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Bcc, ecco cosa non va nel Fondo Temporaneo delle banche di credito cooperativo

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Pur non avendo acquisito altre deleghe per non rischiare di superare il limite statutario, preciso, tuttavia, che mi faccio portavoce di numerose altre consorelle sparse in tutta l’Italia, con le quali condividiamo una forte sensibilità prospettica ed anche grande “passione” per la storia che ci contraddistingue, per cercare di rappresentare in questa sede, in modo chiaro e trasparente, le perplessità ed anche il disappunto per come il Fondo temporaneo del Credito Cooperativo ha iniziato ad operare e, sulla scorta del vissuto dei primi mesi della sua operatività, per chiedere un deciso cambio di atteggiamento, affinché risulti maggiormente rispettoso delle finalità che la legge gli attribuisce di strumento mutualistico-assicurativo e, allo stesso tempo, adotti linee comportamentali doverosamente più coerenti ed equilibrate rispetto al nuovo scenario che si sta delineando per il Credito Cooperativo.

Tale operatività del Fondo ha, ovviamente, inciso profondamente sul bilancio chiuso al 31/12/2016.
Le perplessità sono correlate alla sensazione che fortemente avvertiamo di essere considerati e trattati come dei semplici “bancomat” ad unidiscrezionale disposizione di una classe dirigente che sin dall’inizio ha cercato di pilotare l’evoluzione della riforma del nostro settore verso un unico gruppo nazionale a guida Iccrea e che ha fatto in modo che l’unico esponente indipendente del Fondo Temporaneo – il professor Masera – inizialmente chiamato a presiederlo quale garante di un operato corretto e trasparente, si facesse da parte nel volgere di qualche settimana, forse perché troppo scomodo e/o incompatibile con il programma di interventi che si stavano allestendo.

Il disappunto è oggettivamente e naturalmente dovuto alle modalità ed al peso delle prime operazioni messe in atto dal Fondo, che voglio sinteticamente qui richiamare e che, pur nella sintesi, si commentano da sole:

– primo intervento: progetto aggregativo tra la BCC Don Rizzo della Sicilia Occidentale e la Bcc Sen. Pietro Grammatico di Paceco, che prevedeva inizialmente la cessione di un portafoglio di crediti deteriorati per un valore netto di 67,13 milioni ed un adeguamento patrimoniale per 11 milioni. E’ risaputo come, prima ancora che venisse messo in atto, la Bcc di Paceco sia stata posta sotto Amministrazione Giudiziaria ai sensi dell’art. 34 DL 6.9.2011 n. 159 (codice leggi antimafia);

– secondo intervento: progetto aggregativo tra Banco Emiliano e Emilbanca, che ha comportato un impegno per le consorziate suddiviso in due fasi. La prima fase dedicata al Banco Emiliano e la seconda destinata alla “Nuova Banca” – forse perché, in tal modo, non risultasse alcun intervento diretto a favore di Emilbanca, che, come tutti sanno, è presieduta dall’ing. Magagni, presidente della Federazione Emilia Romagna e di Iccrea Banca. Vanno doverosamente citate anche le entità degli interventi: prima fase (Banco Emiliano), cessione sofferenze nette al Fondo (tutte a valore di libro e non a valore di mercato) per un intervento pari 66,5 milioni e sottoscrizione da parte del Fondo di un prestito irredimibile per 30 milioni; seconda fase (Nuova Banca), cessione sofferenze nette al Fondo per un intervento pari a 27 milioni e sottoscrizione di un prestito irredimibile per 3 milioni;

– terzo intervento: progetto aggregativo tra BCC Sesto San Giovanni e BCC di Carugate e Inzago (quest’ultima, forse per pura coincidenza, presieduta dall’Ing. Maino, Vice Presidente di Iccrea Banca), che prevede un impegno per le consorziate finalizzato alla acquisizione di sofferenze nette, sempre a valori non di mercato, per un intervento sino ad un massimo di 24,1 milioni.
Oltre all’evidente impatto sul bilancio del fondo e sui bilanci futuri delle BCC consorziate, una semplice riflessione di sintesi per quanto sino ad ora rappresentato e prima di passare alla preannunciata richiesta di cambiamento di atteggiamento in prospettiva.
Il presidio del rischio reputazionale è ragionevole ed opportuno ma non deve rappresentare un dogma che comporti sistematicamente l’adozione di decisioni “a tutti i costi”. Ogni intervento deve infatti essere doverosamente calibrato e soppesato per verificarne preventivamente l’adottabilità e per escludere, senza margini di dubbio, che i suoi effetti si traducano in rimedio e copertura di comportamenti improntati all’azzardo morale ovvero in subdola ed ipocrita violazione alle più elementari norme comportamentali in materia di conflitti di interesse più o meno evidenti e/o latenti!

Vengo ora alle riflessioni prospettiche e a quanto, conseguentemente, auspichiamo per il futuro.

Nelle prossime settimane, anche su sollecitazione della Banca d’Italia, lo scenario in divenire del Credito Cooperativo assumerà contorni molto chiari e ben delineati. Il Fondo Temporaneo, il quale, di fatto, agisce come se fosse una sorta di gruppo unico temporaneo, dovrà quindi necessariamente adeguare la propria governance ed il proprio operato al nuovo contesto.
In modo trasparente ed elegante, con ciò dimostrando una tranquillizzante volontà di equilibrio ed equidistanza, confidiamo che il Fondo Temporaneo abbia ad esprimere una Presidenza effettivamente indipendente e super partes. La presente richiesta anche per alleggerire l’attuale presidente Dell’Erba il quale, ai numerosi incarichi assunti nel sistema cooperativo, recentemente ha dovuto aggiungere anche la presidenza di Federcasse.

Contestualmente, anche la composizione del Comitato di Gestione del Fondo andrà doverosamente adeguata e riequilibrata al nuovo scenario di riferimento, per dare certezza a tutte le banche di credito cooperativo di una volontà operativa improntata al buon senso e in buona fede, banche che, non dimentichiamolo, si sono viste costrette ad offrirsi alla stregua di sportelli “bancomat” in mano al Fondo per non incorrere nell’unica alternativa di legge prospettata del “suicidio” per liquidazione.

Ci attendiamo, infine, che le politiche di intervento che il Fondo andrà ad adottare d’ora in avanti, tengano bene in conto le considerazioni dianzi rappresentate in tema di chiarezza e trasparenza sulle priorità di presidio dei rischi e di distanza dai conflitti di interesse, effettivi ma anche latenti.
A tal proposito, avvertiamo fortemente l’esigenza di raccomandare un approccio finalizzato a consentire un ragionevole e sacrosanto riequilibrio tra gli interventi sino ad oggi attivati e quelli che in futuro saranno deliberati, in modo tale che l’operato complessivo del Fondo Temporaneo, al termine della propria mission, possa dare effettivo riscontro di una corretta proporzione di risorse “ricollocate” nelle due aree di riferimento dei gruppi nazionali nascenti.

È per questi motivi che, a nome delle banche che rappresento, dichiaro di astenermi dall’approvazione del bilancio chiuso al 31 dicembre 2016.

Concludo questo intervento augurando buon lavoro al Comitato di Gestione che, auspicabilmente con rinnovata composizione e corretta e proporzionalmente equilibrata determinazione, avrà modo di operare fino al termine del proprio mandato. Assicuro che sarà nostra quotidiana premura vigilare affinché questo avvenga, nell’interesse generale di tutte le banche di credito cooperativo, dei loro soci, dei loro territori e delle comunità ivi insediate.

(Marco Bindelli è intervenuto in qualità di amministratore delegato ai rapporti con il Movimento del Credito Cooperativo del socio Bcc di Civitanova Marche e Montecosaro Scarl, nonché in rappresentanza della Bcc di Aquara Scarl, della Bcc di San Marzano di San Giuseppe Scarl, della Bcc La Riscossa di Regalbuto Scarl e della CRA di Borgo San Giacomo Scarl)


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