L’economia del Mezzogiorno pare che stia dando segnali di ripresa, anche se minimi. I progressi maggiori, dopo una lunga fase di stagnazione, che ha allargato le distanze tra le condizioni di crescita di nord e sud, si sono avuti nel settore agricolo, grazie anche all’incremento di nobili coltivazioni tradizionali, funzionali al rilancio del settore ortofrutticolo.
Alcuni prodotti specifici, in particolare, continuano ad avere una larga richiesta sia sui mercati italiani che internazionali. Uno di questi, considerata la regina della tavola è la mela annurca, frutto della Campania di antichissime origini. La “Melannurca Campana” è conosciuta da almeno due millenni, a testimonianza dell’intrinseco legame dell’Annurca con il mondo romano e con la mai dimenticata Campania felix.
Tommaso Picascia, consigliere, e già presidente del “Consorzio di tutela Melannurca campana IGP”, esperto e noto cultore delle origini e della produzione del nobile frutto, ha arricchito la nostra conoscenza sulla storia e sui luoghi originari della sua coltivazione. Le zone dei Campi Flegrei-Pozzuoli e vesuviana, a leggere i racconti che ci sono stati tramandati da Plinio il Vecchio sono i siti più antichi e rinomati. In seguito aree di coltivazione e trattamento della Melannurca Campana sono state le campagne: aversana, maddalonese, beneventana, del Nocerino, dell’Irno, e dell’alto casertano. Il frutto in questione viene raccolto, ancora acerbo, intorno alla metà di settembre per evitare che si rovini cadendo a terra. Inizia, quindi, la fase di maturazione detta “arrossamento” con l’esposizione al sole per 10-15 giorni. Le mele vengono sistemate a terra sui “melài”, filari di graticci di paglia e frequentemente girate a mano. Quest’ultima operazione richiede pazienza e fatica.
La Mela Annurca presenta due varietà: la “sergente” e la “caporale”. La prima, dal sapore acidulo, ha la buccia striata di colore giallo-verde mentre la seconda, più dolce, è rossa a puntini bianchi. La sergente è quasi del tutto scomparsa dalla coltivazione e, quindi, dal commercio. L’aspetto della Mela Annurca è simile a una sfera: un frutto tondo e piccolo (circa100 gr di peso), di colore rosso vivo sporcato da piccole venature gialle e grigiastre. La polpa è bianca e croccante ed il gusto è qualcosa di particolarmente gradevole: aspro, ma che gratifica il palato con note dolci e piacevoli.
La Mela Annurca è un prodotto da tenere sempre in tavola, quando è possibile, anche per le sue proprietà terapeutiche. Aiuta la digestione, limita la percentuale di colesterolo cattivo, previene la calvizie. Quale l’etimologia di Mela Annurca? Potrebbe derivare dalla definizione pensata da Plinio che la chiamava “mala orcula” in quanto prodotta intorno all’Orco (gli Inferi), per la provenienza da Pozzuoli, dove è presente il lago di Averno, sede degli Inferi appunto, secondo la mitologia. Da qui i nomi di “anorcola” e poi “annorcola” utilizzati nei secoli successivi fino a giungere quasi a fine ‘800 quando il nome “annurca” arriva ufficialmente nel Manuale di Arboricoltura di G. A. Pasquale.
Essa ha avuto parecchi estimatori famosi anche nell’età contemporanea, che ne hanno apprezzato i pregi, tra questi anche il famoso Eduardo De Filippo che nella commedia “De Pretore Vincenzo” descrisse le immense distese di mele del paese di Melizzano (in provincia di Benevento).
La Mela Annurca ha rischiato di estinguersi negli anni, dopo la Seconda guerra mondiale, quando fu sostituita dalle mele di origine statunitense, più grandi e belle da vedere. Sono ormai circa trent’anni che c’è stato l’incremento e il rilancio della coltivazione dell’antica Mela Annurca, per cui le campagne hanno iniziato di nuovo a colorarsi e a riempirsi dello splendido frutto.