La produzione industriale è calata di ben -2,3% m/m a gennaio, dopo essere cresciuta di +1,4% m/m a dicembre. Il dato, al contrario che un mese fa, ha sorpreso decisamente verso il basso, risultando inferiore sia al consenso (-0,7% m/m) che alla nostra più pessimistica previsione (-1% m/m). È la flessione congiunturale più marcata da cinque anni.
Su base annua, l’output è accelerato a 5,7% in termini grezzi (da 3,5% di dicembre), ma è tornato in territorio negativo se corretto per i giorni lavorativi (che sono stati 21 contro i 19 di gennaio 2016), a -0,5% dopo il +6,8% precedente. Si tratta di un minimo dallo scorso mese di giugno.
Anche il dettaglio non è confortante, in quanto l’unico raggruppamento principale di industrie in espansione è l’energia (+3,1% m/m, settimo aumento congiunturale consecutivo, per una accelerazione tendenziale a +14,4%). Particolarmente colpiti i beni investimento, in calo di -5,3% m/m dopo la crescita dei tre mesi precedenti.
Dei 13 settori manifatturieri, ben 9 fanno segnare una flessione su base tendenziale corretta per i giorni lavorativi (erano appena 2 a dicembre). Al di fuori dell’energia, l’unico a evidenziare un’espansione congiunturale è il farmaceutico (+7,4% m/m), che è anche, assieme alla chimica, l’unico comparto non energetico a registrare un significativo aumento tendenziale (+12,7% il farmaceutico, +2,1% la chimica). Rilevante la frenata della fabbricazione di mezzi di trasporto, passata da una crescita in doppia cifra a dicembre a un calo di -1,8% a/a a gennaio (in rosso anche le auto, a -0,2%: è solo la seconda volta da quasi tre anni). I settori più colpiti su base tendenziale sono legno, carta e stampa (-8,5%) e altre industrie manifatturiere (-9,5%). Da notare anche la flessione del comparto meccanico (-3,3% m/m,-3,7% a/a).
In sintesi, una contrazione a gennaio era ampiamente attesa, ma il dato è risultato decisamente peggiore del previsto. L’ampia volatilità nei due mesi a cavallo d’anno è dovuta in buona parte alla correzione per il numero di giorni lavorativi (che a gennaio è stato superiore alla media del mese mentre a dicembre inferiore), in presenza di una distribuzione delle festività che ha giocato in senso favorevole a dicembre e in direzione opposta a gennaio: a dicembre, il fatto che non solo le festività ma anche le semi-festività di fine mese fossero cadute tutte nel fine settimana ha “gonfiato” in positivo il dato, viceversa a gennaio al rientro di questo effetto (che di per sé produce una variazione congiunturale negativa) si è aggiunto il fatto che la ripresa delle attività produttive per molte aziende è avvenuta il 9 del mese, ovverosia più tardi rispetto a quanto accade di norma nel primo mese dell’anno (il che ha dato un ulteriore contributo negativo). In tal senso, se già ci aspettavamo un rimbalzo a febbraio, esso potrebbe essere anche più marcato di quanto atteso in precedenza ovvero di entità comparabile alla flessione vista a gennaio.
In ogni caso, anche incorporando un significativo recupero a febbraio, la crescita della produzione industriale dovrebbe risultare nel trimestre in corso più modesta rispetto all’1,1% t/t di fine 2016 (rivisto al ribasso da 1,3% stimato in precedenza). Ciò aggiunge qualche rischio verso il basso sulla nostra previsione di un PIL in crescita di 0,2% t/t a inizio 2017 come alla fine dell’anno scorso. D’altra parte, il minor contributo dell’industria al valore aggiunto potrebbe essere compensato da un apporto positivo del canale estero (che anche a fine 2016 aveva frenato la crescita).
Peraltro, al di là della volatilità dei dati di produzione industriale, le indagini di fiducia delle imprese nel settore continuano a segnalare che la ripresa dell’attività produttiva continua, sia pure a un ritmo moderato. Anzi le survey hanno mostrato concordemente una accelerazione negli ultimi mesi, anche grazie al recupero in corso della domanda dall’estero. Pertanto, manteniamo al momento la nostra stima di una crescita del PIL di circa l’1% nel 2017 (in linea con quanto registrato nel 2016).