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Nelle ultime settimane bombardamenti americani potrebbero aver fatto decine di morti in Siria e Iraq

Domenica la sedicente agenzia stampa Amaq News, organo media dell’IS, ha diffuso diversi bollettini informativi sulle precarie condizioni della diga di Tabqa, che contiene il grosso invaso dove l’Eufrate forma il lago Assad, e si trova una cinquantina di chilometri più a ovest di Raqqa, la capitale dello Stato islamico in Siria.

Secondo quanto sostiene Amaq il motivo per cui la situazione della diga è critica al punto di essere prossima al collasso, è che è stata colpita dai bombardamenti della Coalizione internazionale anti-Isis guidata dagli americani. L’area della diga – e di un’altra infrastruttura nevralgica, l’aeroporto di Tabqa, che è stato riconquistato la mattina di lunedì 27 marzo – sono oggetto dei combattimenti condotti dalla Syrian Democratic Force (Sdf), un raggruppamento di ribelli siriani curdo-arabi che Stati Uniti e alleati stanno appoggiando nella missione per liberare il nord della Siria dall’occupazione del Califfato. Missione che ha come obiettivo ultimo la conquista di Raqqa, che una volta presa Tabqa sarebbe accerchiata. Molto di quello che esce da Amaq è propaganda, e dunque su questo va tarato: non è chiaro quanto sia delicata la situazione del muro che contiene l’invaso, ma domenica diverse persone hanno deciso di abbandonare la zona, con loro (secondo i reporter sul posto del Wall Street Journal) c’erano anche uomini dello Stato islamico, che sono scappati in direzione di Deir Ezzor – che è collegato all’area dal cosiddetto Corridoio dell’Eufrate, una zona ancora relativamente sicura per i soldati del Califfo, anche se territorio di caccia dei droni americani. Un portavoce della Coalizione ha fatto sapere che la diga ha problemi, ma non sta per crollare come hanno detto i baghdadisti: “Non pensiamo che la diga sia in condizioni da essere un pericolo imminente, a meno che lo Stato Islamico non pensi di distruggerla”.

LA STRAGE DI MOSUL

Implicitamente i militari occidentali si tirano fuori anche dall’accusa alzata dall’IS di averla colpita (anche se, a vedere le immagini che circolano, alcune parti sembrano danneggiate da armi cadute dall’alto, ma saranno gli esperti a fare chiarezza). Tutto avviene in un momento non semplice per il procedere della campagna armata per sconfiggere il Califfo. La scorsa settimana si sono diffuse informazioni a proposito delle vittime civili fatte negli ultimi giorni dai bombardamenti aerei americani nella fascia occidentale di Mosul, la capitale dello Stato islamico in Iraq, oggetto di una missione di riconquista simile a quella su Raqqa. La missione irachena è stata sospesa per volontà del governo di Baghdad il 25 marzo: la decisione è arrivata dopo la diffusione di notizie che parlavano di decine di morti prodotti in pochi giorni dai raid americani, soprattutto sul quartiere di Jadida. Si parla di un numero di civili uccisi che va da cento a duecento: il New York Times ha scritto che se fosse confermato sarebbero i bombardamenti peggiori dai tempi della Guerra d’Iraq del 2003. Per capire l’enormità della cosa basta pensare che in tutto, dall’inizio della guerra all’IS (nell’estate del 2014), gli Stati Uniti hanno ammesso di aver colpito poco più di duecento civili. Washington ha detto di aver avviato un’indagine interna, perché alcuni bombardamenti, su bersagli illuminati dagli iracheni, nella zona ci sono stati. Non è da escludere un errore nel targeting, non è nemmeno da escludere un’operazione spietata da parte dello Stato islamico: l’IS potrebbe aver usato scudi umani, oppure ucciso quelle persone e distrutto gli edifici con bombe per poi incolpare gli americani e fare propaganda interna su questo.

LA MOSCHEA DI ALEPPO

Nel giro di poche settimane si è verificato anche un altro episodio scabroso per la Coalizione anti-IS. Il 16 marzo uno o più attacchi aerei hanno colpito una moschea di un villaggio controllato ancora dall’opposizione ad Aleppo ovest, in Siria, uccidendo almeno 30 persone (ma forse i morti sono anche di più). Ci sono stati report, soprattutto all’inizio, che hanno accusato gli aerei russi e siriani (che in quelle zone sono stati protagonisti nei mesi passati di una volontaria campagna di bombardamenti indiscriminati per riprendere il controllo di Aleppo). Successivamente si sono diffuse informazioni sulla possibilità che a operare l’airstrike fossero stati cacciabombardieri americani, o della Coalizione internazionale a guida americana. Gli americani hanno infine ammesso che due Reaper avevano scaricato il loro completo arsenale nell’area, dove secondo le loro informazioni di intelligence si stava svolgendo un meeting di alto livello di Hay’at Tahrir al-Sham, il nuovo nome dell’ex gruppo qaedista al Nusra, considerato entità terroristica alla pari dello Stato islamico. Un testimone però ha detto al New York Times che le persone che sono finite sotto le bombe non avevano alcune affiliazione con nessun gruppo ribelli, erano semplicemente civili che si trovavano lì a pregare l’Isha, la preghiera serale che si fa tra le 19 e le 19:30. Secondo le ricostruzioni di Bellingat è possibile che gli americani non sapessero che quella colpita fosse una moschea, perché si trattava di un edificio fatto recentemente.

(Foto: Youtube)



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