È vero, non dobbiamo sottovalutare il dilagare – su Internet e non solo – delle fake news. Il primo errore di molti fra noi liberali è ritenere che il problema non esista, che si tratti solo di un naturale moltiplicarsi e sfaccettarsi delle verità in un mondo complesso. Purtroppo non è così, c’è di più: e tanti faticano a comprendere che nuove poderose e sofisticate macchine propagandistiche sono già in azione (spesso mosse o alimentate da regimi autoritari e callidamente installate nel cuore del nostro Occidente).
E qui scatta il secondo errore liberale, frutto di un’antica presunzione. La convinzione che le nostre opinioni siano “inevitabilmente” destinate a prevalere, in un libero mercato delle idee. Non è così, in primo luogo perché anche altre “narrazioni” – in tempi di insicurezza – hanno un grande fascino, e in secondo luogo perché, in un ambiente “fake”, tutto diventa apparentemente sostenibile e argomentabile, e anche le tesi più strampalate possono avere una “credibile” base d’appoggio. E allora che si fa?
Bisogna dire no, no, no (almeno tre volte no!) a qualunque idea di autorità pubblica (in Italia, sciaguratamente, è stata avanzata questa proposta) dotata del compito di contrastare le “fake news”: ci manca solo la “verità di Stato”, certificata dall’apposito ministero.
L’unica via è (anzi: sarebbe), in un sistema scolastico rinnovato, competitivo, dinamico, aperto al mercato per allenare le menti. Valorizzare nei programmi scolastici una specifica attività centrata sulla “dialettica” (anche transdisciplinare: e lo studio del latino, del greco, della storia, della filosofia, potrebbero essere veicoli fantastici), abituando gli studenti a sostenere tesi diverse, a “mettersi nei panni di”, a esercitarsi a raccontare le cose da più punti di vista differenti, a verificare due o tre volte un’informazione, a diffidare “programmaticamente” di tutto (incluso ciò che trovano nei libri di testo!), a “desacralizzare”, a ricordare che tutto (tutto!) può e deve essere assoggettato a uno scrutinio critico, a un riesame, a una revisione, a una differente interpretazione.
Il destino ci ha riservato il compito di stare sì in un mercato delle idee, ma in un mercato difficile, a volte alterato e adulterato, con una domanda non sempre adeguatamente “esigente” e informata, e offerte troppo spesso truffaldine o ingannevoli. L’unica via è allenare i consumatori, sin da piccoli.
Resta un piccolo “dettaglio”: chi dovrebbe fare da “allenatore”, cioè professori e docenti. Mani nei capelli. Ne riparliamo la prossima settimana, a partire da una recente ricerca inglese.