprio “di sancire definitivamente l’irrilevanza della dottrina” nella Chiesa con la complicità della Fraternità. Altri temono che accordarsi con Roma in questo momento rischia di portare ad un immediato commissariamento della futura prelatura.

IN CIFRE, OPERE E SEMINARI

Di fatto la Fraternità cresce. Ad oggi conta 613 sacerdoti, 117 frati, 80 oblate, 215 seminaristi. Difficile conteggiare il numero dei fedeli attirati dalla liturgia pre-conciliare. Per qualcuno stimabile intorno al milione. Intanto, mentre la crisi delle vocazioni religiose è conclamata e diffusa, nel novembre scorso i lefebvriani hanno inaugurato negli Usa un nuovo, grande seminario.

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