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Vi racconto i paradossi radicali

Emma Bonino, Radicali

Emma Bonino sfrattata dalla storica sede radicale di via di Torre Argentina. E’ con questa immagine che i mezzi di informazione hanno raccontato la tappa più recente del processo di rottura, in corso da tempo, all’interno del piccolo ma contrastato mondo degli eredi politici di Marco Pannella. Un punto d’arrivo che diventa tanto più sorprendente quando si apprende che l’algido padrone di casa che ha annunciato lo sfratto dei Radicali Italiani dalla loro sede nazionale non è una qualche società immobiliare, ma il Partito Radicale stesso. Siamo, insomma, di fronte a un paradosso reale. Che, come tutti i paradossi reali, ha bisogno di qualche spiegazione.

La notizia dello sfratto (e, come vedremo, di altro ancora) si è formata nel corso della giornata di venerdì 10 febbraio. Quel giorno, gli iscritti al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito (questo il nome ufficiale dell’organizzazione) hanno ricevuto una lunga e-mail intitolata “I mezzi prefigurano i fini” e firmata dai 16 membri della Presidenza del Prntt.

Prima domanda: perché a firmare la lettera è proprio la folta Presidenza del Partito? Perché la più recente assise dello stesso Prntt, ovvero il 40° Congresso “straordinario” svoltosi a Roma, presso il carcere di Rebibbia, nel settembre 2016 (dopo un lungo intervallo dal precedente Congresso), non ha eletto un Segretario, ma ha incaricato la Presidenza del Congresso stesso di guidare il Partito nel biennio 2017-2018. Biennio in cui il Prntt si è autoassegnato il compito di raggiungere un traguardo minimo essenziale: 3.000 iscritti nel primo anno e altrettanti nel secondo. In assenza di ciò, il Partito dovrà sciogliersi.

Ciò chiarito, torniamo alla lettera in cui, rivolgendosi a vecchi e nuovi iscritti, i firmatari affermano: “Riteniamo doveroso e urgente informarti di una grave, ma necessaria e non più rinviabile, decisione che abbiamo dovuto assumere al fine di tentare di scongiurare, letteralmente, la morte del Partito che, come saprai, si determinerà qualora non riuscissimo ad essere almeno in 3.000 (iscritti) entro il dicembre del 2017”.

Ebbene, qual è questa decisione? E’ che la sede di via di torre Argentina “sarà nella disponibilità del Partito Radicale fino alla fine del mese di febbraio”. Dopo di che, a far data dal 1° marzo, “passerà alla Lista Pannella”. Il che “comporterà una redistribuzione degli ‘spazi’ disponibili tra la stessa Lista, il Partito e le sole associazioni impegnate nella realizzazione degli obiettivi congressuali stabiliti dalla mozione generale del Partito Radicale”. Non solo: i firmatari della missiva dichiarano che cercheranno di dare in affitto “a prezzi di mercato” parte della sede per “reperire risorse utili all’attività politica”.

Sorge qui una terza domanda: che differenza c’è tra Partito Radicale e Lista Pannella? Per rispondere a questo interrogativo, e comprendere il senso di questa parte finale della lettera, che costituisce peraltro il suo cuore politico, bisogna avere presenti alcuni passaggi decisivi della storia interna al mondo radicale. Nel 1989, per impulso dello stesso Pannella, il Partito Radicale – che era nato nel 1955 da una scissione dal vecchio Partito Liberale (Pli) – decise di sciogliersi per dar vita al Partito Radicale Transnazionale e Transpartito. Ovvero per dar vita a un’organizzazione politica inedita che si proponeva di tesserare cittadini di diversi Stati, nonché iscritti anche ad altri partiti. Un’organizzazione che, quindi, decideva di non presentarsi, come tale, alle elezioni né in Italia né altrove, ma aveva l’ambizione di perseguire obiettivi politici di carattere transnazionale, specie nel campo dell’affermazione del Diritto e dei diritti umani da esso tutelati. Cosa realizzata poi, ad esempio, con la campagna internazionale per la moratoria della pena di morte.

Per assicurare, tuttavia, una propria presenza elettorale nel nostro Paese, nel 1992 i radicali fondarono la “Associazione politica nazionale Lista Marco Pannella”. Successivamente, e cioè nel 2001, per dare una base italiana alle iniziative transnazionali del Partito Radicale, diedero vita a un movimento denominato Radicali Italiani. A questo punto del nostro ragionamento, dobbiamo ammettere che districarsi nella fitta rete di denominazioni del mondo radicale è cosa, quanto meno, impegnativa. Ma non impossibile. Andiamo quindi avanti. Ricordando che, attorno a queste tre strutture politiche fondamentali, sono via, via nate e cresciute delle associazioni “di scopo”, come l’associazione Luca Coscioni “per la libertà di ricerca scientifica”, o quella denominata “Nessuno tocchi Caino”, dedicata ai temi del carcere e della giustizia. Associazioni di scopo che, assieme a quelle più specificamente politiche, sono venute formando la cosiddetta “galassia radicale”.

Negli anni più recenti, all’interno di questa galassia, si sono verificati tre fatti di cui occorre tenere conto. Primo: si è venuta delineando una divaricazione tendenziale fra i dirigenti più vicini a Marco Pannella e quelli più vicini a Emma Bonino. Divaricazione basata non tanto su diversità ideologiche, ma sul crearsi di due diversi idem sentire. Il primo dei quali, quello dei “pannelliani”, si è cementato, negli ultimi anni della vita del patriarca abruzzese, nelle cosiddette “riunioni di mezzogiorno”, ovvero nell’appuntamento quotidiano che lo stesso Pannella dava ai suoi seguaci, appunto a mezzogiorno, al n. 76 di via di Torre Argentina.

Secondo: come sottolineato nella lettera del 10 febbraio, e come peraltro a suo tempo segnalato da Formiche.net, il Congresso di Radicali Italiani tenuto a Chianciano nel 2015 ha visto il prevalere della tendenza più vicina a Emma Bonino. Prevalere che ha portato alla segreteria del movimento l’ex consigliere comunale romano Riccardo Magi e alla sua presidenza l’allora consigliere comunale milanese Marco Cappato.

Terzo: dopo la morte di Pannella, al Congresso straordinario del Partito Radicale, quello tenuto a Roma nel 2016, è prevalsa invece l’altra ala del mondo radicale, quella capitanata dagli ex parlamentari Rita Bernardini, Sergio D’Elia e Maurizio Turco.

Non ci troviamo quindi davanti a due correnti che si confrontano, anche aspramente, solo all’interno di un’unica organizzazione, il Prntt, ma davanti a due gruppi ognuno dei quali è maggioranza all’interno di alcune sigle della galassia e minoranza in altre. Infatti, i pannelliani sono maggioranza, oltre che nel Prntt, anche in “Nessuno tocchi Caino” e nella “Lista Marco Pannella”, mentre i “boniniani” sono maggioranza, oltre che in Radicali Italiani, anche nell’associazione “Luca Coscioni” e in “Non c’è pace senza giustizia”. Solo che, e questo forse è il punto, delle sigle citate ce n’è una che, in qualche modo, ha cambiato natura: la Lista Marco Pannella.

Questa associazione, nata nel 1992, come si è detto, per assicurare una presenza dei radicali nelle elezioni che si fossero tenute in Italia, ha via, via perso la natura di matrice di liste elettorali variamente denominate (Lista Marco Pannella, Lista Emma Bonino, Lista Bonino-Pannella, Lista Amnistia Giustizia Libertà), per divenire una sorta di cassaforte del patrimonio radicale. Controlla, infatti, sia la maggioranza della società che possiede la sede di via di Torre Argentina, sia la maggioranza della società che, a sua volta, controlla il Centro di produzione proprietario di “Radio Radicale”.

Inoltre, e questo va sottolineato, la Lista Marco Pannella è un’associazione formata unicamente dai soci fondatori; che, a parte lo scomparso Pannella, sono Laura Arconti, Rita Bernardini, Aurelio Candido e Maurizio Turco. Quest’ultimo, nel 2016, è subentrato a Pannella nella carica di Presidente dell’Associazione. Da notare che Turco, dopo il Congresso di Rebibbia, è stato nominato anche legale rappresentante del Prntt. Inoltre, assieme a Bernardini e D’Elia, e a Antonella Casu, fa parte del Coordinamento della Presidenza del Partito, una sorta di struttura operativa che ha il compito di mandare avanti il lavoro quotidiano del Prntt.

A questo punto possiamo tornare a bomba, cioè alla lettera del 10 febbraio. I firmatari della quale, come fanno sempre quelli che lanciano un’offensiva, o quanto meno avviano una guerriglia, accusano “gli altri”, in questo caso i Radicali Italiani, di aver cominciato per primi. Ovvero, di “aver dato vita a un conflitto” prima “con Marco Pannella” e poi “con pezzi del Partito Radicale”. Soprattutto, i firmatari accusano i Radicali Italiani di aver iniziato una propria campagna volta anch’essa a raccogliere 3.000 iscritti nel 2017 e di essersi dati così un “obiettivo” chiaramente “concorrenziale” con quello del Prntt. Tale iniziativa, secondo gli estensori della missiva, conta infatti su una “confusione volutamente creata” ed è “volta anche a far fallire” il raggiungimento dell’obiettivo “dei 3.000 iscritti al Partito Radicale” e, con ciò, a “determinare la sua chiusura”.

L’offensiva lanciata dal Partito Radicale contro i Radicali Italiani nascerebbe dunque dall’esigenza di “evitare” che lo stesso Partito “muoia”. Tale offensiva, infatti, appare volta, in primo luogo, a chiarire all’opinione pubblica, e quindi agli eventuali iscrivendi, che oggi ci sono in circolazione due diverse denominazioni radicali tra loro contrapposte e ad evitare che l’una venga confusa con l’altra. In secondo luogo, se ben comprendiamo, appare volta a recuperare alcuni spazi della sede di via di Torre Argentina, oggi occupati da Radicali Italiani e/o da altre organizzazioni della galassia radicale che si sono limitate a “prendere atto” degli esiti del Congresso di Rebibbia, senza però farli propri. Ciò allo scopo di poter affittare ad altri parte della sede e di procurarsi così qualche risorsa economica da finalizzare alla sopravvivenza del Partito Radicale.

In giorni come questi, in cui l’attenzione degli osservatori politici è concentrata sul conflitto in corso nel più grande partito italiano, il Pd, le vicende interne al piccolo mondo radicale possono apparire secondarie. Ma, qualsiasi cosa si pensi circa l’importanza storica del movimento radicale nel nostro Paese, va detto che queste vicende pongono anche una questione specifica di notevole rilievo per la nostra vita democratica: quella del destino di “Radio Radicale”.
Nelle ultime righe della lettera dei 16 co-preesidenti del Partito Radicale è scritto, infatti, che “verrà a breve ridiscusso il palinsesto di ‘Radio Radicale’”; ciò allo scopo di “potenziare la presenza del Partito Radicale per il raggiungimento dell’obiettivo vitale dei 3.000 iscritti e degli altri punti approvati con la mozione di Rebibbia”.

Ora è del tutto evidente che il bello di “Radio radicale” è di essere stata, ed essere tuttora, un mezzo di informazione capace, quant’altri mai, di offrire un vero servizio pubblico, aperto a tutte le voci politiche. E va dato atto al suo attuale direttore, Alessio Falconio, di essere riuscito, come ha osservato sul Foglio Adriano Sofri, a mantenere un ammirevole equilibrio pur in questo periodo così agitato all’interno dell’area radicale. A proposito di coerenza fra mezzi e fini, sarebbe quindi davvero strano se, per mantenere in vita il partito fondato da Marco Pannella, qualcuno si proponesse di snaturare una delle sue più vitali creature, trasformando la mitica radio che “e’ dentro ma fuori dal Palazzo” in un qualsiasi bollettino di partito.

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